Torah e Medicina

Il sabato e la medicina - Il diritto di curare -La preghiera del medico - Medici ebrei in Italia

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    אילון

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    Torah e Medicina


    Il diritto di curare
    Per una singolare concorrenza di diversi fattori nel corso della storia ebraica la figura del rabbino è stata frequentemente associata a quella del medico. Esempi numerosi, spesso illustri, hanno creato una specie di mito, del guaritore dei mali del corpo e dell’anima, che come tutti i miti resiste ancora ed è duro a scomparire. Che cosa c’è di vero in questo mito? Quali sono stati i reali motivi che hanno portato alla frequente associazione delle due attività?
    Cercando di capire, sia pure sommariamente, il fenomeno, la prima osservazione da fare è che si tratta di un processo protrattosi per secoli, forse per millenni, e che per questo motivo non è affatto possibile, né lecito, fornire una spiegazione unitaria e semplicistica.
    Medici ebrei in Italia
    Nel Rinascimento molti ebrei, in gran parte anche rabbini, esercitarono la professione medica. L’argomento è stato e continua ad essere oggetto di studi storici. Una sintesi su questo tema è stata pubblicata da I. Erlich, con il titolo "Medici ebrei nel periodo del Rinascimento". Nel 1528 L’Università di Bologna conferisce, per la prima volta, il titolo di dottore a Moredekhai Angelo Modena. Per quanto una bolla di Gregorio XIII avesse proibito ai dottori ebrei di curare i malati non ebrei, vediamo che gli stessi re e pontefici ricorrono all’opera di medici ebrei. Tra questi vanno ricordati, in primo luogo, Mordekhai Angelo, figlio di Immanuel, abitante del quartiere di Trastevere a Roma

    Il sabato e la medicina
    Se una persona sta male, è lecito profanare la giornata festiva per curarlo? Quale dei due valori ha precedenza?
    In epoca rabbinica il problema è stato risolto con molta chiarezza, senza lasciar alcun adito a dubbi.
    La preghiera del medico
    "L’intenzione del mio cuore è di occuparmi dell’arte medica nel Tuo nome santo e con il Tuo aiuto. Non mi appoggio sulla mia scienza, né ripongo la mia fiducia sui farmaci, le erbe e i rimedi che hai creato nel Tuo mondo, perché sono come dei mezzi per completare la Tua volontà, e per proclamare la Tua grandezza e la Tua provvidenza.


    Un permesso che è anche un obbligo

    Nella nostra società è normale che quando una persona si ammala ricorra alle medicine e ai medici, senza porsi il problema della liceità religiosa o morale di questa sua scelta, che è praticamente automatica. In società diverse, fondate su sistemi religiosi profondamente condivisi, questa scelta non è altrettanto automatica. Se si ammette che l’ordine universale è guidato da una volontà superiore, e che ogni evento dell’esistenza umana sia guidata dallo stesso principio, questo può comportare che anche le malattie siano considerate un’espressione di una volontà superiore: una punizione, una prova, una sfida, secondo le differenti concezioni. Ma se c’è una volontà superiore che punisce l’uomo, è legittimo reagire, è permesso curarsi? Ricorrendo ai medici e alle medicine non si offende il disegno divino? Non è più giusto e logico riconciliarsi con chi punisce, invocando il suo perdono, piuttosto che basarsi sulle proprie forze e in questo modo continuare a mancargli di rispetto?
    Questi problemi, comuni a tutte le antiche culture, se li pose anche l’ebraismo, fornendo una serie di risposte che nel corso dei secoli sono evolute verso una formulazione dottrinale ben precisa e ormai codificata senza obiezioni.
    Una prima possibile risposta è quella a prima vista più logica in un sistema religioso: la malattia è una punizione, bisogna quindi accettarla come tale evitando ogni intervento medico o farmacologico. Nell’ambito ebraico questo atteggiamento estremista e fatalista è stato talora recepito da gruppi minori; l’esempio più importante è quello dei Caraiti, ma non mancano nel Talmùd gli echi di un influsso di queste concezioni su alcuni rabbini che mostrano di accettare la medicina obtorto collo e solo come un uso ormai consolidato.
    La seconda soluzione, che troviamo ben diffusa e prevalente in epoca talmudica, considera l’esercizio della medicina come una necessità fisiologica dell’organismo: come chi ha fame mangia, così chi è malato assume i farmaci. E ancora: come per produrre gli alimenti che gli sono necessari per la sopravvivenza l’uomo è costretto a intervenire sulla natura, lavorando la terra, così per sostenere l’uomo che si ammala è lecito stimolare la propria intelligenza ricorrendo ai mezzi fisici opportuni. Un presupposto di questa concezione, dichiarato più o meno esplicitamente, è che le cause di gran parte delle malattie siano l’incuria e la trascuratezza; cause quindi sostanzialmente umane e naturali; solo un piccolo numero di altri mali avrebbe un’origine divina. Su questi ultimi è lecito intervenire? Il problema non del tutto risolto in epoca antica lasciò spazio a discussioni nel medioevo, come vedremo subito dopo.
    La terza soluzione della difficoltà teologica sta nell’ammettere un esplicito permesso divino. Secondo Rabbì Ishmaèl il permesso si deduce dal verso dell’Esodo (21:19) che a proposito di ferite e danno prodotti dall’uomo chiude con l’espressione che letteralmente significa "e sarà curato (werappò jerapè)", e che obbliga al risarcimento delle spese per cure mediche. Per Ishmaèl ciò presuppone un lecito esercizio dell’attività medica, come cosa scontata e da non mettere in discussione.
    Da questa interpretazione di R. Ishmaèl deriva che l’esercizio della medicina è considerato una cosa permessa (reshùt) e come tale rimane nelle formulazioni ritualistiche. I commenti che spiegano le parole del Maestro seguono due linee; per alcuni Ishmaèl ha affermato il principio del "permesso" proprio per rispondere all’obiezione teologica di un’offesa all’ordine e alla volontà divina; secondo altri si parla di "permesso" perché altrimenti i rischi connessi con l’attività medica (possibilità di aggravare la malattia anziché guarirla) avrebbero potuto costituire un’obiezione di fondo alla sua legittimità.
    Anche l’interpretazione di R. Ishmaèl, che si basa su un verso che parla di danni procurati dall’uomo, potrebbe prestarsi alla distinzione tra due tipi di malattia: uno, a causa nota, sul quale è permesso intervenire, e un altro, attribuibile alla volontà divina, che non dovrebbe essere curato dall’uomo. Questa distinzione è in effetti documentata presso numerose autorità medioevali e successive, che dissentono da altre opinioni parimenti autorevoli.
    Sembra tuttavia che si tratti più di una discussione accademica e puramente teorica, che di una posizione a valore legale. Di fatto non esiste nei codici di legge ebraica alcuna opposizione all’esercizio della medicina; si possono tutt’al più segnalare dei casi isolati di rabbini strenui oppositori del ricorso ai medici. Un esempio illustre è quello di Nachman di Breslaw, uno dei più grandi maestri del chassidismo, la cui opposizione ai medici sembra sia stata dettata più che da motivi ideologici dalla personale triste esperienza di malato di tubercolosi. Nella seconda metà del settecento così formulava Chajjìm Josef David Azulai il concetto prevalente nell’ebraismo:
    "Oggi non è permesso affidarsi al miracolo; il malato deve comportarsi secondo l’uso del mondo e chiamare un medico che lo curi; nessuno può cambiare le abitudini comuni affermando di essere superiore a tanti pii delle passate generazioni che furono curati da medici; anzi vi è quasi un divieto a comportarsi così, sia perché è una manifestazione di superbia, sia perché non ci si può affidare al miracolo davanti al pericolo (…); ci si comporti dunque come fanno tutte le persone, facendosi curare da un medico" (Birké Josèf, Jorè Deà 336, b).
    Un questo modo la prospettiva della liceità veniva ribaltata, considerando tutti potenziali peccatori e quasi sfrontati nel momento che venivano a implorare un miracolo altrimenti evitabile.
    Dal "permesso" di Rabbì Ishmaèl la concezione ha fatto nei secoli ulteriori progressi, e si è arrivati alla formulazione che non è solo permesso, ma è anche obbligatorio ricorrere alla medicina. Logicamente un permesso che è anche obbligatorio risulta di difficile comprensione. La questione è stata a lungo dibattuta nei commenti tradizionali, con differenti risposte. Una prima possibile risposta è di tipo storico: ciò che un tempo era considerato soltanto lecito, successivamente è divenuto obbligatorio. Altri spiegano che nell’ambito delle attività permesse vi sono delle cose che possono assumere minore o maggiore morale e quindi non solo consentita, ma anche considerata obbligatoria.
    Un’ultima posizione considera l’attività medica nell’ambito delle varie regole di solidarietà umana stabilite dalla Torà: per alcuni rientra nell’obbligo della "restituzione" (Deuteronomio 22:2) che comprende tra i beni perduti anche quello della salute; per altri è un’applicazione dell’"amerai per il tuo prossimo come per te stesso" (Levitico 19:18); per altri deriva dalla regola che impone il soccorso: "non stare fermo davanti al sangue del tuo prossimo" (Levitico 19:16); per altri è doveroso salvare il prossimo anche in base al verso che dice "il tuo fratello vivrà con te" (Levitico 25:36); infine commenti più tardi, dall’esame di alcune regole di prevenzione di infortuni (come quella che impone la balaustra nei piani sopraelevati, cfr. Deut. 22:8), derivano il divieto di assumere atteggiamenti fatalistici e l’obbligo di fare il possibile per proteggere la propria vita e salute. Dunque l’obbligo dell’esercizio della medicina sarebbe implicito in tutte queste norme di igiene e solidarietà sociale, e il "permesso" sarebbe solo una risposta riservata alle possibili obiezioni di natura ideologica.
    Una volta Rabbì Ishmaèl e Rabbì Aqivà passeggiavano per le strade di Gerusalemme insieme ad un’altra persona. Li incontrò un malato, e gli chiese: "Maestri, ditemi come posso curarmi". Gli risposero: "Fai così e così fino a che guarirai". Il malato domandò: "Chi è che mi ha colpito con questa malattia?". Gli risposero: "Il Signore, che sia benedetto". Allora chiese: "E voi vi permettete di entrare in un ambito che non è il vostro? Egli ha colpito e voi guarite? Non trasgredire la sua volontà?"
    Gli chiesero allora: "Che lavoro fai?". "Rispose: "Lavoro la terra, come vedete ho la falce in mano". Gli dissero: "Chi ha creato la vigna?". Rispose: "Il Signore, che sia Benedetto". Gli dissero: "E tu ti permetti di entrare in una cosa che non è tua? Egli l’ha creata e tu ne tagli i frutti?". Rispose: "Ma non vedete la falce che ho in mano? Se non uscissi ad arare, tagliare, concimare e togliere erbacce, il campo non produrrebbe nulla". Gli dissero: "Sciocco! Facendo il tuo lavoro non hai mai sentito il verso che dice: "I giorni dell’uomo sono come l’erba" (Salmi 103:15)? Come l’albero se non si tolgono le erbacce, si concima e si ara, non cresce, e se è cresciuto e non viene annaffiato e concimato finisce di vivere e muore; così è il corpo: il concime sono le medicine, e il contadino è il medico".
    (Midràsh Shemuèl 4; Midràsh Temurà 2)

    Medici e malati nel momento della prova

    Una fede tradizionalmente profonda, unita alla coscienza della propria limitatezza e dei rischi connessi all’attività medica, ha sviluppato la tendenza a comporre e usare preghiere speciali per l’esercizio della medicina. Ve ne sono esempi dal medioevo, di varia lunghezza, alcune molto belle, altre meno ispirate e di aspetto più "tecnico", comunque sempre documenti interessanti della concezione del mondo e della professione.
    Il rabbino medico Jaaqov Zahalon così scriveva tra l’altro nella sua preghiera pubblicata a Venezia nel 1665:
    "L’intenzione del mio cuore è di occuparmi dell’arte medica, nel Tuo nome santo e con il Tuo aiuto. Non mi appoggio sulla mia scienza, né ripongo la mia fiducia sui farmaci, le erbe e i rimedi che hai creato nel Tuo mondo, perché sono come dei mezzi per completare la Tua volontà, e per proclamare la Tua grandezza e la Tua provvidenza; perché l’arte della medicina è molto pericolosa; e ancora perché io sono ignorante e privo di discernimento, e ho paura, e cammino a tentoni a mezzogiorno, come fa il cieco al buio, e pertanto dichiaro di affidarmi alla sua misericordia e procedere dietro a Te".
    La più nota di queste preghiere fu pubblicata nel 1738 in tedesco, e divenne famosa come la "preghiera di Maimonide", a quanto pare si tratta di una falsa attribuzione; per alcuni l’autore sarebbe stato Marcus Hertz, il medico di Moses Mendelsohn, ma è stato dimostrato che il testo originale è a questi precedente di almeno una generazione. Il carattere universale di questa preghiera ne ha fatto un classico, e ne ha consentito una grande diffusione. Un altro esempio, di cui traduciamo il testo originale ebraico, è di origine italiana; è di evidente matrice erudita, con frequenti citazioni bibliche e rabbiniche; è la preghiera del medico, pubblicata per la prima volta a Ferrara nel 1747:
    Preghiera da recitare ogni mattina prima di uscire da casa:
    "O Signore mio Dio, sia Tua volontà di mandarmi in mio aiuto l’angelo Refael per guarire tutti i malati del tuo popolo, di farmi avere i farmaci migliori necessari per ogni malattia e piaga, di far avere successo alle mie opere, e che io non sbagli nelle mie prescrizioni; perché in mano Tua è la forza per far vivere i morti e curare ogni malattia e piaga, perché sei Dio re, medico fedele e pietoso, come hai detto: "Perché Io il Signore sono il tuo medico" (Esodo 15:26). Ed è anche scritto: "Ho colpito e guarirò" (Deuteronomio 32:39). "colpirà e la Sua mano guarirà" (Giobbe 5:18), perché non c’è medicina come la Tua e io, Tuo servo, mi baso sulle Tue sante parole per compiere la Tua missione, come è detto: "e sarà curato" (Esodo 21:19), e ciò dimostra che hai dato il permesso al medico di curare ogni malattia e piaga1; per questo il Tuo servo ha trovato una porta aperta per pregarTi di fargli trovare la medicina giusta e vera, che Tu o Signore, conosci sempre, mentre io non ho la capacità e la scienza per conoscere il fondamento delle qualità terapeutiche; ma tu mi darai nel cuore e nell’intelletto la possibilità di comprendere bene le medicine per curare ognuno senza errore e danno e veramente presto, come l’acqua spenge la fiamma e come si toglie un capello dal latte2 per ogni malattia e cambio della natura, e anche nella puntura dell’ape e nel morso dello scorpione, come guaristi Miriam dalla lebbra, Naaman dalla lebbra e Ezechia dalla sua malattia, così per mezzo mio manderai una guarigione completa a tutti coloro che sperano e spettano la Tua salvezza e la Tua guarigione. Purifica la mia mente e il mio pensiero, in modo che io non abbia pensieri cattivi curando le donne, vergini o sposate3, perché secondo le Tue parole ho fatto "ciò che l’uomo farà e ne vivrà" (Levitico 18:5)4, ed è scritto: "è tempo di agire per il Signore, hanno annullato la tua Torà" (Salmi 119-126)5: perché non vi è nulla che resiste davanti al pericolo di una vita, e Tu, o Signore, esamini i cuori e conosci i pensieri, e sai che ogni mia intenzione e volontà è per il Tuo grande e santo nome, per fare la Tua volontà. Pertanto proteggimi e purifica la mia mente, affinché io non pecchi, e affinché io possa procurare a tutti una completa guarigione con il Tuo aiuto e con la Tua salvezza. E se si avvicina per qualcuno il momento della morte, allontana da me le critiche, che non si dica dietro di me che sono stato io a provocare la morte, ma sia accettata la Tua giusta decisione; proteggimi quindi in modo che io non inciampi e non sia in pericolo con qualcuno di loro".
    NOTE
    1 L’autore richiama l’interpretazione tradizionale del verso sulla quale si basa per giustificare l’esercizio della medicina; vedi per esteso l’articolo "Il diritto di curare", a pag. 10.#
    2 Espressione presa dal Talmùd (B Berakhòth 8a) per indicare un’azione delicata.
    3 A differenza di altri sistemi religiosi, al medico ebreo, uomo, non è mai stato proibito di curare le donne. La preghiera vuole però prevenire i possibili rischi connessi con un’attività lecita.
    4 Un commento a questo verso nell’articolo "Il Sabato e la vita in pericolo", a pag. 19.
    5 Il senso letterale del verso è che è tempo di agire perché hanno annullato ecc.; un midrash lo legge nel senso che nel momento in cui si deve agire per scopi superiori si può annullare la Torà.


    Il particolare rapporto con il medico e la malattia, che non prescinde mai dal concetto della provvidenza divina, ha dato ampio spazio per la diffusione di preghiere su questo argomento. La preghiera più nota è inserita nell’Amidà costituendone l’ottava benedizione; quindi è recitata quotidianamente, tre volte al giorno, da chiunque, come invocazione collettiva.
    La formula introduttiva riprende (cambiando il singolare in plurale) un’espressione di Geremia 17:14; il testo completo dice:
    "Guarisci o Signore e saremo guariti, salvaci e saremo salvati, perché Tu sei l’oggetto della nostra lode. Procura dunque una guarigione completa per tutte le nostre piaghe e malattie; perché Tu sei un medico pietoso e degno di fede; Benedetto Tu o Signore, che guarisci i malati del suo popolo Israele" (secondo il rito italiano).
    Per il singolo malato, è stabilita una formula particolare da recitare prima di essere sottoposto ad atti medici:
    "Sia tua volontà, o Signore mio Dio, che questa operazione sia per me di guarigione, perché Tu sei un medico che non pretende ricompensa".
    Finita l’operazione il malato dice: "Benedetto Colui che guarisce i malati". Secondo la lettera dello Shulkhàn Arùkh le due formule sono da recitare dopo un salasso; autori successivi se la stessa regola vale per qualsiasi intervento sul corpo, e se la formula finale debba essere recitata anche con l’aggiunta del nome divino e la proclamazione della sua regalità ("Benedetto tu o Signore Dio nostro Re del mondo, che guarisce i malati"). L’orientamento degli autori è che la formula introduttiva debba essere recitata in ogni intervento, mentre il nome divino e l’attributo della regalità debbano essere aggiunti alla formula finale solo per interventi di un certo impegno.
    Oltre alle più semplici formule codificate, esistono numerose preghiere personali di vario tipo; un esempio è questa di Jehudà haLevì (che perde molto nella traduzione):
    "Mio Dio, guariscimi, e guarirò / Non te la prendere con me, che io muoia / ogni farmaco è Tuo – buono / o cattivo, forte o debole / sei Tu che scegli e non noi / con la Tua intenzione cattiva e buona / non mi fido della mia medicina / solo la Tua medicina io aspetto".
    Quando il malato è guarito ha l’obbligo di ringraziare pubblicamente, recitando la "birkàt hagonèl" ("Benedetto il Signore che fa del bene ai peccatori, che mi ha fatto ogni bene".
    Vi sono poi le preghiere che i sani recitano per i malati. La formula più antica, e che si segnala per la sua irripetibile semplicità, è quella di Mosè in favore della sorella Miriam (cfr. Numeri 12, 13):
    "O Signore, guariscila" (El na, refà na làh). Nella regola pratica quando si visita un malato bisogna invocare per lui misericordia, ricordando contemporaneamente tutti i malati ebrei: "Il Signore abbia pietà di te in mezzo ai malati d’Israele". In presenza del malato questa benedizione si può recitare in qualsiasi lingua; lontano da lui soltanto in ebrei. Il Talmùd spiega questa norma con un’immagine interessante; lontano dal malato la preghiera viene raccolta dagli angeli del servizio divino, che capiscono soltanto la lingua ebraica; davanti al malato invece è presente la diretta immanenza divina, per cui è lecito usare qualsiasi lingua.
    Altre preghiere, più complesse, sono state istituite per invocare pubblicamente la guarigione di un malato, e vengono recitate in sinagoga con l’Aròn aperto.
    Esiste poi una normativa che regola le preghiere e i digiuni collettivi che vanno proclamati quando gravi pericoli minacciano la comunità, come il rischio di un’epidemia.

