Ebraismo su conversione proselitismo e non-proselitismo (Rav. Della Rocca, Rav. Bekhor, Rav. Elmaleh ed altri)

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  1. yesyes
     
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    Stralcio da più ampio discorso di Rav. Roberto Della Rocca
    L'integrale su Moked
    http://moked.it/blog/2019/05/03/ghiur-tras...a-collettivita/

    L’atteggiamento di fondo dei Maestri, in tutte le generazioni, è sempre stato di cautela e non d’incoraggiamento, perché la soluzione “evangelizzatrice” implica l’assunzione di una posizione di superiorità.

    Di fatto, mai nella storia il popolo ebraico ha messo in atto un’azione sistematica di proselitismo, accogliendo con una certa difficoltà quanti chiedevano di convertirsi, e sempre con ripetuti avvertimenti a non compiere passi affrettati che avrebbero potuto avere conseguenze drammatiche, a causa delle persecuzioni antisemite.

    All’ebraismo è stato più volte imputato di essere una religione nazionale, in contrapposizione ad altre religioni “universali”. Attraverso il noachismo, l’ebraismo sostiene che l’universalismo più vero sta proprio nel rispetto delle altre culture, e non nella loro sopraffazione. L’atteggiamento missionario, in cui l’ebraismo non si riconosce, contiene invece in sé i germi di un colonialismo spirituale che è estraneo sia alla Torah che ai Profeti di Israele. Per questi motivi, una conversione che non implichi anche la kabalàt mitzvòt (l’accettazione dei precetti) rischia di rappresentare una coercizione con sospette connotazioni di discriminazione razziale e di nazionalismo, perché a importare sarebbe unicamente l’appartenenza nazionale, etnica, culturale o razziale, più che la condivisione di un’educazione, di una cultura, di una fede e di una prassi.

    Il percorso verso l’ebraismo dovrebbe essere determinato, infatti, da una spinta interiore e non da considerazioni di natura genealogica, sociale, economica, o anche meramente culturale.
    La purezza del sangue, peraltro, non è mai stata una preoccupazione ebraica. Non è il sangue o il colore della pelle a fare di un essere umano l’uomo che è, creato a immagine dell’Eterno. L’uomo si giudica per sé stesso e si definisce per le sue convinzioni e le sue azioni, non per le sue origini. L’erede di un assassino non è un assassino. I discendenti dello stesso Hamàn (nemico paradigmatico del popolo ebraico), secondo il Midràsh, stabilirono una Yeshivah a Bené Beràk.

    Nell’ebraismo, l’orgoglio che deriva dalle proprie radici non consente che si coltivino illusioni di superiorità o pretese di privilegi in grazia dell’appartenenza etnico-religiosa. Aderire all’ebraismo implica, invece, assunzioni di obblighi e di responsabilità.

    I Maestri di Israele ribadiscono con forza questo concetto quando parlano del mamzer – il figlio che nasce da un adulterio o da un incesto, entrambi severamente proibiti dalla Torah, e che rappresenta la condizione sociale più umile all’interno del popolo ebraico. Dicono i Maestri: “mamzer talmid chacham kodem lecohen gadòl am aaretz” (T.B. Horaiot, 13b), ossia, un mamzer che studia e mette in pratica la Torah ha la precedenza su un cohen (il sacerdote, che rappresenta la classe più elevata del popolo), se questi è ignorante. Il valore dell’uomo, per l’ebraismo, non è in ciò che ha, e neppure in ciò che è, quanto in ciò che fa, giorno dopo giorno.

    Ne è esempio la storia di Ruth, la moabita, che dichiara: “il tuo popolo è il mio, il tuo Signore è il mio” (Ruth 1:16) e attua così la duplice scelta dell’integrazione religiosa e nazionale, assurgendo a paradigma di ogni conversione sincera e disinteressata. Ruth non ha radici nobili – anche se alcuni midrashim la dichiarano di ascendenza regale moabita – eppure non solo è il prototipo della conversione ma, come a evidenziare l’assenza di ogni preclusione nella tradizione ebraica, da lei la Torah fa discendere il Messia. Infatti, con questo estremo paradosso, i Maestri ribadiscono come nella tradizione ebraica l’adesione ai principi coesivi del popolo sia di estrema importanza. I presupposti educativi ed etici risultano essere più rilevanti di quelli biologici e di sangue. Se così non fosse, il ghiùr (la conversione) non sarebbe neppure preso in considerazione.