    Il codice deontologico alla luce della Halakhà

    Il medico è considerato un inviato e non un "collega" del Signore nella cura dei malati. Medico e malato devono avere fiducia in Dio e credere con fede assoluta che solo a Dio dipende la guarigione, mentre un certo farmaco o una certa persona non sino altro che suoi inviati; le possibilità di curare che il medico riesce a vedere sono solo una parte di quelle esistenti.
    Anche se il medico è anziano, molto stimato ed importante, ha l’obbligo di occuparsi di qualsiasi malato, anche quando il salvataggio di una vita può comportare per chi interviene una diminuzione di decoro, o una fatica per un medico anziano.
    Il medico è tenuto a porre grande attenzione nell’esercizio della sua professione, e in ogni caso dubbio ha il dovere di consigliarsi con persone più esperte, senza vergognarsi di chi lo può per questo schernire.
    I medici devono porre la massima attenzione a non trasformare il malato in un oggetto di esperimenti; nella loro attività essi infatti stabiliscono non solo il destino della vita del malato, ma anche della propria.
    Il medico deve pensare a se stesso come se avesse sempre davanti una spada affilata, e sotto ai piedi la porta spalancata dell’inferno.
    Il medico può esercitare la sua professione anche in un luogo dove esiste un medico più esperto di lui, a condizione che il medico più esperto non abbia la possibilità di occuparsi di tutti i casi, oppure quando si tratta di malattie semplici, la cui cura è nota e accettata nei canoni abituali.
    Ugualmente è consentito l’esercizio della medicina al medico meno esperto, quando il medico più esperto chiede un onorario troppo alto che il malato non si può permettere di pagare, o quando arrivare all’esperto è estremamente difficile e laborioso.
    Quando il medico è chiamato per un malato in pericolo, mentre sta pregando o legge la Torà, ha l’obbligo di interrompere in ogni caso, anche se in questo modo passa il tempo prescritto per la preghiera.
    L’antica regola ebraica prescriveva che per potere esercitare la professione medica in una comunità ebraica era necessaria l’autorizzazione del locale tribunale rabbinico. Nell’evoluzione del diritto ebraico l’autorizzazione è intesa come automatica quando il medico ha i titoli di studio richiesti dalla legge civile.
    I danni provocati nell’esercizio della professione medica da chi è legalmente autorizzato non sono in linea di massima risarcibili dal medico autorizzato non sono in linea di massima risarcibili dal medico, che viene considerato come agente per forza maggiore. Il medico non è tenuto a risarcire i danni provocati quando si è ottenuto in interventi chirurgici o in prescrizioni di farmaci ai canoni correnti; tuttavia se ha commesso un errore nella prescrizione dei farmaci, o per disattenzione, o per non aver approfondito a dovere il caso, o per aver commesso un’azione che i suoi colleghi riconoscono come un errore, è responsabile delle sue azioni.
    La stessa regola vale per tutti gli altri operatori sanitari.
    La regola rabbinica in queste norme si sovrappone a quella delle moderne legislazioni civili, che puniscono l’imperizia, l’imprudenza e la negligenza nell’esercizio professionale.
    Se un medico non si comporta con responsabilità e dà segni di disprezzo per la vita umana, deve essere allontanato dall’incarico e gli deve essere tolta l’autorizzazione.
    Il medico ha diritto di chiedere l’onorario per le sue prestazioni solo quando visita il malato (e non per consulti e prescrizioni senza visita). Ha diritto di compenso anche quando insegna medicina.
    Il medico ha l’obbligo di curare gratuitamente i malati che non sono in grado di pagarsi le spese, e il tribunale rabbinico può imporgli questo dovere. Dove esistono più medici, le difficoltà connesse all’applicazione di questa norma hanno portato alla creazione di una cassa pubblica di assistenza che stipendia regolarmente un medico per assistere i malati indigenti. (Questo è successo nelle comunità ebraiche molti secoli prima della creazione delle casse mutue o dell’assistenza pubblica. Di fronte a questi principi, la tradizione popolare ebraica ha però sempre rispettato un antico proverbio talmudico, di grande acutezza psicologica, per cui "il medico che cura per niente non vale niente": i malati, anche i più poveri, hanno per questo cercato di pagare ogni prestazione medica con un minimo simbolico).
    Nella richiesta degli onorari è imposta moderazione.
    Il segreto professionale non può essere invocato davanti al tribunale.
    Nell’insegnamento della medicina il segreto può essere violato, ma solo con l’autorizzazione del malato.
    La violazione del segreto professionale è considerata grave colpa, a meno che non serva a impedire danni alla collettività (esempio per la denuncia di malattie pericolose).
    (in base a Hilkhòth Rofìm uRfuà, pagg. 59-61, 221-225, 230-231).

    "Medico del corpo e dell’anima": mito o realtà?

    Per una singolare concorrenza di diversi fattori nel corso della storia ebraica la figura del rabbino è stata frequentemente associata a quella del medico. Esempi numerosi, spesso illustri, hanno creato una specie di mito, del guaritore die mali del corpo e dell’anima, che come tutti i miti resiste ancora ed è duro a scomparire. Che cosa c’è di vero in questo mito? Quali sono stati i reali motivi che hanno portato alla frequente associazione delle due attività?
    Prima di tutto qualche dato storico. In epoca biblica ai sacerdoti erano state affidate alcune attività di tipo medico, come il riconoscimento di una serie di malattie che comportavano lo stato di impurità e la relativa segregazione di chi ne era colpito. I sacerdoti quindi dovevano essere esperti in attività che oggi definiremmo di diagnostica differenziale. Oltre ai sacerdoti troviamo nella Bibbia altri esempi di persone coinvolte in attività sacrali, come i profeti, che si occupavano della cura di alcune malattie. Esisteva insomma un certo rapporto tra "medicina" e "religione", con i due termini tra virgolette perché certamente non riportabili alle attuali categorie. Successivamente il rapporto tra i due ambiti proseguì: in epoca talmudica abbiamo numerosi esempi di illustri rabbini che si dedicavano ad attività mediche: possiamo tra gli altri citare Rabbì Amì, Minione, Todòs. Gli esempi più celebri sono quelli del medioevo, e basta pensare ai nomi di Jehudà haLevì, di Maimonide e di suo figlio Avraham (la cui fama è offuscata da quella del padre, ma che non era certamente di scarso valore), di Moshé Nachmanide, di Samuèl e Moshè ibn Tibbòn, di Josef Albo; senza poi pensare all’illustre schiera di rabbini italiani (a cui è dedicata la nota di N. Pavoncello a pag. 18), da Sforno a Lampronti, che nella associazione delle due nobili attività crearono una tradizione continua e autorevole per secoli.
    Cercando di capire, sia pure sommariamente, il fenomeno, la prima osservazione da fare è che si tratta di un processo protrattosi per secoli, forse per millenni, e che per questo motivo non è affatto possibile, né lecito, fornire una spiegazione unitaria e semplicistica. Le risposte sono tante, e variano necessariamente da epoca ad epoca, e nei diversi ambiti geografici. Ma prima di tutto è da tener presente come il fenomeno che incontriamo nell’ebraismo non è isolato nelle culture del mondo. Da sempre e ubiquitariamente il rapporto tra religione, in ogni sua manifestazione, e cura malattie è stato sempre molto stretto; per cui nelle culture etnologiche( è lo stregone che cura le malattie, fondendo in un unico personaggio colui che ha il rapporto con il sacro e colui che appunto virtù di questo rapporto preferenziale ha la possibilità di curare il male. Non può sfuggire inoltre in termini sociali il significato di detenzione ed esercizio di potere che i due ambiti comportano; tuttora nella nostra società si riconosce autorità e potere a chi ha rapporti con il sacro e a chi, in qualsiasi modo, sia in grado di curare bene le malattie; da qui deriva una quasi ovvia tendenza a concentrare questo potere in mano ad un unico personaggio o a una casta privilegiata.
    Questi concetti sono filtrati nell’ebraismo, ma con modalità profondamente differenti, in rapporto alle caratteristiche del tutto particolari della sua concezione religiosa, fin dai primi momenti istituzionali; concezione che tra l’altro respingeva gran parte delle implicazioni magiche sulle quali si basava nelle altre culture il potere medico-sacerdotale. Ecco perché, ad esempio, la differenza è estremamente significativa, il sacerdote biblico si occupa da vicino di malattie, ma la sua opera è essenzialmente limitata alla classificazione, alla diagnosi e alla prevenzione.
    Andando avanti nei secoli, il caso dei rabbini del Talmùd esperti di medicina si pesta ad altre considerazioni. Diversi dati sono da tenere in considerazione: che l’attività del rabbino, in quell’epoca, era essenzialmente di giudice e di insegnante; che gran parte dei rabbini esercitava un mestiere o una professione, dalla quale ricavava il necessario per vivere, per poi dedicare il resto del tempo allo studio e all’insegnamento della Torà. Per cui troviamo i rabbini dell’epoca impegnati nelle più svariate attività, dall’agricoltura, all’artigianato, alle varie professioni; il tutto dipendente dalle differenti condizioni economiche e sociali delle aree in cui si trovavano ad agire. Tra queste attività vi poteva essere la medicina, una tra le tante possibili. i era tuttavia già qualcosa che in un certo senso indirizzava selettivamente molti rabbini all’esercizio della professione medica: la frequente necessità, al fine di chiarire numerosi problemi di applicazione della halakhà, di conoscere la medicina; necessità che ha portato al principio, sancito nel Talmùd, per il quale il giudice deve avere nel suo bagaglio culturale non solo le regole della Torà, ma una discreta preparazione in altre discipline preliminari e complementari, tra le quali appunto la medicina. In ogni caso in epoca talmudica il medico-rabbino non era la regola, anche se rappresentava un caso abbastanza frequente tra le possibili scelte che un maestro poteva prendere, per potersi permettere con il sostegno economico di una professione "civile" lo studio della Torà.
    Non abbiamo comunque dati per affermare che in quell’epoca l’associazione delle due attività conferisse particolare sacralità e potere; e forse ciò è in parte dovuto al diverso rapporto – spesso sfiduciato – della società di allora con i medici e alla frequente commistione inquinante della medicina con pratiche magiche, elemento che riduceva, almeno in alcuni ambienti, il rispetto per queste attività.
    Quando da questa situazione passiamo ad esaminare il fenomeno medioevale, specialmente nelle sue forme celebri dell’area spagnola e islamica, entrano in gioco altri fattori. Uno di questi è il tipo particolare di studi richiesti per diventare medico, un curriculum non limitato affatto alla patologia, ma esteso, come elemento integrante, alla filosofia. Per cui l’essere dotti in queste ultime materie si collegava necessariamente alla medicina; e in un ebraismo aperto al confronto con la cultura circostante la formazione di dotti passava necessariamente attraverso la medicina; essere medico non significava solo saper curare le malattie, ma avere una preparazione di base di cultura filosofica generale. Ma dobbiamo considerare altri due fattori. Uno, già presente in epoca talmudica, di natura economica: non tutti i rabbini (anzi probabilmente molto pochi) erano pagati per questa loro attività e quindi dovevano volgersi ad altre fonti di sussistenza. Anche nel mondo cristiano medioevale molti religiosi esercitavano la medicina; ma dal punto di vista economico ciò avveniva per motivi opposti a quelli ebraici. Tra gli ebrei i rabbini facevano i medici per guadagnare. Tra i cristiani nelle abbazie si potenziava la ricerca e la pratica medica perché la ricchezza di quei centri consentiva lo sviluppo di questa attività. L’altro motivo, di tipo politico, derivava dal particolare rispetto che la società attribuiva al medico; per l’ebreo, privato nella società di autorità e decoro, la medicina sostituiva una delle poche possibilità di esercitare ancora qualche influenza; un uso diverso e una versione del tutto particolare del "potere" medico. L’arte medica era inoltre, per chi la possedeva, un patrimonio non sopprimibile e che chiunque poteva recarsi con sé da una cacciata all’altra, permettendosi di ricominciare da zero ovunque. È stato probabilmente questo il motivo principale che per secoli – e forse ancora oggi – ha spinto gli ebrei alla medicina; nel caso dei rabbini, deve aver giocato in particolare il ruolo dello speciale decoro che la professione conferiva, un decoro che ben si conveniva a chi rappresentava la gloria della Torà. E il "medico del corpo e dell’anima"? Í un’invenzione teorica? Probabilmente no, anche con tutti i condizionamenti economici, sociali e politici che abbiamo visto. Da una parte perché personalità come Maimonide hanno, proprio per la loro complessa preparazione culturale, sviluppato delle concezioni di unitarietà corpo-anima, oggi al centro dell’attenzione scientifica per la loro attualità, che hanno riproposto una figura integrata di medico, che non si limita alla cura fisica meccanica, ma che interviene globalmente sulla realtà dell’uomo. Dall’altra parte perché il rispetto, la fiducia, la serietà, l’umanità, l’autorità attribuite alla figura del rabbino (dagli ebrei come è noto sempre in modo polemico e contraddittorio, ma in fondo come elemento presente, se non altro come provocazione) sono elementi indispensabili nel rapporto psicologico e pratico tra paziente e medico. Dunque quella di medico-rabbino sarebbe stata una formula vincente, da tutti i punti di vista, e non solo all’interno del gruppo ebraico, ma anche al suo esterno.
    Nel Rinascimento i casi si moltiplicavano; nella scelta della medicina per i rabbini giocò, in particolare in Italia, l’elemento economico, perché le comunità ancora non usavano pagare i loro Maestri. Mentre la tradizione si consolidava (proseguendo per i secoli successivi) cominciavano ad emergere i segni della crisi. Vari i fattori convergenti: la medicina si evolveva lentamente da disciplina anche filosofica a professione sempre più tecnica; le comunità sentivano la necessità di delegare a maggiori impegni i rabbini e quindi dovevano pagarli; la convergenza ideale delle due attività cominciava a far posto allo scontro: esempi di rabbini che dettavano l’halakhà dopo una giornata dedicata alla visita dei malati sono abbondanti nella storia, ma presuppongono spesso forti personalità, con capacità psichiche e fisiche per sostenere il duplice impegno. Ma il crescere dell’impegno medico porta ad allontanarsi dalla Torà. Ed ecco l’esempio emblematico di Avraham Portaleone di Mantova, personalità eccezionale nei due ambiti: dopo una vita sempre più impegnata nella medicina alla corte Ducale (anche con pubblicazioni scientifiche) venne colpito da emiparesi nella primavera del 1606; nel letto dove fu costretto a giacere riconsiderò il senso della sua vita, ed arrivò ad interpretare la sua malattia come una punizione per aver trascurato lo studio della Torà; quindi lasciò la medicina e si impegnò negli ultimi anni al rinnovato studio dei testi sacri, e alla compilazione di opere ebraiche ancor oggi considerate fondamentali. Caso tipico che riassume la crisi dell’età moderna, una crisi che ancora oggi non si è risolta. Qual’è oggi infatti la situazione? Nel mondo ebraico vi sono ancora numerosi medici-rabbini, anche se certamente il loro numero è molto inferiore al passato. Si tratta di un modello in crisi, con elementi a favore e contrari: da un lato, nella Diaspora soprattutto, la mancanza di forze impegnate nell’educazione ebraica può fare ritenere un dispendio e uno spreco l’esistenza di rabbini che invece di dedicarsi a tempo pieno allo studio e all’insegnamento della Torà si interessano di discipline eminentemente mediche; dall’altro non si può sottovalutare l’importanza della persistenza di un modello, per molti secoli ideale e poi per necessità in gran parte abbandonato, che considera obbligatorio per l’ebreo l’esercizio di una professione dalla quale ricavare guadagno, per poi dedicarsi alla Torà senza implicazioni economiche: un ideale di libertà della Torà, fuori da ogni condizionamento materiale, che è importante che ogni comunità persegua e applichi. Se ciò oggi non è possibile, è perché chi si occupa di Torà è spesso una infima minoranza, che a questo viene "delegata" dagli altri; ma non è certo un modello ideale, è piuttosto una aberrazione. Il medico-rabbino può portare in ognuna delle due attività le esperienze derivate dall’altra: umanità e cultura nell’esercizio della medicina, rigore scientifico e bagaglio di nozioni tecniche nello studio della Torà. Se ne può fare a meno? È meglio che i medici-rabbini gettino il camice alle ortiche e si dedichino a tempo pieno alla Torà? È un problema aperto, in attesa di soluzione.

    Il giuramento del medico ebreo secondo Asaf Harofè

    Asaf il medico, fu autore della più antica opera di medicina in lingua ebraica, forse del VII secolo, di ambiente Siriaco o Palestinese. Questo giuramento del medico è una specie di versione ebraica del molto più noto e tuttora diffuso giuramento di Ippocrate.
    Questo è il patto che Asaf ben Berekhiàu e Amon ben Zavda strinsero con i loro discepoli, facendoli giurare con queste parole:
    "Non cercate di uccidere alcuno con una bevanda velenosa; non fate bere a una donna incinta per adulterio un farmaco per abortire, e non desiderate alcuna bellezza nelle donne, per fornicare con loro. Non rivelate il segreto dell’uomo che ha avuto fiducia in voi, non prendete alcuna ricompensa per danneggiare e distruggere, non siate duri di cuore e senza pietà rifiutando le cure a chi è povero e che è male bene. Non seguite le abitudini dei maghi, per fare ogni tipo di magia e stregoneria, per separare l’uomo dalla sua donna, o la donna dal suo uomo, e non desiderate alcuna ricchezza e alcuna ricompensa per aiutare questi propositi. Non appoggiatevi ad alcun tipo di idolatria per curare e per garantire come medicine ogni cosa connessa al loro culto, ma abbiate in abominio e in odio tutti coloro che la adorano, chi vi ripone fiducia e chi vi fa riporre fiducia; perché sono il nulla; sono satiri e spiriti di morti; non potranno salvare i loro corpi senza vita e come potrebbero salvare i viventi? E ora abbiate fiducia nel Signore vostro Dio, vero e vivente, che fa morire e rivivere, che ferisce e guarisce, che insegna all’uomo a conoscere e a giovare, che ferisce con giustizia e diritto, guarisce con amore e misericordia, e non Gli restano ignoti tutti gli intenti ingannevoli, e nessuno sfugge alla Sua vista; colui che fa fiorire le piante, le medicine, e che pone nel cuore dei sapienti la saggezza per guarire, per il Suo grande amore, e perché si possano raccontare le Sue meraviglie a grandi moltitudini. Il Signore sia con voi quando voi sarete con Lui; se osserverete il suo patto e procederete secondo i suoi statuti rimanendo ad essi fedeli, e sarete considerati santi da ogni creatura. (…)

    Una traduzione illustre

    Nel Rinascimento molti ebrei, in gran parte anche rabbini, esercitarono la professione medica. L’argomento è stato e continua ad essere oggetto di studi storici. Una sintesi su questo tema è stata pubblicata da I. Erlich, con il titolo "Medici ebrei nel periodo del Rinascimento" nel numero 122 di Machanaim, la rivista delle forze armate israeliane, redatta dal rabbino M. Cohen (1970, pp. 94-104). L’articolo è di particolare interesse, perché riporta notizie riguardanti anche medici ebrei vissuti in questo periodo in Italia. Dopo aver presentato, in un’ampia prefazione, un quadro abbastanza esauriente della funzione degli ebrei nel Rinascimento, le leggi e le restrizioni riguardanti questi ultimi, le leggi e le restrizioni riguardanti questi ultimi, per essere ammessi nelle università, l’Erlich passa ad elencare un certo numero di ebrei italiani esonerati da alcune di queste restrizioni ed ammessi a conseguire la laurea in medicina. Dall’articolo veniamo a sapere che il primo ebreo in Italia a godere di tali privilegi fu Yehudà Leone da Imola, che nel 1430 circa fu insignito dell’ambito titolo dall’Università di Padova. Negli anni successivi decine di studenti ebrei conseguirono il dottorato in medicina, oltre che nell’Università di Padova, anche presso quelle di Perugia, Napoli, Siena, Pisa, Ferrara, Pavia e Bologna. Questa nuova possibilità, scrive Erlich, fu forse dovuta all’influenza esercitata dal nuovo Pontefice Martino V, nella cui Bolla ammise anche gli ebrei nelle università. Nel 1528 l’Università di Bologna conferisce, per la prima volta, il titolo di dottore a Mordekhai Angelo Modena. Per quanto una bolla di Gregorio XIII avesse proibito ai dottori ebrei di curare i malati non ebrei, vediamo che gli stessi re e pontefici ricorrono all’opera di medici ebrei. Tra questi vanno ricordati, in primo luogo, Mordekhai Angelo, figlio di Immanuel, abitante nel quartiere di Trastevere a Roma, medico insieme ai suoi due figli, del Pontefice Bonifacio IX; Moshè da Rieti, medico del Papa Pio II; Eli’ezer Lazzaro da Pavia, scacciato dalla città di Faenza da Bernardino da Feltre, che fu medico personale di Lorenzo il Magnifico; Marco da Modena, medico di Carlo V; Binyamin Portaleone, famiglia questa dalla quale uscirono medici di chiara fama, medico di Ferdinando I di Napoli. I suoi due figli furono medici alle corti di Urbino e di Mantova; Elia figlio di Shabbathai Beer, medico dal pontefice e della nobiltà romana del suo tempo.
    Dopo questa ampia descrizione l’Erlich passa poi a darci una rassegna dei medici secondo i secoli in cui essi vissero ed operarono. Nel XIV secolo, per quanto riguarda l’Italia, si segnala il noto poeta Immanuel da Roma o Romano, al quale vengono attribuite conoscenze nel campo della medicina; Kalonimos, figlio di Kalominos, conosciuto con il nome di Maestro Calò, nato ad Arli (Provenza), invitato da Roberto d’Angiò a Napoli, per tradurre testi dall’ebraico e dall’arabo in latino.
    Nel XV secolo, dopo aver citato il nome di Yehudà Abrabanel o Abarbanel e la sua attività di medico in Italia, dopo l’espulsione dalla Spagna, vengono riportati i nomi dei più importanti medici ebrei del secolo: il già nominato Elia Beer; il medico Avraham Abramo Conat, in Mantova, noto per aver fondato in questa città una delle prime tipografie ebraiche; Yeudà Messere Leon ed il figlio Rabbi David; Yaakov Provenzal di Marsiglia, che esercitò l’arte del medico a Mantova; Yaakov Ascoli a Roma; Avraham da Balmes, che tenne cattedra di medicina a Padova. Una particolare figura di medico in questo periodo fu Moshè Remos o come altri leggono Remis, condannato a morte a Palermo sotto l’accusa di avvelenamento; Yaakov Cohen, storico e medico di Avignone venne a stabilirsi a Genova e qui studiò medicina.
    Passando al XIV secolo si citano i nomi di David de Pomis di Spoleto, allievo dell’Università di Perugia, dalla quale uscì addottorato nel 1551; Moshè Amram Alatino e suo figlio Azhriel Petachyà, che esercitarono l’attività di medici a Ferrara. Il primo, allievo dell’Università di Perugia, si trasferì a Ferrara, dopo l’espulsione degli ebrei dallo Stato pontificio (1569), ottenendo il permesso di Clemente VIII di esercitare la medicina a Ferrara. Viene ricordato, con particolare interesse, il nome di Shelomò Ashkenazì, uomo politico, al quale viene attribuito il merito della prima trasfusione del sangue; Yosef Zarfatì, conosciuto con il nome di Giuseppe Gallo, celebre medico, ma anche matematico e filosofo insigne.
    I nomi dei medici, appartenenti alla famiglia Portaleone, sono i più famosi dell’epoca: Avraham, figlio di Binyamin Guglielmo, medico dei duchi di Urbino, Mantova e Ferrara; El’azar Lazzaro, fratello di Abramo, medico a Venezia, Mantova, Rovigo e Sermide. I suoi tre figli Avraham, David e Meir, medici in varie città dell’Italia settentrionale. L’Erlich, dopo aver ricordato i nomi di medici ebrei al di fuori dell’Italia, chiude il suo articolo con il nome di Amato Lusitano, il maggiore dei medici del suo tempo. È noto per aver composto, in lingua ebraica, il giuramento del medico, sul tipo di quello del greco Ippocrate, ispirando le sue parole all’eterno D. d’Israele ed alle dieci parole da lui dettate sul monte Sinai, il cui testo è riportato nella stessa Rivista (p. 16).
    a cura di Jehudà Nello Pavoncello

    Medicina e halakhà / 1: Un problema essenziale

    Il principio: la difesa della vita prevale sul Sabato
    Può accadere in alcune situazioni che dei principi generali di un sistema religioso o ideologico vengano a trovarsi in contraddizione: la discussione che si solleva sul problema è di grande importanza per capire i fondamenti stessi del sistema e le sue capacità di adeguarsi agli sviluppi della realtà.
    Nell’ebraismo un caso classico di questo tipo è nel problema dell’esercizio della medicina di Sabato. Da una parte i valori attribuiti alla celebrazione della giornata festiva: momento essenziale della vita religiosa, segno del patto tra Dio e Israele, che rispettando il Sabato riconosce il potere massimo e assoluto di Chi ha creato il mondo; e anche momento e strumento per la liberazione dell’uomo. Valori a tal punto importanti che la tradizione rabbinica arriva a considerare colui che profana il Sabato pubblicamente come se praticasse un culto idolatrico. Dall’altra parte l’esercizio della medicina, che implica il rispetto e la tutela della salute e della vita umana, anch’essi valori al centro della vita religiosa e degli interessi dell’ebraismo. Se una persona sta male, è lecito profanare la giornata festiva per curarlo? Quale dei due valori ha precedenza?
    In epoca rabbinica il problema è stato risolto con molta chiarezza, senza lasciar alcun adito a dubbi. È possibile che alle conclusioni da tutti accettate senza divergenza nella corrente farisaica e nella tradizione che le è succeduta si sia arrivati non in via pacifica, ma dopo uno scontro reale. Una testimonianza molto antica a questo proposito è nel racconto del libro dei Maccabei; all’inizio della rivolta asmonaica le bande armate ebraiche che combattevano contro i greci si erano fatte colpire senza difendersi durante gli attacchi nemici sferrati contro il loro durante il Sabato, pur di non profanarne i principi; ma dopo le prime tragiche conseguenze fu stabilito che la legittima difesa autorizzava la profanazione del Sabato. Il principio allora accettato fu che la salvezza di una vita umana è più importante dell’osservanza sabbatica.
    Fermo restando il principio, sono state proposte dai rabbini differenti giustificazioni. La Bibbia non affronta esplicitamente il problema, per cui sono state necessarie deduzioni per via indiretta dalla lettera di alcune espressioni. Una delle possibili soluzioni si appoggia al verso che parlando del sabato dice: "perché è sacro per voi" (Esodo 33:14); dalla ridondanza dell’espressione "per voi" si ricava il principio per cui il Sabato "è consegnato nelle vostre mani e non voi nelle sue mani (TB Jonà 85 b); principio che tra l’altro i Vangeli (cfr. Matteo 12:8) attribuiscono a Gesù in polemica con i Farisei, che su questo l’avrebbero pensato differentemente. Un’altra deduzione si basa sul verso che dice: "I figli d’Israele osserveranno il Sabato" (ibid, 16); quindi "la Torà consente di profanare il Sabato per un malato, affinché ne possa osservare molti altri dopo". Questa tuttavia appare come un’interpretazione limitativa, perché in teoria potrebbe consentire l’intervento solo nei casi in cui si prospetta una sopravvivenza di ragionevole durata, e non nei casi dubbi o quando l’intervento potrebbe salvare la vita "per un’ora" soltanto; casi invece in cui è concesso di profanare il Sabato, e quindi l’interpretazione risulta minoritaria e non di valore giuridico reale. In realtà l’interpretazione che la maggioranza degli autori assumono come riferimento decisivo si basa sul verso che dice: "osserverete le mie leggi e i miei statuti mettendo in pratica i quali l’uomo ne vivrà (wachàj bahèm)" (Levitico 18:5): "ne vivrà", si commenta, "e non ne dovrà morire"; come spiega qui Maimonide: "Ne impari che le regole della Torà non sono una vendetta nel mondo, ma misericordia, amore e pace nel mondo". Il principio è dunque quello che la vita è un valore assoluto che sorpassa quello dell’osservanza dei precetti.

    Il Sabato e la vita in pericolo

    Nell’applicazione del principio della superiorità della vita umana sono necessarie delle distinzioni pratiche, sulle quali la letteratura rabbinica si è dilungata. Non tutte le malattie sono uguali e rappresentano un’identica minaccia per l’integrità fisica, la salute e la vita. I rabbini hanno pertanto introdotto una classificazione in almeno tre gruppi principali di casi:
    1. Malato in pericolo: è considerato tale chiunque sia in pericolo di vita, a giudizio di un medico, o in sua assenza di chiunque abbia in proposito un minimo di esperienza, o del malato stesso. Nella stessa categoria sono inclusi tutti quei casi che al momento dell’osservazione non sono pericolosi, ma che potrebbero diventarlo in assenza di un intervento immediato di prevenzione. La categoria comprende poi con larghezza tutta una serie di casi in cui la regola rabbinica considera una situazione di pericolo, anche con maggior rigore della scienza medica; in pratica tutta una serie di malattie e situazioni gravi: ad esempio ferite interne, emorragie interne, forti dolori interni, fratture del cranio e della colonna, colpi di calore o di sole, irradiazioni, l’immediato decorso post-operatorio, cancro, avvelenamenti, morsi di animali e punture di insetti pericolosi, parto e puerperio (entro 7 giorni), malattie gravi dell’occhio, crolli di edifici, ecc.; in genere ogni altra situazione di pericolo ed emergenza (come il caso di un bambino che rimane dietro a una porta e ha paura).
    2. Malato non in pericolo: rientra in questa categoria chi non si sente bene e per questo è allettato; chi ha dei dolori che l’indeboliscono; chi ha una lieve elevazione febbrile; chi ha una frattura di lieve entità e può attendere la fine del Sabato per il trattamento; chi ha una malattia di cuore non pericolosa; inoltre: chi ha un’infezione oculare non emorragica né purulenta; chi soffre di gastrite e diarrea; le puerpere dall’8° al 30° giorno; ogni lattante fino a 2-3 anni di età.
    3. Disturbi di lieve entità, piccole malattie: come mal di denti,di testa, di gola, che nei giorni non festivi non impedirebbero le normali attività lavorative; il raffreddore e la tosse moderata.
    A fronte di questa classificazione sono regolate le attività lecite:
    1. Malattia in pericolo: è consentito profanare il Sabato anche violando proibizioni della Torà; più precisamente è obbligatorio fare ogni azione per salvare la vita in pericolo, anche nei casi dubbi; è lodato lo zelo dell’intervento, che non bisogna delegare ad altri, ma eseguire personalmente e con prontezza. Per scrupoli religiosi non è consentito rifiutare l’intervento, né al malato né a chi lo deve curare; chi si astiene, in questo caso è considerato come "spargitore di sangue". Si interviene anche per speranze di brevissima sopravvivenza, sui moribondi, e senza distinzione di età, e comportamento religioso (ad esempio anche sui tentativi di suicidio).
    2. Malati non in pericolo: per questi è consentito profanare le proibizioni sabbatiche di istituzione rabbinica, o, per mezzo di un non ebreo, anche le regole della Torà. Ad esempio il malato può assumere le medicine necessarie e farsi fare iniezioni intramuscolari (non le endovenose).
    3. Disturbi di lieve entità: per questi è consentito trasgredire solo alcuni divieti rabbinici secondari (ghezerà). Ad esempio chi è lievemente raffreddato non deve prendere alcuna medicina. Tutto dipende comunque dall’entità del disturbo.
    Come si può comprendere dai pochi esempi citati, si tratta di una vasta casistica rituale, che costituisce uno dei capitoli di maggiore sviluppo nella halakhà, per la viva attualità dei nuovi problemi che il progresso tecnico-scientifico continua a presentare quotidianamente. Questa scheda ha solo un valore orientativo e chi è interessato a questi problemi deve necessariamente rifarsi a fonti approfondite.

    Medicina e halakhà / 2: Casistica

    Queste norme sono riprese in sintesi da Hilkhòth Rofim uRfuà, dalle pagine indicate in parentesi.
    Inseminazione artificiale:
    In generale l’inseminazione artificiale è considerata con la massima severità, sia per quanto riguarda la donna che riceve il seme, che per il donatore e il personale che esegue le varie fasi dell’operazione. L’unico caso in cui l’inseminazione artificiale è consentita è tra marito e moglie, quando è stato seriamente accertato che non è possibile la fecondazione in modi differenti (pp. 150-152).
    Controllo della fertilità maschile:
    In caso di coppia sterile, una volta escluse cause femminili di sterilità, è consentito eseguire l’esame del liquido seminale, in deroga al divieto della dispersione del seme. È suggerita come migliore, tra le varie modalità di prelievo, l’esecuzione del "post-coital test", che tra l’altro, per alcuni aspetti, è la condizione più fisiologica. In caso di necessità è consentita la biopsia testicolare, preferibilmente dal testicolo sinistro (pp. 154-155).
    Problemi di sterilità femminile:
    Un’antica regola ordinava lo scioglimento del vincolo matrimoniale in una coppia che a dieci anni dal matrimonio non aveva avuto figli, per consentire ai due di riprodursi con altri partners. Alcune autorità attuali sostengono che oggi questa norma non è obbligatoria, specialmente se la donna è ancora in età fertile.
    È consentito al marito avere rapporti con l a moglie isterectomizzata (a cui è stato tolto chirurgicamente l’utero), senza che questo significhi dispersione del seme.
    In via di principio una donna non può donare il suo utero ad un’altra donna, perché in questo modo la donatrice viene sterilizzata. Una volta eseguito il trapianto, se iv è stata una gravidanza, il figlio appartiene in ogni senso alla madre che ha sostenuto la gravidanza, e non alla donatrice (pagina 160).
    Interventi chirurgici:
    In molti casi il principio che viene messo in discussione è il divieto di esporre il proprio corpo a rischi, che possono derivare anche dalla chirurgia.
    Se un malato è destinato a morte sicura in breve tempo per una determinata malattia e un intervento chirurgico può forse salvarlo e anticiparne la morte, è conseguire l’intervento.
    L’intervento è consentito anche se non è sicuro che il malato sta per morire, quando è esposto comunque ad attacchi che lo mettono in grave pericolo o lo sottopongono a sofferenze gravi.
    L’intervento (e lo stesso vale per ogni altro trattamento medico complesso, o per l’uso di farmaci pericolosi) è consentito in deroga al principio che proibisce di esporsi a pericoli, perché esiste la necessità di risolvere una situazione di salute altamente compromessa.
    Nella stessa prospettiva è consentito affrontare il rischio dell’intervento per migliorare la qualità della vita compromessa da rilevanti dolori e sofferenze.
    L’operazione plastica a scopi puramente estetici è proibita (p. 168); c’è comunque chi permette in presenza di serie motivazioni integrative (come quando serve ad impedire gravi complicazioni psichiche o per facilitare a una ragazza un matrimonio altrimenti difficile, ecc.: Jakobovits, p. 115).
    Per un membro o un arto tolto a una persona viva non c’è obbligo di sepoltura, ma si usa comunque farlo; può essere usato per studiare e insegnare medicina e comunque va trattato con rispetto. Il feto abortito deve essere sepolto; seppellire la placenta è solo un uso (p. 148).
    Cambio di sesso:
    In linea di principio è proibito modificare chirurgicamente il sesso con interventi sugli organi genitali. È invece consentito correggere dubbie o miste come l’ermafroditismo, vero o falso, in ogni caso con una valutazione delle possibilità tecniche e delle altre implicazioni collegate (pp. 167-168.
    Trapianti:
    La donazione di organi da persona vivente non è in linea di massima consentita se il prelievo mette in pericolo l’offerente, anche se il trapianto serve per salvare una vita. Tuttavia a questo principio sono ammesse delle deroghe quando il rischio connesso alla rimozione è ridotto e per donazioni particolari (ad esempio da padre a figlio). Si tratta di un problema comunque ancora molto controverso. Il prelievo di organi da moribondi, anche se consenzienti, è proibito.
    Non è permesso ritardato in modo artificiale il decesso del donatore per preparare l’accettore all’intervento.
    Un orientamento prevalente tra i decisori considera proibito il prelievo di organi da cadavere, in assenza di un esplicito consenso del donatore in vita. Secondo la stessa linea non è considerata obbligatoria (mitzwà) una tale disposizione per il proprio corpo in vita (p. 172). [Esistono in merito opinioni differenti che considerano meritoria la donazione: cfr. Avrahan Soper, vol. 2, 131].
    Malattie mentali:
    Il malato pericoloso per sé o per gli altri è considerato come malato in pericolo di vita; è pertanto consentito intervenire se necessario per curarlo anche di Sabato.
    Farmaci:
    Per il pericolo connesso con l’uso inadeguato e inesperto di farmaci la halakhà proibisce l’assunzione di medicine senza prescrizione medica, ammonendo alla massima attenzione i farmacisti in particolare, e in generale tutti coloro che danno o prendono medicine senza consultare esperti.
    Il prezzo delle medicine deve essere contenuto.
    I farmaci e le medicine consigliati in antichi testi sacri – come il Talmùd, non sono considerati appropriati per i nostri tempi e non vanno provati (p. 184).
    Dieta iposodica:
    Ai malati ai quali è imposta la riduzione del sale nella dieta è consentito, nella preparazione della carne kashèr, ridurre il tempo di salatura a 18 minuti soltanto (p. 185).
    Eutanasia:
    È proibita qualsiasi azione tendente ad affrettare la morte di un moribondo, anche se soffre di forti dolori, e anche se non c’è alcuna speranza di salvarlo e egli stesso chiede di affrettare la morte.
    Al medico è proibito suggerire al malato come affrettare la sua morte.
    È consentita la somministrazione di sostanze anestetizzanti ai moribondi che soffrono di forti dolori, anche se possono avvicinare il momento della morte, purché la somministrazione sia finalizzata al sollievo della sofferenza e non ad accelerare il decesso.
    È proibito mettere in opera mezzi artificiali per prolungare la vita ai moribondi in fase terminale. Un caso di particolare complessità è quello dei moribondi collegati a respiratore automatico: se il respiro e il battito cardiaco sono interrotti si può staccare l’apparecchio ed è proibito reinserirlo. Un sistema pratico suggerito è quello di collegare il respiratore a un dispositivo di interruzione automatica periodica; se durante l’interruzione il malato dà segni di vita, si riavvia l’apparecchio, altrimenti lo si spenge (pp. 203-204).
    Il momento della morte:
    Il momento della morte è stabilito quando cessano la funzione cardiaca e quella respiratoria; tali attività devono essere valutate con le apparecchiature più sensibili. L’interruzione dell’attività cerebrale, quando il cuore ancora batte, non può essere considerata morte. Questi criteri valgono per qualsiasi causa di morte.
    Medici e infermieri presenti al momento del decesso non sono tenuti ad eseguire la qerià (lacerazione della veste) (p. 206).
    Sperimentazione sull’uomo:
    Sottoporsi volontariamente a sperimentazioni mediche, quando dagli esperimenti è previsto un beneficio generale nelle conoscenze mediche, è un’azione meritoria, ma nessuno può essere costretto a offrirsi volontario per questi esperimenti. Il principio è valido quando l’esperimento non comporta alcun rischio per la salute o l’integrità del volontario, altrimenti, in caso di pericolo, è proibito (p. 215).
    Rischio connesso alla medicina:
    In linea di principio è proibito mettere la propria vita in pericolo per salvare altri; questa regola ha però numerose eccezioni: ad esempio al medico è consentito rischiare la propria salute per curare malati infettivi, anzi la sua azione è considerata della massima importanza. Così anche il medico militare (e ogni altro soldato) interviene per portare aiuto a un soldato ferito in zona esposta al nemico (p. 233).