    Un’altra considerazione la si può fare notando che la Torah non assegna alcun ruolo ai due figli di Moshé. La genealogia di Moshè, infatti, appare rappresentata dai suoi nipoti, i figli del fratello Aron (Numeri 3:2). Da questo, Rashì ricava che “chiunque insegni Torah al figlio del proprio compagno è come se lo avesse generato”.

    Ci si chiede che cosa significhi per la cultura rabbinica “generare” un figlio. La tradizione ebraica evidenzia in ogni modo, anche con la forza del paradosso più estremo, l’importanza dell’educazione e della formazione, dello studio e della cultura, anche contro le possibili alternative costituite dal legame biologico. Peraltro, e per paradosso, è proprio in forza dei valori culturali, e negando il valore dei legami biologici, che molti si battono per rendere più semplice quel passaggio di identità che è il ghiùr.

    Sembra necessario, se si vuole parlare di ghiùr, accettare che l’ebraismo non concepisce una conversione intesa come pura e semplice iscrizione formale a una comunità. La conversione implica un cambiamento delicato e complesso, cambiamento psicologico, sociale, e di vita. Comporta un riorientamento della volontà, una difficile metamorfosi dell’anima. Porta spesso con sé una trasfusione di memoria. Può anche trasformarsi in una incomprensibile spinta autodistruttiva verso un rinnovamento. E certo, in tutto questo delicato fenomeno che è anche un percorso, l’ambiente, l’educazione e la pressione del gruppo rivestono un ruolo decisivo.


    Edited by yesyes - 26/10/2019, 22:52
     
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    Cosa si intende con il fatto che gli ebrei non fanno proselitismo? Ce lo spiega bene rav Shlomo Bekhor capo della comunità ebraica chassid Chabad Lubavitch di Milano dalla sua pagina facebook:

    UNIVERSALITA DI MASHIACH E PROSELITISMO

    ... molto in breve anche se l'argomento è lungo e rispondere in breve è sempre rischioso di fraintendimenti.. abbracciare la fede ebraica non è per tutti perché è molto difficile e impegnativo, per convertirsi bisognerebbe essere molto pazzi per D.io, cosa che non è molto comune, perché di solito amiamo molto Di.o ma non al punto di stravolgere la nostra vita totalmente.
    Detto questo l'ebraismo a differenza delle altre religioni monoteistiche VIETA il PROSELITISMO e NON VUOLE che la gente si converta all'ebraismo poiché ognuno riceverà il mondo futuro facendo il suo ruolo nel migliorare il mondo illuminandolo e aiutando Israel nel divulgare il monoteismo.
    Tutte le anime devono splendere della luce infinita che hanno in esse essendo una parte di Di.o, ovvero essendo dei luminari che fanno splendere questo mondo che da SOLO sembra brutto e cattivo. I gentili lo fanno osservando i 7 precetti noachidi che in toto sono 67 precetti.
    Tutte le anime che hanno contribuito al processo di trasformare il buio e la materia in una dimora per Hashèm saranno eterne. Ogni anima ha un'altra missione a seconda di dove è stata messa.
    Tutte le anime che hanno aiutato Israel a portare Di.o nel mondo sicuramente godranno della ricompensa in futuro quando arriverà Mashiach tra molto poco.

    Illuminare le anime non è convincerle a cambiare fede e credo, bensì darle la possibilità di relazionarsi con il Creatore del mondo e quindi di collegarsi con la propria anima.
    Mi riferisco a tutte le persone che non riescono a trovare una relazione con Hashem tramite la fede con la quale sono nati e allora rischiano di non avere alcun legame con Di.o: QUESTO NON È UN ATTO DI PROSELITISMO! Questo è un atto di benevolenza, perché non è importante in quale luogo ci colleghiamo a Di.o, o in quale contesto, o tramite quale liturgia...
    l'importante è trovare un collegamento in ogni circostanza perché Di.o è ovunque.
    L'atto di proselitismo consiste nel convincere le persone a lasciare la loro fede e convertirsi ad un'altra religione; LA RELIGIONE EBRAICA NON SOLO NON CERCA PROSELITI, MA È VIETATO SEVERAMENTE CONVINCERE QUALCUNO A CONVERTIRSI.
    Infatti se qualcuno mi supplicasse di convertirlo, io ho il dovere di dirgli di no e di cercare di dissuaderlo in tutte le maniere, perché essere ebreo non è facile, è molto impegnativo.
    Se qualcuno è nato ebreo non ha scelta e dovrebbe seguire la Torà, ma se lo si vuole diventare bisogna essere estremamente convinti da soli, in altre parole bisogna essere PAZZI PER DIO.
    Perciò posso dire a voce alta che L'EBRAISMO NON FA PROSELITISMO!!
    Illuminare le anime NON è convertire.
    Con l'augurio che presto arriverà l'era dorata che tutto il mondo vedrà con i proprio occhi il Creatore e lo servirà unitamente con la costruzione del Terzo ed eterno Santuario di Gerusalemme presto nei nostri giorni, amen.