    Medicina e halakhà / 3: Come nasce una regola oggi

    Circoncisione sotto anestesia
    Domanda:
    Quando un adulto si converte all’ebraismo è permesso sottoporlo ad anestesia generale prima della circoncisione? Così anche è permesso anestetizzare prima della circoncisione un ebreo che per un qualsiasi motivo non è stato circonciso da piccolo?
    Risposta:
    I problemi collegati a questa domanda sono:
    A. Nello Shulkhàn Arùkh (Orach Chajim 64:4) è stabilito che i precetti devono essere osservati intenzionalmente (mitwòth tzerikhòth Kawanà) e chi dorme non può stare attento all’esecuzione di quel precetto. Tuttavia:
    1) Nel precetto della circoncisione l’atto spesso viene eseguito dal circoncisore, che è quindi sveglio e fa attenzione all’osservanza della norma. E anche se diciamo che è necessaria una procura, e che il circoncisore opera solo come procuratore del circoncisore dorme.
    2. Secondo alcune opinioni non è necessaria la procura né l’intenzione della circoncisione.
    3. Nel precetto della circoncisione la cosa fondamentale è che il segno rimanga impresso nella carne, e il precetto consiste nell’essere circoncisi; pertanto non c’è alcun divieto a fare l’operazione in anestesia.
    B. Un’autorità ha scritto che il precetto della circoncisione deve essere osservato proprio con dolore. L’Autore della risposta respinge questa posizione, e ritiene che il dolore non è essenziale nella circoncisione; fintanto che la circoncisione è espletata secondo la regola il dolore non è una questione di rilevante interesse.
    Conclusione:
    "Pertanto ritengo che di regola è consentito perfettamente circoncidere un adulto, che per qualsiasi motivo non è stato circonciso da piccolo, sotto anestesia generale; così anche è permesso circoncidere chi si converte all’ebraismo con anestesia, e così abbiamo fatto praticamente a Gerusalemme con l’accordo dei membri del tribunale rabbinico dell’anno 5723 (1963)".
    (Rav Ovadia Josef, Noam, vol. 12, p. 1-10).
    Malattie mentali e diritto matrimoniale:
    L’autore discute questi casi:
    1. Domanda:
    Il malato affetto da mania depressiva, sotto terapia medica, è in grado di divorziare dalla moglie? (Si tratta di verificare se è in possesso delle capacità mentali per eseguire liberamente questo atto).
    Risposta: Il Talmùd (B Chagigà 3b) definire il malato di mente (shotè) mediante quattro sintomi: chi esce solo di notte, dorme al cimitero, si lacera la veste e distrugge tutto ciò che gli viene dato. I decisori discutono alcuni problemi fondamentali legati alla definizione: se è necessario la contemporanea presenza di tutti e quattro i criteri, o se ne basta uno solo; qual’è poi la regola con sintomi di malattia mentale non compresi tra i quattro classici; se la definizione di shotè si applica in ogni situazione, o se bisogna distinguere tra il diritto matrimoniale, l’invalidità a testimoniare e l’esenzione dall’osservanza dei precetti. La conclusione dell’Autore è che l’opinione della maggioranza dei decisori tende a dire che chi è malato presentando un solo sintomo, anche se è considerato invalido a testimoniare ed è esente dall’osservanza delle mitzvòth, malgrado questo può contrarre matrimoni e ordinare dei divorzi validi.
    2. Domanda:
    Una malata affetta di schizofrenia paranoica, sotto terapia medica, può essere in grado di accettare validamente il ripudio dal marito?
    Risposta: Il Talmùd (B Jevamòth 112 b) stabilisce che è impossibile ripudiare la malata di mente. Nella definizione il Talmùd stabilisce due criteri: la donna che non è i n grado di custodire il suo documento di divorzio e la donna che non è in grado di badare a se stessa, nel senso che non sia in grado di proteggere il uso corpo da abusi sessuali. Secondo questa definizione ne consegue che è impossibile ripudiare una donna che è ora malata ora sana, anche quando è sana, e ciò perché potrebbero abusarne nel momento in cui la malattia si riaffaccia. Tuttavia l’autore dimostra che in ciò si può essere facilitanti, in particolare quando vi siano medicine in grado di proteggerla dall’abbandono in caso di malattia, e pertanto consente di divorziare nel momento in cui la donna è sana.
    (HaRav B. Baz, Noam, vol. 16, 5733, pp. 161-179).
    Medico Cohèn e malato in punto di morte
    Domanda:
    Un medico Cohen può entrare in casa di un malato sul punto di morte per curarlo? (Si tratta di verificare se il divieto per i Cohanim di avvicinarsi ai morti sia derogabile in questo caso).
    Risposta: Tra i decisori vi sono opinioni discordi se sia permesso a un Cohèn medico entrare da un moribondo per occuparsi della sua cura. Nei suoi responsa Chatàm Sofèr (Cheleq Jorè Dèà, 338) scrisse che anche secondo l’opinione di coloro che proibiscono al Cohèn di entrare in casa di un moribondo, per principio, ciò è tuttavia permesso perché si potrebbe salvare una vita, e quindi il medico può entrare e curare, a condizione che si veda che c’è bisogno di medico. Ma se là è disponibile un altro medico (che possa prendere il posto del Cohèn) il caso è dubbio, e la domanda dipende dal problema controverso se le regole della Torà in caso di pericolo siano abolite – e allora sarebbe permesso –, o solo sospese - e allora sarebbe proibito.
    L’autore del Pitchè Teshuvà (Jorè De’à 370) respinse il sistema del Chatàm Sofèr, sostenendo che l’entrata è permessa in ogni caso e che questa domanda non dipende dal problema sopra citato. La sua spiegazione si basa sul principio esposto in Jorè De’à (221:4) per cui "non da ogni uomo si può meritare di essere guariti" (e quindi ogni medico è necessario e insostituibile).
    L’Autore sostiene che in questo l’autore del Pitchè Teshuvà ha sbagliato, perché il dubbio "che non da ogni uomo si può meritare di essere guariti" vale per il medico Cohèn come per ogni altro medico (…), perché forse proprio da un altro medico (non Cohèn) il malato potrà trovare guarigione.
    Conclusione:
    Quando non c’è) un altro medico, il medico Cohèn ha il permesso di accedere da un malato moribondo e curarlo; quando vi è un altro medico la questione è legata alla controversia sul principio se in pericolo di vita le regole della Torà siano abolite o sospese.
    (Shut Machazè Avrahàn, 2, Cheleq Jorè De’à, 19).
    (sintesi di domande e risposte rituali – Sheelòt ut-shuvòt –tradotto da Assia, p. 307-312)

    Per saperne di più
    Esiste una vasta bibliografia sul tema dei rapporti tra medicina e Torà, che in questi ultimi anni si è progressivamente allargata. Un inquadramento fondamentale dal punto di vista storico e comparativo è quello di Immanuel Jakobovitz, Jewish Medical Ethics, pubblicato prima in inglese e poi tradotto in ebraico (haRefuà wehaJahadùt, Mossad Harav Kook, Jerusalem 1966). Il testo contiene anche un’importante guida bibliografica. Un’antologia che raccoglie fonti rabbiniche di epoca talmudica e medioevale, divisa per argomenti, è di Menahem Asaf, Medicine in Judais Sources (HaRefuà beMeqoròt, Rubin Mass, Jerusalem, 1982).
    Sono diffuse numerose pratiche di comportamento. Per il Sabato e i problemi della medicina attuale sono una guida eccellente i capitoli relativi in Yehoshua Y. Neubert, Shemiràth Shabbath kehilkhatà; feldheim, Jerusalem, 1965. Una sintesi molto utile e documentata della poderosa opera responsoria di E. Woldinberg, pubblicata nei vari volumi shu’t Eli’ezer è stata redatta da Avraham Steinberg, Hikhòth Rofim uRfuà, Mossad Harav Kook, Jerusalem 1978. Una guida pratica di comportamento rivolta specificamente al malato e a chi lo cura di Avraham Sofer Avraham, Sefer Lev Avraham, in due volumi, Feldheim, Jerusalem, vol. I 1977, vol. II 1978. Un libretto di questo tipo ancora più sintetico, è di Barukh Jashar Schlichter, Lirfuà Shemelà, Kiriat Noar, Jerusalem, 1973. Raccolte più impegnative di discussioni rabbiniche su problemi medici di attualità sono, tra le altre: Avraham Steinberg, Assia, Rubin Mass, Jerusalem, 1979, a cura de The Dr. F. Schlesinger Institute for Medical Halachic Research at ShaareZedek Hospital, Jerusalem; la raccolta a cura di Moshè Hershler, Halakhà uRfuà Regensberg Institute, Jerusalem-Chicago, di cui sono usciti finora tre volumi: I 1980, II 1981, III 1983. Esiste anche una rivista specializzata per questo argomento.
    Il materiale in lingua italiana è poco. Segnaliamo di Menachem E. Artom "Le autopsie secondo la Halakhà", Annuario di Studi Ebraici, 1968-69, pp. 79-88; "L’aborto secondo la concezione ebraica>1, Rassegna Mensile d’Israel, maggio-giugno 1975.
    Nello stesso numero di Machanaim, citato nell’articolo "Medici ebrei italiani nel periodo del Rinascimento", a p. 18, compaiono altri otto articoli sul tema "Medicina nell’ebraismo": il trapianto del cuore secondo l’halakhà; la storia della medicina presso gli ebrei; la medicina nel periodo della Bibbia; la medicina nel pensiero dei dottori del Talmùd; il compito del medico secondo il Ben Sirà; Maimonide come medico e scrittore di medicina; la guarigione nell’insegnamento di Maimonide; il rapporto tra leggenda o saga e medicina e medici ebrei nel periodo del Rinascimento.
    Anche il n. 123 della stessa rivista pubblica articoli sullo stesso tema.
    Dal punto di vista storico sono fondamentali i lavori di Friedenwald, tra cui si segnala The Jews and Medicine, 3 voll., Baltimora 1944; v. anche A. Milano, Bibliotheca Historico-Judaica, Firenze 1954, p. 56, n. 806-811.

    Itinerari ebraici/1

    Questo itinerario si snoda in una zona che, fino all’inizio di questo secolo, è stata disseminata di centri ebraici minori. Ciò fu dovuto alla storia particolare dei luoghi, in quanto gli ebrei furono espulsi dal ducato di Parma e Piacenza, che papa Paolo III aveva destinato alla propria famiglia, i Farnese, nel 1545. Gli ultimi ebrei lasciarono Piacenza nel 1570, sparpagliandosi in numerosissimi centri minori, dove svolsero l’attività preminente di prestatori di denaro. Ancora all’inizio dell’800 era loro vietato risiedere nella capitale.
    L’itinerario è, in un certo senso, simbolico, in quanto più che le vestigia del passato, si visita una zona che, per la disposizione e la vicinanza dei centri, assomiglia agli insediamenti ebraici dell’Europa nord-orientale, più che a quelli della zona mediterranea che erano essenzialmente insediamenti urbani.
    Rimangono fuori dall’itinerario consigliato centri di interesse storico, dove il passaggio ebraico rimane fissato su qualche pietra, o nella memoria dei vecchi, che ricordano gli ultimi ebrei di 80 anni fa.
    Tra questi ricordiamo: Busseto (ex-sinagoga in via del ferro, immobile venduto; gli arredi sono a Gerusalemme; cimitero sulla strada per Cortemaggiore dopo il passaggio a livello); Viadana; Pomponesco; Revere; Sermide; Guastalla; Novellara; Colorno; Mirandola; Ostiglia; Montagnana.
    Mantova: l’insediamento ebraico risale almeno al 1145 e si consolidò nei secoli seguenti. La sinagoga, di notevole interesse e ben conservata, si trova, insieme all’edificio della comunità, nella zona del vecchio ghetto in via G. Govi, 11. Vi si conserva un Aròn-ha-qòdesh del ‘500 in legno dorato. Sempre nella zona del ghetto è interessante la facciata della "casa del rabbino".
    Il cimitero antico, di notevole interesse, si trova, insieme a quello moderno, oltre il Mincio, all’uscita nord-occidentale della città.
    La comunità è oggi composta di poche famiglie, mentre poco più di un secolo fa sfiorava le 3.000 unità.
    Per informazioni e visita rivolgersi alla locale comunità: via G. Govi, 11 - tel. 0376/321490.
    Dal centro di Mantova si pende poi la direzione sud-ovest e per la ss. 420, dopo aver attraversato l’Oglio, si giunge a Sabbioneta, singolare cittadina voluta dal duca Vespasiano Gonzaga (1531-96) che ne disegnò la pianta.
    Sabbioneta è tuttora racchiusa da una cinta muraria a forma di stella, e conserva i tesori d’arte che il duca aveva voluto per la sua capitale. Gli ebrei vi giunsero chiamati proprio dal duca Vespasiano che aveva bisogno di prestiti per l’edificazione della città. Sabbioneta fu sede fin dal 1551 di una importante stamperia ebraica che pubblicò tra l’altro la prima edizione a stampa di "Mirkevet-ha-Mishneh" di Isaac Abrabanel.
    La sinagoga, costruita nel 1824, si trova in un edificio con porticato su strada, a pochi passi dalla piazza, che si integra perfettamente con il carattere cittadino. La struttura è attualmente lesionata in modo preoccupante e la visita potrebbe essere limitata al solo primo piano (rivolgersi alla portiera). L’interno conse
     
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    Sono abbastanza sconcertato, nei miei studi sul cristianesimo non trovo DUE RIGHE dove si accenni almeno rapidamente alla questione medicina e salvataggio della vita di sabato per quanto riguarda il mondo ebraico passato e presente.
    Non ho trovato niente nella letteratura patristica, nei commenti alla Bibbia piu' moderni, nemmeno nei commenti di laici occidentali di chiara fama nemmeno fra i "big".
    Anche nelle comunicazioni ufficiali del vaticano, persino quelle volte a combattere i luoghi comuni antiebraici, non si affronta la questione del sabato se non con un velocissimo inciso (una riga) sulla "piu'stretta osservanza" del sabato nel mondo ebraico rispetto a quello dei primi cristiani.
    Non trovo nulla nemmeno nei resoconti degli incontri per il dialogo interreligioso fra ebrei e cattolici.
    Come e' possibile saltare a pie'pari un tema cosi' grosso?
    La cosa divertente e' che neanche i detrattori della chiesa o pseudo scrittori vari che potrebbero usare quest' "arma" contro il cristianesimo anche solo per fare cassa tendenzialmente non lo fanno.

    Edited by leviticus - 31/8/2018, 14:46
     
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    Medicina

    Dall'inizio della loro storia fino ai tempi moderni gli ebrei hanno esercitato un'enorme influenza sullo sviluppo della scienza medica. Essi furono sempre premurosi nella cura dei malati ed ebbero grande stima della professione medica. Nell’antichità medicina e religione erano strettamente legate. I sacerdoti erano i custodi della sanità pubblica. La disputa sull’opportunità dell’intervento umano nella malattia – considerata come una punizione divina – cessò di turbare gli ebrei, perché arrivarono a considerare il medico come lo strumento attraverso il quale Dio poteva effettuare la cura. I medici ebrei consideravano quindi la loro vocazione come un dono spirituale e non semplicemente come una professione ordinaria. Allo stesso modo, sono state poste loro grandi esigenze e gli standard etici sono sempre stati molto elevati.

    L'importanza della medicina e dei medici tra gli ebrei si vede meglio nella lunga serie di medici- rabbini , iniziata durante il periodo talmudico e continuata fino a tempi relativamente recenti. Diversi fattori sono stati responsabili di questa combinazione di professioni. La medicina era sanzionata dalla legge biblica e talmudica e aveva un impatto importante sulle questioni religiose. Poiché insegnare o studiare la parola di Dio a scopo di ricompensa non era considerato etico, la pratica della medicina veniva spesso scelta come mezzo di sostentamento. Questa tendenza fu ulteriormente rafforzata dal fatto che durante gran parte del Medioevo gli ebrei furono esclusi da quasi tutte le altre occupazioni, compresi gli uffici pubblici, e la medicina fu lasciata come una delle poche occupazioni dignitose con cui potevano guadagnarsi da vivere.

    Gli ebrei hanno contribuito alla medicina sia con la creazione di nuovi concetti medici che con la trasmissione della conoscenza medica. Fu attraverso i medici-traduttori ebrei medievali che la conoscenza medica dell’Oriente e gran parte della tradizione medica dell’antica Grecia furono preservate e trasmesse all’Occidente. Un'indagine generale sugli ebrei in medicina può essere divisa in tre grandi periodi:

    (a) tempi biblici e talmudici, che coprono il periodo dall'antichità fino al IV-V secolo d.C. circa;

    (b) un periodo medio che va approssimativamente dal VI secolo d.C. all'inizio del XIX secolo ; E

    (c) i secoli XIX e XX , durante i quali gli ebrei di tutto il mondo si sono distinti non solo nella pratica della medicina ma in tutti i campi della ricerca e dell'insegnamento medico. È significativo che oltre il 20% di tutti i vincitori del Premio Nobel per la medicina fino alla fine degli anni '60 fossero ebrei.

    Va menzionato l’alto livello della scienza medica in Israele . Non solo i medici israeliani hanno affrontato con successo la sfida dei problemi medici in un paese in via di sviluppo con una popolazione mista, ma hanno continuato l’antica tradizione medica ebraica insegnando e fornendo aiuto pratico a quei paesi in via di sviluppo che lottano per raggiungere i livelli scientifici del 20° secolo. e il 21 ° secolo.

    NELLA BIBBIA
    La principale fonte di informazioni sull'antica medicina ebraica è la Bibbia, che si riferisce alla medicina quando attiene alle leggi religiose o civili o quando sono coinvolti personaggi importanti. Non esistono documenti medici generali dell'antico ebraico, sebbene il Talmud riporti che il re *Ezechia cancellò il "Libro di medicina" ( Ber. 10b ; Pes. 56a ) e che un rotolo di farmacologia andò perduto. Fin dai tempi più antichi, la fede ebraica cercò di sopprimere usanze e pratiche magiche in ogni campo della vita, compresi quelli riguardanti la salute dei suoi membri. Gli ebrei furono senza dubbio influenzati, nei loro concetti e nelle loro pratiche mediche, dalle nazioni circostanti, in particolare dall’Egitto, dove la conoscenza medica era molto sviluppata. Tuttavia, le superstizioni prevalenti e le credenze nella medicina magica erano molto meno accettate e praticate dagli ebrei che dai loro vicini. Ma come i loro contemporanei, gli antichi ebrei attribuivano la salute e la malattia a una fonte divina.

    La guarigione era nelle mani di Dio e il ruolo dei medici era quello di aiutanti o strumenti di Dio. Ci sono numerosi riferimenti a medici e uomini di guarigione in tutta la Bibbia. È sempre sottinteso, però, che sebbene l'uomo possa somministrare la cura, è Dio che guarisce: "Io sono il Signore che ti guarisce" (Ex. 15:26 ). Il titolo rofe ("guaritore") non fu quindi mai adottato dagli antichi medici ebrei; dove ricorre si riferisce invariabilmente a medici stranieri, che di solito venivano considerati indifesi perché non aiutati da Dio. Vengono menzionati anche i farmacisti e le ostetriche. I sacerdoti ebrei non avevano autorità come medici ma ricoprivano piuttosto la posizione di guardiani sanitari della comunità, incaricati di far rispettare le leggi relative all'igiene sociale.


    L'unicità della medicina biblica risiede nelle sue norme di igiene sociale, notevoli non solo per l'epoca ma anche per gli standard attuali. L'igiene e la profilassi divennero dogmi religiosi destinati al benessere e alla preservazione della nazione. Dei 613 comandamenti , 213 sono di natura medica. Prevenzione delle epidemie, repressione della prostituzione e delle malattie veneree, lavaggi frequenti, cura della pelle, rigide norme dietetiche e sanitarie, norme sulla vita sessuale, isolamento e quarantena, osservanza del giorno di riposo – il sabato – queste e altre disposizioni sono vietate la diffusione di molte delle malattie prevalenti nei paesi vicini.

    Gli ebrei erano consapevoli del fatto che le malattie contagiose si trasmettono sia per contatto diretto che attraverso gli indumenti, gli utensili domestici, ecc. Per prevenire la diffusione di epidemie o malattie infettive compilarono quindi una serie di norme sanitarie. Queste includevano l’isolamento precauzionale o temporaneo, la quarantena, la combustione o la scottatura di indumenti e utensili infetti, il lavaggio accurato e l’affumicatura fuori dalle case sospette di infezione, e l’ispezione scrupolosa e la purificazione della persona malata dopo la guarigione (liv. 13-14 ). Chiunque entrasse in contatto con un cadavere o una carogna, o soffrisse di secrezioni purulente da qualsiasi parte del corpo, necessitava anch'esso di un'accurata pulizia di sé e dei suoi averi prima di essere ammesso nuovamente nell'accampamento (Num. 19:7–16 ; liv. 15:2–13 ). Gli indumenti, le armi e gli utensili dei soldati che tornavano all'accampamento dopo una battaglia dovevano essere accuratamente puliti e disinfettati per evitare la diffusione di malattie eventualmente contratte durante il contatto con il nemico (Num. 31:20 , 22–24). È stato riconosciuto anche il pericolo che malattie infettive intestinali si diffondano attraverso gli escrementi e la Bibbia insegna come mantenere pulito il campo (Deut. 23:13–14 ).

    Malattie e rimedi
    Molte malattie sono menzionate nella Bibbia. Tra questi ci sono shaḥefet – phthisis (liv. 26:16 ); ʿ afolim – leishmaniosi (Deut. 28:27 ); yerakon ( yeraqon ) – ikterus (Deut. 28:22 ); sheḥin pore'aḥ un ʾ v ʿ abu ʾ ot – pemfigo (Ex. 9:9 ); zav – gonorrea eucorrea (liv. 15 ); dever – parassita (Deut. 28:21 ); shivron motnayim – lombalgia (Ez. 21:11 ); nofel ve-galui ʿ enayim – epilessia (Num. 24:4 ); rekav ( reqav ) ʿ aẓamot – osteomielite (Prov. 14:30 ). Anche se non specificatamente menzionate per nome, malattie degli occhi come la blefarite ciliaris e l'oftalmia gonorrea esistevano senza dubbio, e la cataratta senile probabilmente si verificava frequentemente tra gli antichi ebrei: "Ora gli occhi di Israele (Giacobbe) erano offuscati per l'età così che non poteva vedere" (Gen. 48:10 ). L'oscurità della vista piuttosto che la cecità è indicativa della cataratta. Varie forme di malattie della pelle sono menzionate nel Deuteronomio: «Il Signore ti colpirà con il foruncolo egiziano, con le emorroidi, con la crosta e con il prurito, dal quale non puoi guarire» (Deut. 28:27 ). La parola ebraica ẓaraʿat , che è stata tradotta come lebbra, era probabilmente un termine generico per una serie di malattie della pelle, molte delle quali erano considerate curabili (liv. 13 ). Tuttavia, era conosciuta anche la lebbra nel senso moderno e ai lebbrosifu imposta una rigida quarantena, che non escludeva i re ( II Cron. 26:21 ). Con il termine maggefah si indica la peste, le epidemie e le malattie contagiose in genere, molto spesso di tipo venereo. Una peste bubbonica descritta in I Samuele 5 menziona i roditori, che sono noti per essere portatori della malattia. Vengono menzionati vari tipi di ferite: la Mecca è il termine generico per ferita; makkah t'eriyyah è una ferita purulenta; makkahʾ anushah , una ferita che non si rimargina, spesso mortale; peẓaʿ , una coltellata; ḥabburah , foruncolo o ematoma; e mazor , un'ebollizione settica.

    Con l'unica eccezione del morso del serpente incurabile (Num. 21:9 ), i rimedi e le cure bibliche sono tutti di carattere razionale e non implicano incantesimi o riti magici, né comprendono la cosiddetta “farmacia immonda”. La terapia biblica consisteva nel lavarsi; l'uso di oli, balsami e bende per ferite e fratture ossee; fare il bagno in acque terapeutiche ( II Re 5:10 ), soprattutto in caso di malattie della pelle; raggi solari, bevande medicamentose, ecc. Tra i medicinali menzionati per nome ci sono la mirra, la cannella dolce, la cassia, il galbano, il nitro e la mandragora ( duda ʾ im ) che si riteneva possedesse proprietà afrodisiache. Era noto anche il metodo moderno della respirazione artificiale bocca a bocca, come testimoniato dai racconti di Elia ed Eliseo ( I Re 17:22 ; II Re 4:34–35 ). Le uniche operazioni chirurgiche menzionate sono la circoncisione e la castrazione, e queste non erano pratiche specificamente ebraiche. *L'imbalsamazione , sebbene insolita, non era vietata.

    Conoscenza anatomica
    Gli ebrei avevano una conoscenza più che discreta dell'anatomia. Ciò è attestato dal linguaggio utilizzato nelle istruzioni riguardanti le modalità del sacrificio e da brani poetici in cui i nomi degli organi e delle membra sono usati metaforicamente. Il cuore viene spesso menzionato come la sede delle emozioni e dell'intelletto, e allora si pensava che le funzioni ora attribuite al cervello provenissero dal cuore. Non viene menzionata alcuna parola per cervello; la parola mo'aḥ in Giobbe si riferisce al midollo osseo.

    È interessante notare che la Bibbia ha una nomenclatura particolare per le parti del corpo e i tipi di malattie. Così, ad esempio, i difetti o le deformità del corpo sono descritti esclusivamente da parole costruite nella forma grammaticale pi ʿ el : ʾ iṭṭer – paralizzato, mancino; ʾ illem – muto; ʿ ivver : cieco; pisse'ah :zoppo; gibben – gobbo. Le descrizioni di malattie mentali o nervose compaiono nella forma piʿalon : dikka ʾ on – depressione; shigga ʿon – follia ; iẓẓavon : nervosismo; ʿ ivvaron – cecità mentale; shikkaron : ubriachezza. Le malattie somatiche compaiono nella forma paʿ elet ( pa ʿ alat ): dalleket ( dalleqet ) – infiammazione ; shaḥefet : tubercolosi; yabbelet : acne; ʿ aẓẓevet – neurite; baḥeret – leucoderma, vitiligine; sappaḥat : psoriasi; ẓaraʿ at – lepra , malattie della pelle; gabbaḥat : perdita di capelli. Il trauma del corpo si forma secondo il modello paʿ ul : shavur – fratturato; ḥaruẓ : diviso; maʿukh : schiacciato ; natuk ( natuq ) – disgiunto; raẓuẓ : distrutto; ẓaruʿ a – infetto; paẓu ʿ a – ferito. Molti termini anatomici hanno l'antica radice di due lettere, mentre la maggior parte delle parole ebraiche derivano da tre lettere. Quindi לֵב lev – cuore; דָּם diga : sangue; פֶּה peh : bocca; חֵךְ ḥekh – gengive; שֵׁן shen – dente; יָד yad – mano.

    L'ERA TALMUDICA
    Il periodo preso in esame in questa sezione va grossomodo dal II secolo a.C. al VI secolo d.C. Gli eventi storici di quel periodo ebbero una profonda influenza sul pensiero e sullo stile di vita degli ebrei e di conseguenza anche sullo sviluppo dell'arte medica ebraica. In seguito all'esilio babilonese , al dominio greco seguito dalle guerre asmonee, all'ascesa del cristianesimo e all'esilio dopo la distruzione del Secondo Tempio , la comunità ebraica si aprì ampiamente alle influenze dei paesi vicini e alle filosofie straniere, che avevano il loro effetto su ogni ambito della vita, compresa la medicina.

    Fonti e influenze
    Le fonti di questo periodo sono i libri apocrifi, gli scritti greco-romani di ebrei e non ebrei, la Mishnah , i Talmud di Gerusalemme e babilonesi, i Midrashim e, in parte, i Rotoli del Mar Morto recentemente scoperti . Nessuna di queste fonti è un libro di medicina in quanto tale. Fatta eccezione per pochi casi, come l'elogio della medicina e del medico di *Ben Sira , le questioni mediche vengono trattate principalmente per illustrare punti di rito, o di diritto civile e penale. Nel Talmud , alcune questioni mediche sono trattate ampiamente nei trattati Ḥullin, Nega'im e Bekhorot . L'influenza della medicina magica persiana e babilonese è chiara dai riferimenti agli *amuleti , al *malocchio , ai *demoni , ecc. L'influenza greca sul pensiero medico ebraico fu notevole, ma scopriamo che gli studiosi non erano ciechi aderenti alla patologia umorale. , ma piuttosto seguaci dell'anatomia patologica. Ciò si basava senza dubbio sui loro esperimenti e sulle osservazioni di animali malati prima e dopo la macellazione, nonché sui loro studi su corpi umani e cadaveri. Una delle interpretazioni date al nome della setta conosciuta come * Esseni è איסיים, "guaritori". La loro medicina influenzò principalmente la medicina cristiana e il pensiero medico. Studiavano e raccoglievano erbe e radici per scopi curativi, sebbene i loro rimedi principali fossero la preghiera , le formule mistiche e gli amuleti. Una fede costante era tutto ciò che era considerato necessario per curare le malattie fisiche e mentali, nonché i difetti cronici come la cecità, la zoppia e la sordità. La medicina menzionata nel Nuovo Testamento è quasi interamente di questo tipo di cura miracolosa. Al contrario, l’atteggiamento degli studiosi ebrei dell’epoca, e più tardi di quelli del Talmud, è generalmente scientifico.

    L'atteggiamento talmudico verso la santità della vita umana e l'importanza della salute è espresso in numerose affermazioni: "La salvezza della vita ( pikku'aḥ nefesh ) ha la precedenza sul sabato" ( Yoma 85a ). "Chiunque sia troppo zelante nel digiuno dovrebbe essere considerato un peccatore" (Ta'an. 11a). Si decretò inoltre che nel curare un malato o una partoriente, anche senza pericolo di vita, si potesse profanare la santità del sabato.

    Stato del medico
    Il Talmud non considera il ricorso a un medico per assistenza medica come un fallimento nell'affidarsi a Dio per ripristinare la salute: "Chiunque soffre, vada dal medico" (BK 46b). La professione del medico – come strumento di Dio – era tenuta in grande considerazione: "Onora il medico prima che abbia bisogno di lui. Anche a lui Dio ha assegnato... L'abilità di un medico gli solleverà la testa; ed egli starà davanti ai nobili …” (Ecclus. 38). Il Talmud elenca dieci cose che devono essere presenti in una città in cui vive uno studioso, e queste includono un medico e un chirurgo. Da questa affermazione si può anche concludere che il numero dei medici praticanti era relativamente elevato.

    Gli specialisti conosciuti in Egitto non esistevano. Tuttavia, il Talmud nomina due tipi di medico, rofe e rofe umman ("medico esperto" e "chirurgo"). I pazienti visitavano il medico a casa sua e non, come in Grecia, sul mercato. Fu pertanto emanata una regolamentazione speciale che imponeva a chiunque affittasse locali a un medico di ottenere il preventivo accordo dei suoi vicini, poiché le grida e il rumore dei pazienti in visita potevano disturbarli (BB 21a). *Gli ospedali apparentemente non esistevano in questo periodo, anche se alcune sale del tempio e, più tardi, parti degli ospizi e delle sinagoghe, furono riservate ai malati. Tuttavia si fa menzione delle sale operatorie, che dovevano essere rivestite di marmo per motivi di pulizia – " battei shayish ". C'erano medici comunali o distrettuali, i cui compiti includevano la valutazione del carattere e dell'entità di qualsiasi disabilità fisica subita in caso di infortunio al fine di determinare i danni ( Sanh. 78a ). Dovevano anche giudicare il grado di resistenza fisica di una persona condannata a punizioni corporali (Mak. 22b). "La vittima di un'aggressione potrebbe rifiutarsi di farsi curare da un medico venuto da lontano poiché non si preoccuperebbe sufficientemente del benessere del suo paziente" (BK 85a).

    Il medico doveva ricevere un compenso adeguato e il servizio medico gratuito non era autorizzato perché «un medico che non prende nulla non vale nulla» (BK 85a). Allo stesso tempo, i medici ebrei avevano una considerazione speciale per i poveri e i bisognosi, una tradizione che si è mantenuta nel corso dei secoli. Abba Umana (IV secolo d.C.) era considerato un medico e un uomo caritatevole. Per non scoraggiare i pazienti bisognosi appendeva al muro una scatola dove chiunque poteva depositare, senza farsi notare, il compenso che credeva di potersi permettere per le cure mediche. Abba Umana si rifiutava di accettare le tasse dagli studenti poveri e restituiva loro i soldi in modo che potessero usarli per la convalescenza (Ta'an. 21b). Se, nonostante tutte le cure, un medico autorizzato feriva un paziente o ne causava la morte, non veniva ritenuto colpevole – come tra molti altri popoli ( Sanh. 84b ). I medici ebrei erano apparentemente organizzati in un qualche tipo di corporazione che aveva come insegna l' ḥarut - il ramo di una palma o un cespuglio di balsamo (gli ebrei a quel tempo consideravano il balsamo il miglior rimedio per le ferite; cfr. Plinio, Hist. Nat., 12:54).

    I medici ebrei godevano di un'eccellente reputazione e esercitavano la loro attività in tutto il mondo civilizzato allora conosciuto. Un medico Theudas è menzionato in Bekhorot (4:4) come un famoso medico di Alessandria. Aulo Cornelio *Celso , scritto nel I secolo d.C., si riferisce a unguenti preparati da abili medici ebrei. *Galeno riferisce del medico ebreo Rufus Samaritanus a Roma nel I-II secolo d.C. Simile i riferimenti sono fatti da Marcello Empirico, Ezio di Amida e Paolo di Egina. Plinio (Hist. Nat., 37.60.10) menziona un "medico babilonese - Zaccaria", senza dubbio ebreo, che dedicò il suo libro di medicina al re Mitridate. L'imperatore Antonino Pio (86–161 d.C.) chiese a R. Judah ha- Nasi di fornirgli un medico per i suoi schiavi domestici tra la sua cerchia di studenti. Il medico personale di San Basilio (300 d.C. circa) era l'ebreo Efraim. Il vescovo Gelasio si riferisce al suo medico ebreo Telesino come al suo "amico fidato". Allo stesso tempo, i vescovi e gli imperatori cristiani avevano già promulgato numerose restrizioni contro i medici ebrei. Questi servono solo a mostrare quanto fosse ampio il numero di medici ebrei praticanti a quel tempo.

    Lo studio della medicina era incluso nel curriculum delle scuole talmudiche e molti studiosi del Talmud erano essi stessi medici. Tra loro c'erano R. Ishmael, R. Hanina b. Dosa, R. Hananiah n. Hama, Joseph ha-Rofe di Gamla, Tobiah ha-Rofe di Modi'in e Minjomi (Benjamin). Il più illustre di loro fu *Samuel b. Abba ha-Kohen , chiamato anche Mar Samuel Yarḥina'ah (165–257), al quale vengono attribuiti molti rimedi e molta conoscenza anatomica. Era anche il medico personale del re persiano Sapur. Inoltre, il Talmud menziona askan bi-devarim , che potrebbe essere descritto come un ricercatore, che si occupò più dello studio dell'anatomia e della fisiologia animale e umana che della pratica vera e propria della medicina.

    Anatomia talmudica
    La preoccupazione per le norme riguardanti la carne ritualmente impura, le qualifiche fisiche per il sacerdozio, le regole riguardanti le donne mestruate, la contaminazione, ecc., spiega la straordinaria conoscenza anatomica degli studiosi talmudici. Per i dettagli completi vedere *Anatomia .

    Embriologia talmudica
    Nel Talmud e nei Midrashim si può trovare molto materiale su questo argomento, in parte su personaggi immaginari o leggendari, ma per la maggior parte sorprendentemente accurato. Abba Saul descrive lo sviluppo di un embrione nella sua sesta settimana (Nid. 25b). Simlai descrive le parti, la postura e il nutrimento di un embrione nel grembo materno. Gli studiosi hanno accettato l'opinione che l'embrione sia un organismo vivente fin dal momento del concepimento ( Sanh. 91b ). A differenza di Aristotele , che considerava il seme come un mosaico di fattori creativi individuali corrispondenti a ciascuna delle parti del corpo umano e presumeva che ogni membro derivasse dal membro parallelo del padre, gli studiosi talmudici consideravano il seme come un unico sintesi di tutte le forze creative dell'organismo e non riconosceva l'influenza individuale di un arto sull'embrione. «Il seme è mescolato, altrimenti il ​​cieco genererebbe cieco e il monco un monco» (Ḥul. 69a). Il Talmud accetta anche la partecipazione equa del maschio e della femmina nella formazione dell'organismo.

    Patologia ed eziologia
    Nell'esaminare l'idoneità rituale degli animali e la pulizia e la purezza dei membri della comunità, gli studiosi talmudici avevano numerose opportunità di osservare e diagnosticare le malattie. Descrissero varie condizioni patologiche dei polmoni e conoscevano l'esistenza di infezioni polmonari (Ḥul. 47b). I disturbi del sistema circolatorio si riconoscevano dal pallore o dal rossore del corpo (Yev. 64b). La diagnosi di alcune malattie della pelle veniva determinata in base alla forma, alla temperatura, alla secrezione della ferita e al colore dei peli attorno ad essa. L'osservazione di una tale ferita poteva durare fino a tre settimane ( Neg. 10 ). Gli studiosi sono riusciti a riconoscere la macula della cornea, la cheratite e il distacco della retina ( Bekh. 38a ). R. Ishmael descrive la difterite come una malattia epidemica che provoca una morte dolorosa per strangolamento. Viene descritta la patologia dell'emofilia come mancanza di viscosità nel sangue che impedisce la coagulazione e viene vietata la circoncisione di un bambino in una famiglia emofila. È stato anche riconosciuto che la femmina è la trasmittente di questa malattia (Yev. 64a; Ḥul. 47b). Un gran numero di malattie dei polmoni, del fegato, dei reni e dello stomaco furono descritte come causate dai vermi (Ḥul. 48a; Shab. 109b ; Git. 70a ). Si pensava che la mancanza di liquidi portasse a disturbi digestivi ( Shab. 41a ). È stato riconosciuto che la paura accelera il polso e provoca i battiti del cuore ( Sanh. 100b ); che cadere da una grande altezza può causare lesioni interne mortali (Ḥul. 42a); che la lesione al midollo spinale provoca la paralisi (Ḥul. 51a); e quel contenimento del fiele causa l'itterizia. Si pensava che febbri e raffreddori fossero causati da negligenza (BM 107b). Secondo R. Eleazar il fiele (umorismo) e secondo Mar Samuel l'aria (pneuma) potrebbero causare malattie. Era generalmente accettato che il sangue fosse la causa principale delle malattie (BB 58b). Si pensava che anche l’eccesso di cibo, il consumo eccessivo di sostanze intossicanti e gli eccessi sessuali causassero malattie. Si è capito che gli animali e gli insetti, in particolare le mosche, sono portatori e trasmettitori di malattie infettive ( Ket. 77a ) e che anche l'acqua contaminata può causare malattie (Av. Zar. 30a).

    Rimedi, trattamenti e chirurgia
    Le medicine menzionate nel Talmud includono polveri, bevande medicate, succhi, balsami, bende, impacchi e incenso. La carne e le uova erano considerate gli alimenti più nutrienti ( Ber. 44b ); i cibi fritti o contenenti grassi erano considerati difficili da digerire (57b). Si raccomandava di mangiare verdure durante tutto l'anno e di bere acqua fresca ad ogni pasto ( ibid. 57b; 40a). I bagni e le acque minerali erano considerati tonici rinforzanti generali e medicinali per alcune malattie della pelle ( Shab. 40a ; 109a; Ket. 77b ). Le erbe venivano usate contro la stitichezza e nei casi gravi si raccomandavano purghe, tranne che per le donne incinte ( Pes. 42b ). Era noto l'uso dell'oppio come farmaco analgesico e ipnotico e si metteva in guardia contro il sovradosaggio (TJ, Av. Zar. 2:2, 40d). Tutto ciò che era utile a scopi curativi era consentito in qualsiasi momento, anche di sabato (Ḥul. 77b). I chirurghi operavano in sale speciali – " battei shayish " (vedi sopra). I "sonniferi" – sammei de-shinta – venivano usati come anestetici. Dalle descrizioni delle operazioni apprendiamo di trapanazioni, amputazioni e rimozione della milza (cfr. Sanh. 21b ; Ḥul. 57a; Git. 56a ). È stato effettuato anche un cesareo, ma non è chiaro se l'operazione è stata eseguita su un cadavere vivo o già morto. In generale, la vita della madre aveva la priorità e quindi era consentita l'uccisione di un feto durante un parto difficile (Tosef., Yev. 9:4). I bordi della ferita sono stati tagliati per garantire una guarigione completa e pulita (Ḥul. 54a). I chirurghi indossavano grembiuli per operazioni speciali ( Kelim 26:5 ).

    Igiene e profilassi
    Il principale contributo della medicina talmudica non risiede tanto nella cura delle malattie quanto piuttosto, come nella Bibbia, nella prevenzione delle malattie e nella cura della salute della comunità. Le misure igieniche sostenute erano di natura pratica oltre che religiosa ed etica. Un principio che ricorre più volte è che "la pulizia del corpo porta alla pulizia spirituale" (Av. Zar. 20b; TJ, Shab. 1:3 , 3b). Le norme igieniche si applicavano tra l'altro all'urbanistica, alle condizioni climatiche, alla vita sociale della comunità, alla vita familiare e alla cura del corpo. Si menziona un disinfettante composto da sette ingredienti utilizzati per pulire gli indumenti infetti ( Zev. 95a ). Una città doveva avere un medico e uno stabilimento balneare. I vestiti dovevano essere cambiati prima di mangiare. Mar Samuel dichiarò che le malattie possono essere trasportate dalle carovane da terra a terra (Ta'an. 21b). I membri di una famiglia con una persona malata tra loro dovevano essere evitati. Era vietato scavare pozzi in prossimità di cimiteri o discariche di rifiuti (Tosef., BB 1:10). Era vietato bere l'acqua scoperta per timore del veleno dei serpenti (Av. Zar. 30a). Il cibo doveva essere fresco e servito in piatti puliti. Si scoraggiava il bacio sulla bocca e si consigliava di baciarsi solo sul dorso della mano per prevenire il contagio. Durante le epidemie si consigliava alla popolazione di evitare l'affollamento nei vicoli stretti per il pericolo di contagio presente nell'aria. Per la cura del corpo il Talmud raccomanda esercizi fisici, massaggi, luce solare, lavoro e soprattutto pulizia. Mar Samuel afferma: "Il lavaggio delle mani e dei piedi al mattino è più efficace di qualsiasi rimedio al mondo" ( Shab. 108b ). Gli eccessi di qualsiasi tipo erano considerati dannosi. Il Talmud si preoccupava anche della salute delle generazioni future e proibiva il matrimonio con epilettici o ritardati mentali (Yev. 64b; 112b). Abbastanza sorprendentemente, la patologia talmudica ebbe pochissima influenza sulla medicina medievale, nemmeno su medici eccezionali come *Maimonide e Isacco *Israele , che erano certamente esperti nel Talmud. L'autorità medica di Galeno era così preminente che tutte le altre teorie e pratiche mediche erano considerate banalità o addirittura eresie. Gli studiosi hanno messo in guardia contro l’uso non selettivo dei rimedi talmudici perché non sono ugualmente efficaci in tutti i paesi e in ogni momento. Ciononostante, le leggi e i regolamenti igienici del Talmud, così come molti dei suoi reperti anatomici e patologici, sembrano avere, alla luce della conoscenza moderna, una validità duratura.

    IL PERIODO DI MEZZO
    Il periodo medievale della storia ebraica non coincide esattamente con la definizione storica comune del Medioevo nella civiltà occidentale, ma si può dire che si estenda dal II-III secolo d.C. fino al XIX secolo , quando, nella maggior parte dei paesi occidentali, gli ebrei erano concessa la piena emancipazione.

    La grande varietà di climi, ambienti e costumi ai quali il popolo ebraico fu esposto durante le sue migrazioni in esilio ebbe naturalmente una profonda influenza sullo sviluppo del pensiero e delle conoscenze mediche. Così, ad esempio, negli scritti di Maimonide si trova una descrizione del diabete mellito . Secondo lui si trattava di una malattia abbastanza comune nei caldi paesi mediterranei che lui conosceva, ma praticamente sconosciuta nel Nord Europa. Gli studiosi del Talmud danno una descrizione precisa del ratan ("filariosi") e del suo trattamento, una malattia sconosciuta in Europa. Allo stesso modo, la prevalenza delle malattie degli occhi in Oriente incoraggiò notevolmente lo sviluppo dell'oftalmologia e, quando gli oculisti ebrei emigrarono in Europa, acquisirono rapidamente un'eccellente reputazione tra i loro colleghi cristiani.