    Riassunto e riadattato per il forum da qui:

    https://m.facebook.com/notes/shlomo-bekhor...60005684022701/
     
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    Però lo fa con la Kabbalah con lo Zohar la Torah....Laitman Berg....
    "88Domanda: Quale è la relazione fra la Torah e Il Libro dello Zohar? E’ meglio conoscere già la Torah quando si inizia lo studio de Il libro dello Zohar ?

    Risposta: E’ impossibile conoscere la Torah perché, dalla prima sino all’ultima lettera, essa rappresenta un codice, una sola linea di lettere che ci spiega la sequenza esatta della correzione dell’anima. La Torah è il cammino della correzione dell’anima. Solo che si presenta in una tale forma, che noi la leggiamo come un romanzo. Per questo, non dobbiamo vederla come un trattato storico, né legale, né educativo.

    Per quanto riguarda Il libro dello Zohar, è un commento letterario ai cinque libri della Torah. Però abbiamo solamente una piccola parte de Il Libro dello Zohar, per questo abbiamo solo un commento incompleto della Torah. Ciò nonostante Il Libro dello Zohar è legato alla Torah.

    Domanda: Sia la Torah che Il Libro dello Zohar furono scritti per una sola persona?

    Risposta: La Torah fu dettata da Mosè, ma altri la scrissero. Durante il corso della storia, la saggezza dei libri sacri è stata scritta da vari individui, perché il raggiungimento dei mondi superiori necessita dell’unione delle persone, così che l’egoismo venga distrutto in maniera reciproca. Per questo la Mishnà, il Talmud di Babilonia e di Gerusalemme furono scritti da diverse persone" M.Laitman
     
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    Cioè Laitman e Berg farebbero proselitismo nei loro libri sulla kabbalah? Non saprei, sarebbe come dire che nelle facolta' di lettere e filosofia si fa proselitismo cristiano perché si insegna e spiega la divina commedia.
    Si può discutere sulla fattura di quei libri (alcuni dei quali anche su questi forum), se siano troppo commerciali o più o meno divulgativi.
     
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  5. yesyes
     
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    Per rimpolpare un poco questo thread, devo dire che - come sempre - si può trovare nell'ebraismo tutto e il contrario di tutto. Le opinioni che le persone si fanno posso dunque dipendere molto da quanto è più o meno ampio il raggio di ascolto.

    In verità ce n'è per tutti i gusti sicchè chi apprezzasse un'ebraismo che secondo la propria idea non sia proselitistico può trovarsi confortato, per esempio, da un Rav. Di Segni che (in un video) dice che l'ebraismo non è proselitistico ma non è esattamente vero che non lo sia mai stato; oppure chi apprezzasse un ebraismo proselitistico e magari anche un ingresso che appaia in qualche modo possibile se non proprio facile può ascoltare un Rav. Haim Cipriani che dichiara esplicitamente che non vi è motivo per cui l'ebraismo non dovrebbe fare proselitismo e di fatto lui personalmente raccoglie e segue conversioni, ancorchè capiti che qualcuno in seguito esprima rammarico per la decisione presa (lo racconta lui stesso che qualcuno gli abbia detto che "se avessi saputo tutto ciò non lo avrei fatto"), oppure a chi faccia piacere una posizione tranquillizzante può appoggiarsi a chi afferma che "è meglio essere un goy che osserva le leggi noachidi che un convertito o un ebreo che non le onora". Oppure abbiamo, come sopra Rav. Della Rocca o Rav. Shlomo Behkor, ciascuno con il suo particolare taglio/opinone.

    Fra le tante posizioni inseriamo dunque anche quella di Rav. Michael Elmaleh.

     
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