    Tuttavia, il merito dei medici ebrei di quel periodo non sta solo nei loro successi individuali come medici, ma nel loro lavoro come traduttori e trasmettitori della medicina greca agli arabi e successivamente della medicina araba all’Europa. Gli studiosi ebrei, e tra loro i medici, padroneggiavano le tre lingue scolastiche più importanti dell'epoca – latino, arabo ed ebraico – e, in alcuni casi, il greco. Ciò ha permesso loro di tradurre la maggior parte delle opere mediche arabe e greche in ebraico e latino o viceversa. La conoscenza dell'ebraico era considerata estremamente importante nello studio della medicina. Lo studioso inglese Roger *Bacon (1220 ca. – 1292 ca.) dichiarò che i medici cristiani erano ignoranti rispetto ai loro colleghi ebrei perché non conoscevano l'ebraico e l'arabo in cui era scritta la maggior parte delle opere mediche. Vesalio, il grande anatomista del XVI secolo , tenne a imparare l'ebraico per facilitare i suoi studi, e fornisce i termini ebraici insieme ai loro equivalenti greci nella sua opera Fabrica (vedi anche *Frigeis, Lazaro De ). Mosellano, nel suo discorso rettorato all'Università di Lipsia nel 1518, esortò gli studenti di medicina cristiani a imparare l'ebraico in modo che potessero studiare la tradizione medica "nascosta nelle biblioteche degli ebrei". Gli stretti legami religiosi e familiari che univano le varie comunità ebraiche contribuirono inoltre a diffondere le conoscenze mediche e a facilitare una rapida comunicazione. Come mercanti e viaggiatori gli ebrei incontrarono le migliori menti del loro tempo e conobbero farmaci, piante e rimedi provenienti da molte parti del mondo.

    Tuttavia, sebbene i medici ebrei fossero spesso tenuti in grande considerazione dai loro colleghi non ebrei, così come da re e vescovi, soffrirono di persecuzioni e restrizioni, soprattutto nel mondo cristiano. Dal IV secolo d.C. in poi vi furono innumerevoli regolamenti, bolle papali e ordinanze reali che vietavano ai medici ebrei di esercitare la professione tra non ebrei, di ricoprire incarichi ufficiali e, in seguito, di studiare nelle università. Il fatto che, nonostante queste minacce e restrizioni, i medici ebrei continuarono la loro professione e occuparono anche incarichi elevati presso le corti delle stesse autorità che predicavano contro di loro, testimonia la stima con cui erano considerati per la loro abilità medica. Sotto questo aspetto i musulmani furono molto più tolleranti: sebbene nei territori musulmani scoppiassero di tanto in tanto persecuzioni contro gli ebrei, i medici non venivano individuati e non era vietato consultarli.

    Il gran numero di medici ebrei in questi secoli può essere spiegato anche dal fatto che gli ebrei consideravano ancora la professione medica come una vocazione spirituale compatibile con la carriera di rabbino. Molti studiosi hanno intrapreso la professione medica come un modo onorevole per guadagnarsi da vivere. Ciò fu reso relativamente facile perché il curriculum delle scuole talmudiche spesso includeva le filosofie e le scienze dei tempi antichi e contemporanei. Molto spesso, quindi, i medici ebrei medievali erano allo stesso tempo rabbini, studiosi, scienziati, traduttori, grammatici o poeti e, in quanto uomini di vasta conoscenza generale, spesso raggiungevano alte posizioni ufficiali nei paesi in cui vivevano.

    L'epoca bizantina
    Mentre la scienza e la cultura greca declinavano nell'impero bizantino e gli ebrei che vivevano lì soffrivano sotto l'oppressione, i medici e gli studiosi ebrei, così come nestoriani e giacobiti cercarono di salvare ciò che potevano della scienza ellenistica. I centri talmudici babilonesi di Sura e Pumbedita fiorirono in questo periodo. Sebbene le lingue di insegnamento del periodo fossero l'ebraico, il sirio-aramaico e il persiano, veniva insegnata la medicina greca, fortemente influenzata dalle tradizioni ebraica, babilonese, persiana e indiana. Ciò risulta evidente dal lavoro medico lasciato da Asaph b. Berechiah, chiamato *Asaph ha-Rofe o Asaph Judaeus, che visse intorno al VI secolo d.C. da qualche parte nel Medio Oriente. Insieme a Johanan b. Zavda, Judah ha-Yarḥoni e altri studiosi ebrei, fondò una scuola di medicina. La sua opera, il più antico libro di medicina conosciuto scritto in ebraico, racchiude tutta la saggezza allora conosciuta della medicina greca, babilonese, egiziana e persiana, oltre a qualcosa della medicina indiana. La sua tecnica medica si basa sulle antiche tradizioni ebraiche. Non è evidente alcuna influenza araba, il che indica il fatto che il libro fu composto prima del VII secolo. La maggior parte dei rimedi menzionati erano conosciuti in generale nel Medio Oriente. Il libro comprende capitoli di anatomia, embriologia, fisiologia, igiene, febbre e pulsazioni, urologia e un ricco antidotario. In esso si trovano anche la più antica traduzione ebraica conosciuta degli Aforismi di Ippocrate, nonché i capitoli di Dioscoride e Galeno. Il libro contiene un "giuramento del medico", modellato su Ippocrate ma che lo supera di gran lunga nel contenuto etico. Il libro di Asaf non è significativo solo per gli storici moderni: ha avuto una notevole influenza sulla storia della medicina, in particolare per quanto riguarda i termini medici ebraici.

    Il periodo arabo in Oriente
    Dopo la conquista araba del Medio Oriente e della Spagna, comunità e centri di apprendimento ebraici iniziarono a fiorire a Faiyum in Egitto, Kairouan in Tunisia e Cordova in Spagna. Gli studi spesso includevano etica, filosofia, scienze e medicina. Gli studenti hanno acquisito esperienza in medicina assistendo i medici praticanti. Circa cento anni dopo la conquista araba del Medio Oriente, il nome del medico ebreo Māsarjuwayh di Bassora è menzionato come il primo di una lunga lista di uomini che tradussero in arabo un gran numero di opere greche e siriane. Purtroppo tutte le sue opere sono andate perdute e appare solo come riferimento frequente. Rabb ān al-Ṭabarī (Sahl), ebreo convertito all'Islam vissuto in Persia all'inizio del IX secolo, fu un noto medico, matematico e astronomo. Fu il primo a tradurre in arabo l'Almagesto di *Tolomeo . Suo figlio Ali al-Tabarī Abu al-Ḥasan, anche lui convertito, prestò servizio come medico di corte dei califfi dall'833 all'861 ed era rinomato come oftalmologo. Il suo Paradiso della Saggezza trattava di medicina, embriologia, astronomia e zoologia ed è stato uno dei primi libri di testo medici originali in arabo. È meglio conosciuto come l'insegnante del medico arabo Rhazes. Una delle personalità mediche più importanti del periodo fu Isaac Judaeus (Isaac Israeli). Si ritiene che sia stato il primo autore medico in arabo le cui opere furono portate in Europa, e i suoi libri sulla febbre, la dieta, l'uroscopia e la condotta etica dei medici furono considerati classici per diverse centinaia di anni. I suoi allievi eccezionali furono Abu al-Jazzār (un non ebreo) e *Dunash b. Tamim . Si diceva di lui che "visse cento anni, non fosse sposato, evitasse le ricchezze e scrisse libri importanti più preziosi dell'argento o dell'oro" (Saʿid b. Ahmad, studioso arabo del X secolo). I libri di Israeli furono tradotti per la prima volta in latino dal monaco Costantino l'Africano (1020–1087) e furono tutti stampati a Lione nel 1515.

    Anche i medici ebrei fiorirono in Europa durante questo periodo. Tra loro c'era Zedekias († 880), il primo medico ebreo registrato nella Franco-Germania. Fu medico personale di Luigi il Pio e di suo figlio Carlo il Calvo, ed era conosciuto come il "medico meraviglioso" (Muenz).

    La Scuola Salernitana
    Dal IX al XII secolo esisteva a Salerno, nell'Italia meridionale, un centro di studi medici, non influenzato, né deliberatamente né accidentalmente, dalla cultura araba penetrata nell'Europa meridionale. Gli inizi della Scuola Salernitana sono legati al nome dell'illustre medico ebreo Shabbetai *Donnolo , di Oria, in Calabria. La sua opera medica più famosa, Sefer ha-Yakar , elenca 120 diversi rimedi e la loro composizione. Si fa spesso riferimento alla medicina greca e in essa si trovano spesso termini ebraici come quelli usati da Asaph ha-Rofe. Non vi è, tuttavia, alcuna prova che l'autore conoscesse o accettasse la saggezza medica araba, anche se a quel tempo molte opere mediche arabe erano giunte nell'Italia meridionale attraverso i Saraceni di Sicilia. È interessante notare che il Sefer ha-Yakar fu anche la prima prosa ebraica scritta sul suolo europeo. Riferimenti ad altri medici ebrei esercitanti a Salerno e all'ebraico come lingua di insegnamento si trovano in vari documenti dell'epoca. Beniamino da Tudela (XII secolo ) si riferisce al medico Elia che incontrò durante la sua visita a Salerno. Nel complesso, però, gli ebrei che trasmise la filosofia araba e la scienza medica ebbe poca influenza sulla Scuola Salernitana, che si sforzò di sostenere la tradizione medica greca.

    Il periodo arabo-spagnolo
    Gli ebrei giocarono un ruolo influente nella storia culturale del periodo, a partire dalla conquista araba della Spagna nell'VIII secolo fino alla loro espulsione definitiva da Granada nel XV secolo . Come statisti, medici, matematici, filosofi e poeti raggiunsero posizioni elevate presso le corti sia dei principi moreschi che di quelli cristiani. Presso il Califfato di Cordova (X secolo) fu *Ḥasdai ibn Shaprut che, insieme ad un monaco, tradusse Dioscoride dal greco all'arabo. Circa un secolo dopo, Ephraim b. al-Zafran prestò servizio come medico del califfo d'Egitto. Zafran era un rinomato autore e bibliofilo e lasciò una biblioteca di oltre 20.000 libri. Un altro famoso medico ebreo dell'XI secolo fu Salāma ibn Ramḥamūn che visse al Cairo e le cui opere includono un trattato sulle cause delle scarse precipitazioni in Egitto e un altro che discute del motivo per cui le donne egiziane diventano robuste nei primi anni di vita. *Judah Halevi (fine XI secolo ), il famoso poeta-medico spagnolo, esercitò una grande influenza sui suoi contemporanei e sulle generazioni successive. Jonah ibn Bikhlarish (XI secolo ) dell'Andalusia, medico di corte del sultano di Saragozza, fu uno dei primi studiosi ebrei a imparare il latino. Intorno al 1080 compilò un dizionario delle droghe in siriaco, persiano, greco, latino e spagnolo, che si ritiene sia la prima opera del suo genere. Sheshet b. Isaac *Benveniste , medico di corte del re di Barcellona, ​​fu autore di un famoso trattato ginecologico in arabo. Il più importante medico-filosofo ebreo del periodo fu Maimonide. Nato a Cordova, fuggì con la famiglia in Nord Africa e presto raggiunse una reputazione mondiale come legislatore religioso, filosofo e medico. Nel 1170 divenne medico personale della famiglia del sultano Saladino d'Egitto e continuò a servirli fino alla sua morte. Maimonide scrisse dieci opere mediche, di cui le più importanti furono Pirkei Moshe ("Aforismi di Moshe") e Regimen Sanitatis . L'intero concetto di medicina di Maimonide si basa sulla convinzione che un corpo sano sia il prerequisito per un'anima sana. Ciò permette all'uomo di sviluppare le sue capacità intellettuali e morali e lo conduce verso la conoscenza di Dio e quindi verso una vita più etica. Per lui la guarigione è l'arte di riparare sia i difetti del corpo che i tumulti della mente. Un medico deve quindi possedere non solo le conoscenze tecniche della sua professione, ma anche l'intuito e la capacità di comprendere la personalità e l'ambiente del paziente. Maimonide divide la medicina in tre campi principali: medicina preventiva – la cura dei sani; la guarigione dei malati; e la cura e il trattamento dei convalescenti, compresi gli anziani. Pur appoggiandosi fortemente agli insegnamenti medici degli antichi greci, Maimonide mette in guardia contro la fede cieca nelle cosiddette autorità e sostiene il valore del pensiero chiaro e degli esperimenti. Le sue osservazioni mediche, diagnosi e metodi di guarigione menzionati nelle sue opere sull'asma, sui veleni, nei suoi responsa medici e nei commenti agli Aforismi di Ippocrate contengono innovazioni ai loro tempi e molte di esse sono ancora valide. Maimonide scrisse i suoi libri di medicina in arabo: la maggior parte di essi furono presto tradotti in ebraico e latino.

    Francia meridionale
    Alla fine del XII e all'inizio del XIII secolo furono fondati centri di cultura ebraici nel sud della Francia: ad Avignone, Lunel, Montpellier, Béziers e Carcassonne. Le condizioni degli ebrei in queste regioni erano generalmente leggermente migliori di quelle della Spagna, sebbene non sfuggissero a restrizioni, espulsioni e persecuzioni. Per un periodo compreso tra due e trecento anni, bolle papali e decreti sinodali si alternarono prima vietando e poi consentendo ai medici ebrei di esercitare la loro professione. Il principale servizio reso dagli studiosi ebrei della Francia meridionale, molti dei quali emigrarono dalla Spagna e dal Portogallo, fu la traduzione di opere arabe in ebraico e latino. Poiché alcune delle opere arabe originali erano andate perdute, furono preservate solo attraverso le loro traduzioni ebraiche. L'importante opera medica dell'inizio dell'XI secolo , il Canone di *Avicenna , fu tradotta più volte in latino ed ebraico. Il lavoro di traduzione fu accompagnato da una grande attività scientifica. La scuola di medicina di Montpellier dovette la sua fondazione in gran parte a studiosi ebrei, e vari documenti menzionano scuole "private" in cui la legge ebraica, la scienza e la medicina venivano insegnate a pagamento. Durante i secoli XV e XVI , quando alcune università furono chiuse agli ebrei, furono effettuate traduzioni ebraiche di opere mediche arabe e greche appositamente per gli studenti di medicina ebrei.

    Il più notevole della lunga lista di illustri traduttori fu la famiglia *Tibbon (Giuda ben Saul, Samuele, Mosè ), che durante i secoli XII e XIII tradusse la maggior parte delle opere scientifiche e filosofiche più conosciute, comprese quelle di Maimonide, dall'arabo all'ebraico. Altri eminenti traduttori del periodo furono Jacob b. Makhir (Prophatius Judaeus), un membro della famiglia Tibbon; Zerahiah ibn Shealtiel Ḥen; e Jacob ha-Katan, traduttore in ebraico dell'antidotarium di Nicolai e del trattato di Averroè sulla diarrea. Di particolare interesse è Abraham Shem Tov di Tortosa, che esercitò la professione a Marsiglia verso la fine del XIII secolo . Le sue opere, in particolare la sua traduzione dell'al- Tatzrif di Abu al-Qāsim al- Zahrāwī , sono di particolare importanza perché ha introdotto una nuova terminologia ebraica basata principalmente su termini usati nel Talmud. In altri lavori si occupa della necessità di studiare le scienze di base con tirocini negli ospedali, e del comportamento richiesto al medico quando visita i pazienti, soprattutto quelli poveri. Un altro illustre traduttore-medico fu Moses Farrachi b. Salem (Ferragut) del XIII secolo . Studiò medicina a Salerno e, su richiesta del re di Napoli, tradusse in latino il Continens di Rhazes e altre opere mediche arabe.

    L'influenza ebraica fu così forte che a Montpellier i ritratti di ebrei furono inclusi nelle targhe di marmo che commemoravano i primi maestri dell'università. Apparentemente lì fu anche una scuola di medicina ebraica a Lunel, che però non raggiunse l'eminenza dell'Università di Montpellier. Gran parte delle informazioni sulla storia antica di quest'ultimo e sui suoi rapporti con gli studiosi ebrei si trovano nella storia scritta da uno dei suoi diplomati, Jean *Astruc (1684–1766), un uomo di origine ebraico-spagnola, in seguito professore di medicina e successivamente medico di Luigi XV. La famiglia Saporta, anch'essa di origine marrana, occupa un posto di rilievo nella storia di Montpellier nel XVI secolo . Louis (I) Saporta proveniva da Lerida, fu nominato medico cittadino a Marsiglia nel 1490 e dal 1506 al 1529 fu professore all'Università di Montpellier. Suo figlio Luigi (II) vi studiò medicina e suo nipote Antonio divenne successivamente professore reale, decano e rettore dell'università (1560). Il suo pronipote Jean divenne professore nel 1577 e vicerettore nel 1603. La famiglia emigrò poi nelle colonie francesi d'America e il nome non compare nella storia successiva di Montpellier. La famiglia Sanchez, già nota in Portogallo e Spagna, divenne importante anche nella medicina del sud della Francia. Il membro più illustre fu Francisco *Sanchez (1562–1632), nominato professore di medicina e filosofia a Montpellier e successivamente a Tolosa, e pubblicò numerosi trattati di medicina. Jean Baptiste Silva (1682–1742), originario di Bordeaux e laureato in medicina a Montpellier, divenne medico del granduca di Baviera, il principe Luis Henry di Condé, e di Voltaire.

    Benvenutus Grapheus, di Gerusalemme, uno dei più famosi oculisti del Medioevo, visse nel XII secolo . Insegnò ed esercitò nell'Europa meridionale e probabilmente anche a Salerno. Le sue osservazioni e le cure consigliate per le malattie degli occhi prevalenti nell'Europa meridionale e in altri paesi del Mediterraneo sono di straordinaria accuratezza e le sue opere, tradotte in molte lingue europee, erano i libri di testo di oftalmologia più popolari dell'epoca. C'erano anche medici donne ebree che esercitavano in quel periodo. Tra loro c'era Sarah La Migresse, che visse e esercitò la professione a Parigi verso la fine del XIII secolo . A Marsiglia è stato ritrovato un accordo firmato nel 1326 tra Sara de Saint Gilles, vedova di Abraham , e Salvet de Bourgneuf, in base al quale la prima si impegnava ad insegnare al secondo "Artem medicine et physice", e a vestirlo e curarlo. per un periodo di sette mesi. In cambio, Salvet accettò di versare al suo insegnante tutti gli onorari come medico durante quel periodo. Sara di Würzburg ricevette la licenza dall'arcivescovo Giovanni II nel 1419 e sviluppò una redditizia pratica medica. Rebekah Zerlin di Francoforte (1430 circa) divenne famosa come oculista.

    Spagna e Portogallo cristiani
    Durante la maggior parte dei secoli XIII e XIV i medici ebrei nella Spagna cattolica godettero della protezione e del sostegno dei monarchi regnanti, anche se verso la fine di quel periodo l'Inquisizione divenne più attiva. L'elenco dei medici di spicco di quel periodo è lungo e solo pochi possono essere qui menzionati. Uno dei più importanti fu al-Fakhār († 1235), che ricevette il titolo di nasi ("principe") alla corte di Ferdinando III a Toledo. Un altro, Nathan b. Joel *Falaquera (seconda metà del XIII secolo ), scrisse un libro di medicina in ebraico sulla teoria e la pratica della medicina, delle terapie, delle erbe e dei farmaci e dell'igiene. Usò termini medici e botanici presenti nel Talmud. Abramo b. David Caslari di Narbonne e Béziers fu l'autore di Aleh Refu'ah ("La foglia della guarigione", 1326), un trattato sulle febbri, diviso in cinque libri, da utilizzare come vademecum su questi argomenti, e di un trattato sulle febbri febbri pestilenziali e di altro tipo, scritto nel 1349 quando la peste nera decimò la popolazione della Provenza, della Catalogna e dell'Aragona. Nel 1360, Meir n. Isaac *Aldabi , originario di Toledo che si recò a Gerusalemme a metà del XIV secolo , completò la sua esauriente Shevilei Emunah , una raccolta di insegnamenti filosofici, mistici e talmudici comprendenti capitoli sull'embriologia umana, anatomia, fisiologia, patologia e regole di salute.

    DOPO L'ESPULSIONE
    Alla fine del XV secolo gli ebrei furono espulsi dalla Spagna e dal Portogallo. Ancor prima molti eminenti medici erano immigrati in Nord Africa, Turchia, Grecia, Italia e Olanda. Molti furono convertiti forzatamente e alcuni continuarono a praticare in Spagna e Portogallo fino al XVIII secolo , nonostante la loro posizione precaria in quei paesi, dove erano costantemente minacciati di persecuzione. È un fatto storico che i marrani e i loro discendenti furono leader e pionieri della medicina in Europa e in Asia per diversi secoli, dal Rinascimento fino ai tempi moderni. Molti di loro si distinsero particolarmente nella letteratura medica. Il XVI secolo fu un periodo di immense esplorazioni, scoperte e progressi. Durante questo periodo – l’inizio della rinascita della medicina – molti illustri medici ebrei, in fuga dalla penisola iberica, conquistarono una reputazione mondiale in altri paesi. Tra loro c'era *Amatus Lusitanus , che studiò e praticò a Salamanca, Lisbona, Anversa, Italia e Grecia e la cui vita fu una saga di voli avventurosi da un paese all'altro. Le sue opere principali furono Centuria , la descrizione di 700 casi di malattia e una traduzione e un commento su Dioscoride. È anche famoso per la sua incessante battaglia contro la superstizione e la ciarlataneria medica.

    ALCUNE FAMIGLIE DISTINTE
    Abramo b. Samuel *Zacuto , detto Diego Roderigo, nacque nella città spagnola di Salamanca nel 1452 ed emigrò in Portogallo e Tunisi, dove divenne famoso come medico e astronomo. Il suo pronipote, *Zacutus Lusitanus , nato a Lisbona nel 1575, divenne medico a Salamanca e in seguito fuggì ad Amsterdam, dove divenne uno dei principali critici del suo tempo. Scrisse una storia della medicina in 12 volumi, De medicorum Principum , ed era noto anche per il suo codice etico per i medici, Introitus medici ad praxim .

    Dionysus Brudus (1470–1540), medico della corte portoghese che in seguito visse ad Anversa, scrisse importanti opere sul galenismo e sulla flebotomia. Suo figlio Manuel Brudus praticò a Venezia, in Inghilterra e nelle Fiandre e pubblicò lavori sulla dieta per le malattie febbrili che furono ampiamente letti. Luiz Mercado (XVI - XVII secolo ) di Valladolid scrisse un'opera medicofilosofica De Veritate (1604), oltre a numerose opere sulle febbri, sulla ginecologia, sulla pediatria, sulle malattie ereditarie e sulle malattie infettive. Isaac *Cardozo , nato in Portogallo nel 1610, divenne medico di corte del re Filippo IV a Madrid. Il medico e poeta del XV secolo Francesco Lopez de Villalobos fu uno dei primi a descrivere la lues (sifilide). Nel 1498 pubblicò anche una descrizione della peste bubbonica. Roderigo *Lopez era un internista e anatomista che fuggì dall'Inquisizione nel 1559 e divenne medico della regina Elisabetta I d'Inghilterra. Nel 1594 fu accusato di aver complottato per avvelenare Elisabetta e condannato a morte.

    La famiglia di de *Castro produsse molti illustri medici. Il più famoso fu Roderigo de Castro (c. 1550–1627), autore di un'opera ginecologica, Universa Muliebrium Medicina , e medico del re di Danimarca e di vari duchi e principi tedeschi. Suo figlio Benedict de Castro (nato nel 1597) iniziò a esercitare la professione ad Amburgo e in seguito divenne medico della regina di Svezia. Fu autore di Apologia , un'opera storico-medica che descriveva le conquiste dei medici ebrei e li difendeva dalle accuse di antisemitismo. Orobio de Castro fuggì dall'Inquisizione e si stabilì ad Amsterdam, dove divenne un famoso medico e leader della comunità ebraica. Jacob de Castro Sarmento (1692–1762), nato in Portogallo, si stabilì in Inghilterra e fu ammesso come membro della Royal Society nel 1730. La sua opera Agua de Inglaterra rivela una profonda conoscenza delle proprietà terapeutiche del chinino. Jacob Rodrigues *Pereira, del XVIII secolo , fu un pioniere nell'educazione dei sordomuti. Nato in Spagna, da genitori marrani, sfuggì all'Inquisizione, si stabilì a Bordeaux e abbracciò l'ebraismo . All'età di 19 anni iniziò la sua campagna per il miglioramento della condizione dei sordomuti, e continuò nel compito prescelto per 46 anni, dimostrando grande abilità nell'insegnare la parola ai sordomuti congeniti. Ha inventato un linguaggio dei segni per i sordomuti. Il destino di Antonio Ribeira Sanchez illustra quanto vasta fosse l'influenza dei medici ebrei in quel periodo. Marrano portoghese, fuggì dall'Inquisizione in Olanda all'inizio del XVIII secolo e divenne allievo del famoso medico olandese Boerhaven. Nel 1740 si recò in Russia come medico personale delle zarine Elisabetta e Caterina II. Tuttavia, quando divenne nota la sua origine ebraica, fu minacciato di morte e con grande difficoltà fuggì a Parigi, dove divenne un eminente medico e introdusse il soblimat nella terapia della sifilide.

    Un gran numero di medici ebrei si stabilirono anche in Turchia, dove privati ​​cittadini, sultani, visir e pascià apprezzavano la loro abilità, conoscenza medica e il loro elevato standard etico. Nel XV secolo Joseph *Hamon , medico di Granada, si recò in età avanzata a Costantinopoli, dove divenne medico di corte. Per quasi un secolo alcuni membri della famiglia Hamon ricoprirono la carica di medico di corte ed esercitarono una grande influenza pubblica. Anche i medici marrani furono tra i pionieri dell’India orientale. Il primo tra loro fu Garcia de *Orta , nato in Portogallo. Nel 1534 si recò in India e lì studiò e raccolse piante e farmaci orientali. Il suo Colloquios dos simples Drogas e cosas medicinas de India , apparso nel 1563 sotto forma di dialoghi, non è solo il primo ma anche il contributo più importante su questo argomento alla medicina europea dell'epoca. Dodici anni dopo la sua morte il suo corpo fu riesumato e bruciato dall'Inquisizione come sospetto ebreo. A questo stesso gruppo appartiene Cristoval d'*Acosta (1515–1580), medico e botanico marrano nato in Mozambico, che visse e viaggiò in India e nel Medio Oriente. Completò e ampliò l'opera del de Orta.

    Italia
    Numerosi medici ebrei italiani furono anche rabbini e leader delle loro comunità, soprattutto a Roma, Ferrara, Mantova e Genova. Le università italiane, in particolare quelle di Padova e Perugia, furono tra le poche che consentirono agli ebrei di accedere alle facoltà di medicina in un momento in cui la maggior parte delle altre università europee erano loro chiuse. Le comunità ebraiche d'Italia si arricchirono anche grazie all'afflusso di studiosi e medici ebrei e marrani in fuga dalle persecuzioni dell'Inquisizione in altri paesi. In vari periodi gli ebrei agirono come medici personali di papi, cardinali, vescovi e duchi. Così Papa Niccolò IV (1287–92) ebbe alla sua corte il medico Isaac b. Mordecai, meglio conosciuto come Maestro Gajota. Nel 1392 Bonifacio IX nominò suo medico e familiare Angelo, figlio di Manuele l'Ebreo. Emanuele B. Salomone, noto come *Emmanuele di Roma , era un medico praticante degno di nota, che scrisse su vari disturbi fisici e psichici. * Hillel b. Samuele da Verona, che esercitò a Ferrara, fu medico e traduttore distinto. Un altro famoso medico e traduttore fu *Kalonymus b. Kalonymus , originario di Arles, nel sud della Francia, poi trasferitosi a Roma. Tradusse alcuni scritti di Galeno dall'arabo all'ebraico e divenne famoso per la sua accuratezza e il suo stile letterario. Privilegi speciali ed esenzioni fiscali di solito accompagnavano la nomina dei medici di corte. Tuttavia, i periodi di clemenza verso gli ebrei erano solitamente seguiti da periodi di restrizioni e persecuzioni. È stato suggerito che la popolarità dei medici ebrei in Italia, nonostante le innumerevoli restrizioni, gli aspri attacchi e le calunnie, fosse dovuta alla fede superstiziosa dei cristiani nelle arti "magiche" degli ebrei. Ammiravano anche i medici ebrei per la loro dedizione altruistica alla loro professione, e non è irrilevante la scarsità di medici cristiani, soprattutto durante i periodi di epidemia.

    IL XV E IL XVI SECOLO
    Un certo numero di illustri ebrei italiani apparvero nel campo della medicina durante i secoli XV e XVI . Saladino Ferro d'Ascoli (XV - XVI secolo ) fu riconosciuto come il principale farmacista del suo tempo e la sua opera di farmacologia costituì il libro di testo fondamentale per tutti i farmacisti fino al XVIII secolo . Bonet de *Lattes (morto nel 1515), originario della Provenza, divenne medico dei papi Alessandro VI e Leone X. Fu anche giudice della più alta corte italiana di appello e rabbino della comunità ebraica di Roma. Filoteo Eliajus Montalto (morto nel 1616) fuggì in Italia dall'Inquisizione portoghese. Nel 1606 divenne medico del granduca Ferdinando di Firenze e nel 1611 medico personale della regina Maria de' Medici di Francia. Per ordine della regina fu sepolto nel cimitero ebraico di Amsterdam. La sua opera Archipathologia , che trattava di malattie del sistema nervoso e disturbi mentali, fu ampiamente utilizzata ai suoi tempi e spesso citata da scrittori medici successivi. Roderigo de Fonseca nel XVI secolo si guadagnò la reputazione grazie alle sue chiare diagnosi e descrizioni di malattie interne, febbri, chirurgia e farmacologia. Benjamin *Mussafia si distinse come medico, filologo, studioso e rabbino. Servì come medico personale del re danese Cristiano IV. Una delle personalità più importanti dell'epoca fu il rabbino Jacob *Ẓahalon , nato a Roma e poi medico a Ferrara. Nel suo libro Oẓar ha-Ḥayyim descrisse le misure igieniche contemporanee e la peste bubbonica a Roma nel 1656. Usò numerosi nuovi termini medici ebraici e ridefinì gli obblighi morali del medico ebreo nei confronti della sua professione. Giuseppe Salomone *Delmedigo studiò medicina a Padova e fu allievo di Galileo. Dopo molti anni di studio e viaggi si stabilì in Polonia e divenne medico personale del principe Radziwill. È famoso come rabbino, medico, filosofo e matematico. Durante i secoli XVII e XVIII la famiglia di Conegliano divenne importante come medici e insegnanti di medicina a Venezia. David de Pomis (1525–1593) di Spoleto divenne medico di papa Pio IV. Oltre a vari trattati di medicina, scrisse il famoso De Medico Hebreo Enarratio Apologica , una difesa erudita del medico ebreo. La comunità ebraica in Italia, tuttavia, decadde durante la seconda metà del XVII e il XVIII secolo . Solo con la Rivoluzione francese e la conquista dell'Italia da parte di Napoleone gli ebrei d'Italia tornarono in vita.

    I Paesi del Nord
    Nei paesi del nord – Germania, Polonia, Russia – solo dalla metà del XVII secolo in poi si ebbero medici ebrei degni di nota , molti dei quali profughi dai paesi dell'Inquisizione. Tuttavia, già nell'XI secolo un libro di medicina era stato scritto in ebraico da R. Saadiah di Worms. A poco a poco, le università dei Länder tedeschi aprirono le porte agli ebrei. Intorno alla metà del XVII secolo il granduca di Brandeburgo permise agli ebrei di entrare all'Università di Francoforte sull'Oder. Uno dei primi a studiare lì fu Tobias b. Mosè *Cohn di Metz. Tuttavia, non riuscì a conseguire la laurea e quindi andò a Padova per conseguire la laurea in medicina. Esercitò in Polonia e in seguito divenne medico di cinque sultani successivi a Costantinopoli. La sua Ma'aseh Tuviyyah è quasi un'enciclopedia e comprende medicina, scienze, filosofia e parte di un dizionario. Dall'inizio del 18 secolo aumentò il numero dei medici ebrei praticanti in Germania, Cecoslovacchia, Inghilterra e Polonia. Tra i medici ebrei di quel periodo figurano Marcus Eliezer *Bloch , un famoso medico di base a Berlino durante la metà del XVIII secolo ; Gumperz (Georg) Levison, che si distinse come medico, autore medico e organizzatore in Inghilterra e in Svezia durante la seconda metà del XVIII secolo ; Elias Henschel, pioniere dell'ostetricia moderna; e Marcus *Herz , un eccezionale filosofo, insegnante e medico.

    [Suesmann Muntner]

    L'ERA MODERNA
    19esimo secolo _
    Quando Giuseppe II d’Austria proclamò l’Atto di Tolleranza nel 1782 e quando, poco dopo, la Rivoluzione francese portò con sé l’emancipazione degli ebrei in tutta l’Europa occidentale, le porte delle scuole di medicina europee furono spalancate agli studenti ebrei. L’importanza del contributo dato dai medici ebrei al successivo progresso medico è enorme. La qualità e la quantità di questo contributo si riflettono negli elenchi dei premi Nobel e dei vincitori di altri premi, nei dizionari delle sindromi e delle malattie eponimiche e negli elenchi di autori e ricercatori medici. Nell’arco di quasi due secoli e estendendosi a molti paesi, la partecipazione ebraica alla medicina moderna sfida la rigida categorizzazione all’interno di strutture di paesi e secoli. Frequenti cambiamenti demografici si sono verificati a seguito di eventi globali che non sempre hanno coinciso con la “svolta” di un secolo. In effetti, un futuro storico potrebbe scegliere gli anni ‘30 come il decennio spartiacque, durante il quale la corrente principale dell’attività medica ebraica venne deviata dall’Europa all’America, in coincidenza con l’ascesa della medicina americana rispetto a quella europea.

    La distribuzione geografica degli ebrei che praticavano la medicina nel 19 secolo rifletteva l'incongruenza tra le dimensioni delle comunità ebraiche e il loro numero di medici e scienziati. A causa delle restrizioni praticate dalle scuole di medicina russe, i giovani della più grande comunità ebraica del mondo si recarono all'estero per proseguire gli studi di medicina. Coloro che tornavano dovevano superare esami speciali per ottenere la licenza. Solo nel 1861 furono ammessi nell'esercito e nel servizio civile, e solo nel 1879 fu loro concesso il permesso di vivere oltre il *Pale of Settlement . Anche quando i medici ebrei superarono con successo le principali restrizioni e difficoltà, raramente fu loro permesso di partecipare pienamente alle attività mediche incentrate sull’università.

    D’altro canto i medici ebrei furono ampiamente coinvolti nella vita accademico-scientifica dell’Europa centrale e occidentale. In Austria e in Germania questo coinvolgimento non è però avvenuto all’improvviso. Sebbene le porte delle università fossero aperte per l’ammissione, le porte interne al riconoscimento accademico rimasero parzialmente chiuse durante la prima metà del secolo. Nella migliore delle ipotesi, un ebreo potrebbe sperare di diventare un docente privato o un professore "titolare". E anche dopo che la lotta per il riconoscimento accademico fu vinta, gli ebrei non furono i benvenuti nelle specialità controllate dall’establishment, come la chirurgia. Di conseguenza tendevano a coltivare campi che non attraevano i loro colleghi non ebrei.

    Un esempio eccezionale di questa tendenza è la dermatologia-ve-nereologia. Quando Ferdinand von Hebra rilevò la Kraetze Klinik a Vienna, poté reclutare solo assistenti ebrei, alcuni dei quali – Moritz *Kaposi , Isador Neumann (1832–1906) e Heinrich Auspitz (1835–1886) – divennero famosi in tutto il mondo. In Germania, dove la dermatologia veniva spesso chiamata con disprezzo "Judenhaut", Paul *Unna , Oskar *Lassar e Josef *Jadassohn si guadagnarono la reputazione di pionieri nella loro specialità. In Svizzera Bruno Bloch (1878–1933) fece di Zurigo un centro didattico internazionale. La predilezione per i campi trascurati può anche spiegare la preminenza ebraica nella biochimica, nell'immunologia, nella *psichiatria e nell'ematologia, istologia e patologia microscopica - scienze che all'epoca venivano collettivamente chiamate "microscopia". Il microscopio attirò i medici ebrei, molti dei quali unirono lo studio della microscopia con la pratica e l'insegnamento della medicina clinica. Tra questi uomini spiccarono Ludwig *Traube , un grande insegnante e pioniere della patologia sperimentale, dell'anatomia e della neuroistologia; Robert *Remak , un pioniere dell'embriologia, della neuroistologia e dell'elettroterapia; Moritz *Romberg , il fondatore della neuropatologia; e il chirurgo Benedict *Stilling , la cui scoperta dei nuclei nervosi fu un punto di svolta nella neurologia di base. Questi ricercatori gettarono le basi della neurologia moderna, che annoverava tra i suoi grandi nomi Leopold *Auerbach , Ludwig *Edinger e Herman *Oppenheim – scopritori di molti disturbi neurologici che ora portano i loro nomi.

    La microscopia veniva praticata anche da ricercatori che si dedicavano esclusivamente alla scienza di base. A questa categoria appartiene l'istologo-anatomista Jacob *Henle , che anticipò la teoria dei germi dell'infezione; Gabriel *Valentin , che ha arricchito ogni ramo della scienza di base; l'istologo-patologo Julius *Cohnheim , che dimostrò che le cellule del pus derivano dal sangue; i fisiologi Hugo *Kronecker , Rudolf *Heidenhain , Nathan Zuntz e Hermann *Munk , che furono pionieri in questo campo; e Carl *Weigert , i cui nuovi concetti e tecniche di colorazione hanno fatto avanzare molte scienze, in particolare la batteriologia. I contributi ebraici alla batteriologia risalgono al botanico Ferdinand Cohn (1828–1898), che stabilì la natura vegetale dei batteri (1853). Questi contributi aumentarono durante l’ultima parte del secolo, quando la batteriologia e l’immunologia divennero parte integrante della medicina. Gli ebrei divennero noti nella scoperta dei batteri e nello sviluppo di metodi immunologici per diagnosticare e prevenire le infezioni batteriche. Di spicco in questo campo furono Fernand *Widal , che ideò un test per la febbre tifoide e per la sua prevenzione; Mordecai Waldemar *Haffkine , che preparò vaccini contro il colera e la peste; August von *Wasserman , che ha studiato antitossine e antisieri; e il premio Nobel Paul *Ehrlich , il padre dell'ematologia, della chemioterapia e dell'immunologia teorica.

    Allo stesso tempo, anche la medicina clinica riceveva contributi ebraici. Tra gli internisti eccezionali c'erano Heinrich von *Bamberger , per i suoi contributi alla cardiologia; Hermann *Senatore , per il suo lavoro sui reni; e Ottomar Rosenbach (1851–1907), per le sue ricerche sulle malattie funzionali e sulla psicoterapia. Pediatri eccezionali furono Edward Henoch (1820-1910) che descrisse una malattia emorragica che porta il suo nome; Adolf *Baginsky che studiò la nutrizione e le malattie infettive; e Max Kassowitz (1842-1913) che fecero luce sulla sifilide congenita e sul rachitismo. Gli ebrei erano importanti anche nell'otorinolaringoiatria, una specialità fondata da Adam *Politzer , e nell'oftalmologia, con contributi che vanno dal 1810, quando George Gerson (1788–1844) studiò l'astigmatismo, fino alla fine del secolo, quando Karl *Koller iniziò a studiare l'astigmatismo. utilizzare l'anestesia locale nel trattamento delle malattie degli occhi. L'ostetricia e la ginecologia devono molto a Samuel *Kristeller , Wilhelm Freund (1833–1917) e Leopold *Landau per nuovi concetti, osservazioni e tecniche operatorie. La radioterapia fu fondata nel 1897 da Leopold Freund (1868–1944). Anche la chirurgia, specialità non troppo accessibile agli ebrei, contava molti notabili. Anton Wolfeer (1850-1917) eseguì la prima gastroenterostomia nel 1881, James Israel (1848-1926) fu il pioniere della chirurgia urologica e Leopold Von Dittel (1815-1898) ideò nuove tecniche e strumenti chirurgici. Anche i medici ebrei hanno contribuito alla storia della medicina. Storici famosi furono August *Hirsch , Judah *Katzenelson e Julius *Pagel .

    Da alcuni dei nomi sopra citati risulta evidente che il contributo ebraico alla medicina non era limitato ai paesi di lingua tedesca. In Francia molti medici ebrei raggiunsero l'eminenza. Julius Sichel (1802–1868) fondò la prima clinica oculistica a Parigi nel 1830; Michel Levy (1809–1872) introdusse nuovi concetti nel campo della sanità pubblica; Georges Hayem (1841-1933) fu il pioniere dell'ematologia; e Fernand Widal ha avuto un impatto mondiale con il suo lavoro sull'individuazione e la prevenzione della febbre tifoide. In Danimarca furono attivi nella prima metà del secolo il grande anatomista Ludvig *Jacobson e il pioniere delle malattie professionali, Adolph *Hannover ; e gli epidemiologi Carl * Salomonsen e "il padre della pediatria in Danimarca", Harold Hirschprung (1830-1916), durante il secondo. L'Olanda fu la patria del fisiologo Van Deen (1804–1869); L'Italia dell'anatomista-fisiologo-psichiatra Cesare *Lombroso , le cui opinioni sulla criminologia sono state ormai screditate; e la Polonia, dell'anatomista Ludwig *Hirszfeld , del neurologo Samuel Goldflam (1852–1930) e dell'oftalmologo Ludwig *Zamenhof , il creatore dell'esperanto. L'Inghilterra nominò cavaliere il suo più grande laringologo Sir Felix *Semon . Anche la Russia restrittiva onorò l'illustre oftalmologo Max *Mandelstamm con il titolo di "Privatdocent" e il fisiologo Elie de-*Cyon con una cattedra (1872).

    In America, dove la comunità ebraica era piccola e la scienza medica non era ancora avanzata, i contributi ebraici alla medicina erano modesti e spesso legati all’organizzazione, all’amministrazione e alla fondazione di ospedali quanto alle attività scientifiche. Il chirurgo oftalmico Isaac Hays (1796–1879) fu editore dell'influente American Journal of Medical Sciences (1827) e uno dei fondatori dell'American Medical Association. Giacobbe da Silva *Solis- Cohen , un pioniere della laringologia che eseguì la prima laringectomia per cancro laringeo (1867), fu il "padre" riconosciuto dell'istruzione organizzata nella sua specialità. Un altro "padre" – quello della pediatria americana – Abraham Jacobi fu il fondatore dell'American Pediatric Society e nei suoi ultimi anni (1910), il presidente dell'American Medical Association. I medici ebrei furono attivi anche nella creazione e nel personale degli ospedali ebraici che fornivano formazione a stagisti e residenti ebrei. Col tempo questi ospedali divennero importanti centri di ricerca affiliati alle scuole di medicina che assorbirono molti studenti ebrei.

    Sfide per scienziati medici e medici ebrei
    Dall'inizio del XX secolo la medicina ha subito profondi cambiamenti . I progressi nella scienza medica hanno gradualmente trasformato la pratica clinica da un’abilità largamente pragmatica basata sull’esperienza aneddotica in una disciplina sostenuta da osservazioni cliniche e di laboratorio verificate. Il ritmo crescente della scoperta scientifica continua a offrire possibilità terapeutiche di complessità e costi senza precedenti. L’insegnamento medico è passato dall’apprendistato a insegnanti individuali con vari gradi di abilità e conoscenza all’istruzione organizzata nelle università con corsi e insegnanti con credenziali accademiche adeguate. Prima degli anni ’50 raramente ai pazienti venivano fornite spiegazioni sulla loro malattia e sul trattamento. I pazienti ora hanno un accesso immediato alle conoscenze mediche e si aspettano di essere coinvolti nelle decisioni relative alla loro gestione clinica. Hanno anche aspettative crescenti in termini di standard di assistenza medica. Il cambiamento di atteggiamento e i progressi tecnici hanno reso l’etica parte integrante della pratica clinica. In generale, una panoramica del contributo ebraico alla medicina nei tempi moderni deve considerare i progressi della conoscenza scientifica, l’applicazione di questa conoscenza alla pratica clinica, l’educazione medica, l’organizzazione della pratica medica e l’adeguata educazione e partecipazione dei pazienti.

    La medicina nel mondo ebraico deve tenere conto di quattro fattori particolari. In primo luogo, le decisioni cliniche sono spesso influenzate dall’etica ebraica che differisce in varia misura dai vincoli legati ad altre forme di adesione religiosa. In secondo luogo, l’antisemitismo culminato nella influenzò profondamente la vita degli scienziati e dei medici ebrei. In terzo luogo, vi è un forte incentivo ad applicare la ricerca e le competenze cliniche alle malattie alle quali gli ebrei sono geneticamente predisposti (vedi *Malattie ereditarie). Infine, la creazione dello Stato di Israele ha creato la necessità di ricerca medica, insegnamento e servizi sofisticati in una regione inizialmente caratterizzata da malattie infettive endemiche, a fronte di una massiccia immigrazione, di guerre e del continuo terrorismo.

    Contributi alla scienza medica
    I progressi nella medicina clinica hanno seguito i progressi nelle scienze biomediche e lo sviluppo di nuove tecnologie. La ricerca biomedica tra l'ultimo quarto del XX e l'inizio del XXI secolo è caratterizzata da una migliore comprensione dei processi molecolari e patologici, dalla decifrazione del genoma umano e dalla spiegazione di complessi processi intracellulari. Ciò ha portato alla progettazione di terapie mirate e specifiche per la malattia e allo sviluppo di tecnologie non invasive. Ricercatori e medici ebrei hanno dato un contributo significativo a questi progressi.

    Nella voce vengono presi in considerazione i contributi ebraici ai progressi della scienza di base che hanno trasformato la pratica medica *Scienze della vita . Spesso le implicazioni di queste scoperte per la medicina non sono inizialmente evidenti. Ci sono ulteriori aree di ricerca scientifica che sono fin dall’inizio più chiaramente rilevanti per la medicina alle quali gli ebrei hanno dato importanti contributi. Tuttavia, nella ricerca medica come in quella scientifica, è diventato sempre più difficile individuare specificamente i contributori ebrei a un’impresa globale che è per la maggior parte ora portata avanti da grandi team interdisciplinari, che spesso lavorano in istituti diversi.

    MALATTIE INFETTIVE
    All'inizio del XX secolo le infezioni rappresentavano la principale causa di morbilità e mortalità umana. Una maggiore comprensione dell’immunità e della resistenza naturale alle infezioni porta a progressi diagnostici ed eventualmente terapeutici. August von *Wasserman introdusse il primo test diagnostico per la sifilide (1906).

    Bela *Schick ha ideato un test diagnostico per rilevare l'esposizione a C. diphtheriae, la causa della difterite. Il lavoro di Michael *Heidelberger sulla struttura e sulla funzione degli anticorpi ha gettato le basi per la protezione e il trattamento delle infezioni con anticorpi preformati (immunizzazione passiva). Gli sviluppi nella produzione di vaccini (immunizzazione attiva) hanno reso possibile questo a Jonas *Salk e Albert *Sabin di produrre vaccini con la potenziale capacità di eliminare la poliomielite.

    Anche i progressi nella produzione di farmaci hanno ridotto il rischio di infezione. *Il sogno di Ehrlich di una "proiettile magica", che distruggerebbe selettivamente i batteri come il salvarsan fa con le spirochete, è stato parzialmente realizzato dalla scoperta dei sulfamidici e degli antibiotici. Nel 1940 Sir Ernst Boris * penicillina isolata a catena, il primo antibiotico naturale ad essere scoperto. La streptomicina fu isolata nel 1944 e la neomicina nel 1948 da Selman *Waksman della Rutgers University. Harry Eagle (1905–1992) e Maxwell Finland (1902–1987) apportarono importanti contributi al progresso della terapia antibiotica ideando metodi accurati per misurare la potenza, la specificità antibatterica e la sicurezza degli antibiotici. Sfortunatamente, la resistenza microbica agli antibiotici minaccia di invertire la relativa sicurezza raggiunta nell’età dell’oro del trattamento farmacologico. Stanley Farber scoprì un meccanismo importante nello sviluppo della resistenza agli antibiotici, vale a dire la capacità di frammenti di geni chiamati plasmidi di conferire resistenza a batteri precedentemente sensibili. La lotta alle infezioni dipende anche dagli sforzi degli scienziati che comprendono la biologia e l’epidemiologia delle infezioni, come esemplificato dalla ricerca di Baruch *Blumberg e Barry Bloom. Anche un'attenta osservazione clinica fa parte del processo di controllo delle infezioni, come illustrato dalla delucidazione di Saul Krugman sulle numerose cause dell'"epatite infettiva".

    BIOLOGIA CELLULARE E CANCRO
    I collegamenti tra biologia cellulare e ricerca sul cancro sono ottimi esempi del contributo della ricerca di base alla medicina. Ad esempio la formazione di nuovi i vasi sanguigni (angiogenesi) sono essenziali per la crescita e la metastasi del tumore. Le scoperte di Judah *Folkman in questo campo indicano la strada a nuove forme di trattamento che potrebbero impedire questo processo. L’applicazione della genetica di base alla biologia delle cellule maligne ha illuminato molte aree della ricerca sul cancro in cui le mutazioni ereditarie o acquisite sono di fondamentale importanza. Un esempio pertinente è il lavoro di Bert Vogelstein (1949–) nella comprensione delle basi molecolari del cancro del colon-retto. Le speranze di lunga data di manipolare il sistema immunitario dei pazienti per respingere il cancro sono state fortemente incoraggiate dal lavoro innovativo di George *Klein .

    DISTURBI DEL SANGUE
    I progressi nel campo dell’immunologia hanno migliorato la nostra comprensione di molte malattie ematologiche e hanno anche influenzato la pratica clinica. La ricerca di Gerald *Edelman sulla struttura delle immunoglobuline ha chiarito la natura del mieloma e di altre malattie neoplastiche caratterizzate da una produzione anomala di immunoglobuline. La scoperta e la classificazione dei gruppi sanguigni da parte di Karl *Landsteiner e dei suoi associati Philip *Levine e Alexander Wiener (1907–1976), razionalizzò la pratica fino ad allora casuale e pericolosa della trasfusione di sangue. I loro risultati hanno inoltre rivelato la natura dei disturbi del sangue derivanti da attacchi immunitari contro gli antigeni dei gruppi sanguigni, in particolare la malattia emolitica del neonato. Gli investigatori ebrei hanno contribuito alla soluzione di altri problemi ematologici. William *Damashek fu responsabile della classificazione logica di molte malattie del sangue immunomediate e neoplastiche e fu anche un innovatore nel trattamento della leucemia con farmaci antiproliferativi. Robert B. Epstein (1928–) collaborò con ED Thomas al primo trapianto di midollo osseo riuscito. Louis Klein *Diamond fece grandi progressi nella classificazione e nella caratterizzazione di molte malattie del sangue dell'infanzia e dell'infanzia. Ernest Jaffe (1925–) contribuì alla comprensione della sintesi dell'emoglobina. Ernest Beutler (1928–) delucida molti aspetti del metabolismo del ferro nella formazione dei globuli rossi e propone un mezzo per tracciare l'origine cellulare di molte malattie derivate dal midollo osseo. Maxwell *Wintrobe sviluppò l'ematologia come disciplina clinica e di laboratorio.

    MALATTIE IMMUNOLOGICHE
    Gli scienziati ebrei hanno dato contributi eccezionali alla comprensione delle basi molecolari e delle manifestazioni cliniche dei disordini immunitari, un campo che ha assunto crescente importanza nell’allergia, nella medicina dei trapianti e nell’autoimmunità. Alexander *Besredka dell'Istituto Pasteur di Parigi è stato un pioniere nella ricerca sulle allergie. L'attuale comprensione delle basi farmacologiche dei disturbi allergici deve molto alle scoperte di Baruj *Benacerraf . Ernest Witebsky (1901–1969) e Felix Milgrom (1919–) fecero importanti osservazioni sui meccanismi immunitari alla base delle malattie autoimmuni. Robert Schwarz (1928–) introdusse nuove strategie sperimentali e terapeutiche basate sul concetto che il sistema immunitario nell'autoimmunità perde la capacità di distinguere tra sé e non sé, un difetto chiamato "perdita di tolleranza". Peter *Lachmann ha contribuito a delineare il ruolo di un sistema del complemento disturbato in queste malattie. Fred *Rosen (1930–2005) è stato un'autorità mondiale nella gestione delle malattie da immunodeficienza ereditaria nell'infanzia. La disponibilità di anticorpi monoclonali derivante dal lavoro di Cesar *Milstein ha fornito immensi benefici per la ricerca e la pratica clinica in molti campi.

    MALATTIE NUTRIZIONALI
    Casimir *Funk introdusse il concetto di carenza di vitamine (che chiamò "vitamine") nella nutrizione e nella medicina. Riconobbe che il beriberi è causato da una carenza nutrizionale e isolò anche l'acido nicotinico, un membro del complesso vitaminico B. Joseph *Goldberger dedusse che la pellagra è una malattia derivante da carenza di vitamine. Negli anni '20 Alfred Hess, lavorando in parallelo con Harry Steenbock, avviò l'importante campo che delineava la relazione tra carenze di vitamina D, rachitismo e altri disturbi ossei.

    MALATTIE METABOLICHE
    Nel XX secolo , i progressi nella comprensione delle malattie metaboliche hanno subito molte trasformazioni di approccio e di tecnica, alla quale scienziati e medici ebrei hanno apportato contributi di fondamentale importanza. La mappatura dei percorsi biochimici nella salute e nella malattia è dipesa dalle scoperte di laboratorio sugli animali da esperimento, dall’introduzione di metodi di indagine eticamente accettabili negli esseri umani, dal miglioramento delle tecniche di analisi di laboratorio e dall’adattamento della genetica molecolare a questo campo.

    L’alto tasso di prevalenza di molte malattie metaboliche nelle popolazioni ebraiche rende questa area di particolare interesse ebraico. Il diabete mellito, oggi riconosciuto in due forme principali, è un esempio convincente. Nel 1899, Oskar Minkowski (1855-1931) dimostrò l'associazione tra diabete e pancreas e nel 1920 Moses Barron (1883-1961) descrisse osservazioni del pancreas che suggerirono l'approccio sperimentale che portò alla scoperta epocale dell'insulina da parte di Banting e Best. Rachmiel Levine (1910–1998) ha dimostrato che l'insulina promuove il trasporto del glucosio dal sangue alle cellule, un processo chiamato "effetto Levine". Il progresso in altri campi fu aiutato dalle osservazioni di biochimici ebrei come Seymour Reichlin e, più fondamentalmente, dalla descrizione delle principali vie metaboliche di Max *Meyerhof e Hans *Krebs e molti altri. Un esempio chiave della correlazione tra predisposizione genetica a problemi metabolici come il diabete di tipo II, disturbi del metabolismo lipidico e obesità è fornito dalle osservazioni di Jeffrey Friedman, Sir Philip *Cohen e altri ricercatori.

    MALATTIE ENDOCRINE
    Le malattie endocrine illustrano la necessità di mettere insieme molti temi disciplinari al fine di comprendere i meccanismi delle malattie e la predisposizione a queste malattie. Scienziati medici ebrei hanno contribuito agli studi genetici, metabolici, farmacologici e immunologici necessari per esplorare le basi delle malattie endocrine come il diabete e le malattie della tiroide. Tuttavia, fondamentale per i progressi in questo campo è stato lo sviluppo di metodi precisi per misurare i livelli ormonali a fini di ricerca e clinici. Rosalyn Sussman *Yalow e Andrew *Schally lo erano in gran parte responsabile delle tecniche di analisi che hanno reso possibili queste misurazioni e che hanno anche accelerato la ricerca in molti altri campi.

    MALATTIE DEL CUORE, DEI POLMONI E DEI RENI
    I campi delle malattie cardiovascolari, polmonari e renali hanno molti contributori ebrei pionieristici. Arthur *Master ha introdotto il concetto di insufficienza coronarica e il "Master Step Test" per la sua rilevazione; Louis Katz (1897–1973) delucida i principi dell'emodinamica cardiovascolare, del metabolismo e dell'elettrofisiologia, campi di ricerca arricchiti anche da Simon Dack (1908–1994), Richard Bing (1909–), Eugene Braunwald (1929–) ed Eliot Corday (1913–1999). Michel Mirowski (1924–1990) ha inventato il cardiodefibrillatore automatico impiantabile (AICD) che ha trasformato la gestione delle aritmie cardiache potenzialmente letali. La graduale introduzione di metodi chirurgici per il trattamento dei problemi cardiovascolari rese necessario lo sviluppo di una biotecnologia sempre più sofisticata alla quale Adrian Kantrowitz (1918–) ha dato molti contributi indispensabili. Nuovi approcci allo studio della circolazione polmonare sono stati introdotti da Alfred P. Fishman (1918–). Arthur Maurice Fishberg (1898–1992) correlò le manifestazioni patologiche e cliniche della malattia renale. Nel 1934 Harry Goldblatt (1891–1977) dimostrò il meccanismo dell'ipertensione secondaria causata dalla malattia vascolare renale. Kurt Lange (1906–?) studiò gli aspetti immunologici, biochimici e patologici delle malattie renali nei bambini.

    GASTROENTEROLOGIA
    All'inizio del XX secolo , Max Einhorn (1862–1953) e Samuel Weiss (1885–?) furono tra i primi medici a sviluppare la gastroenterologia come specialità medica. Nel 1931 Burrill *Crohn descrisse la malattia infiammatoria intestinale a lui intitolata e Heinrich Necheles (1897–1979), Joseph Kirsner (1909–?) e Leon Schiff (1901–?) ampliarono la nostra comprensione della fisiopatologia e della terapia di molti disturbi gastrointestinali e malattie del fegato. La crescente conoscenza ha prodotto la necessità di istituire dipartimenti dedicati alla ricerca e al trattamento di pazienti affetti da questi disturbi, del tipo istituito da Henry *Janowitz al Mount Sinai Hospital di New York.

    NEUROLOGIA
    I progressi nella neurologia clinica dipendono in gran parte da una maggiore comprensione della struttura e della funzione del cervello. Scienziati ebrei hanno preso parte a questo problema dagli albori della ricerca di Joseph *Erlanger sulla conduzione nervosa fino alla dissezione di Richard *Axel dei percorsi rilevanti per la funzione olfattiva. Tra i neurologi clinici che fecero i primi tentativi di correlare malattia e patologia di base vi furono Bernard Alpers, che studiò la neurosifilide e le malattie vascolari degenerative; Benjamin Boshes, che ha studiato la malattia di Parkinson; e Leo Alexander che ha studiato la sclerosi multipla. Israel *Wechsler compilò uno dei primi libri di testo sistematici sulla neurologia clinica (1927), che divenne un'opera standard.

    DERMATOLOGIA
    Tradizionalmente si potrebbe dire che l’interesse di lunga data dei medici ebrei per le malattie della pelle abbia avuto inizio con la Bibbia. Marion Sulzberger (1895–1983), allieva di Bruno Bloch di Zurigo, Stephen Rothman (1894–1963), Herman Pinkus (1905–1985) e Louis Forman furono tra i primi dermatologi a comprendere la necessità di sostenere la diagnosi meramente descrittiva con osservazioni sistematiche di cambiamenti patologici facilmente osservabili in questo tra gli organi umani più accessibili. Edmund Klein (1922–1999) è stato uno dei primi vincitori del Premio Lasker per la ricerca medica clinica in riconoscimento del suo trattamento pionieristico delle malattie della pelle, e in particolare delle malattie precancerose.

    REUMATOLOGIA
    La reumatologia è una specialità clinica relativamente giovane ma importante a causa dell'elevata incidenza di malattie articolari debilitanti, soprattutto negli anziani. Le prospettive di controllo dell’artrite reumatoide sono state notevolmente aumentate dall’applicazione efficace delle tecniche con anticorpi monoclonali. Morris *Ziff ha avuto un ruolo influente a livello mondiale nello stabilire i collegamenti essenziali tra scienza di base e pratica clinica in questa disciplina.

    PEDIATRIA
    Le impegnative sfide tecniche e psicologiche dell’assistenza sanitaria nell’infanzia e nella fanciullezza hanno incuriosito molti scienziati e medici ebrei. Nelle prime fasi del suo sviluppo, Abraham Jacobi (1830–1919) fu in gran parte responsabile dell’emergere della pediatria negli Stati Uniti Isaac A. *Abt e Julius Hess (1876–1995) furono pionieri nella nutrizione infantile e nella cura dei neonati prematuri . Henry *Koplik ha contribuito alla conoscenza delle malattie infettive nei bambini e Louis *Diamond ha contribuito all'ematologia pediatrica. Sidney Farber (1903–1973) trasformò le prospettive per la leucemia infantile introducendo nuovi farmaci antiproliferativi e un regime di gestione globale. L'universalmente noto Dana-Farber Cancer Institute commemora i suoi successi. Inoltre, Alexander Nadas (1913–2000) fu un pioniere della cardiologia pediatrica e Henry Shwachman (1910–1986) fu tra i primi scienziati clinici ad apprezzare le complessità della fibrosi cistica.

    CHIRURGIA, OSTETRICIA E GINECOLOGIA
    I medici ebrei hanno dato molti contributi al campo di applicazione in rapido sviluppo della chirurgia, dell’ostetricia e della ginecologia. Charles Elsberg (1871-1948) introdusse nuovi metodi nel trattamento dei tumori del midollo spinale. Markus *Hajek di Vienna ha ideato nuove tecniche nella chirurgia nasale e laringea. Pioniere della chirurgia toracica, Max Thorek (1880–1960) fondò l'International College of Surgeons e Irving Cooper (1922–1985) introdusse una procedura operativa per il trattamento del morbo di Parkinson. In ostetricia, Joseph de Lee (1869-1942) contribuì con un autorevole libro di testo e documenti originali e fu un insegnante e medico eccezionale. Isidor S. Rubin (1883–1958) diede molti importanti contributi alla ginecologia, compreso il test per la pervietà delle tube di Falloppio durante le indagini sulla sterilità. I successi di Lord Robert *Winston includono una reputazione mondiale per il suo contributo alla risoluzione dei problemi dell'infertilità femminile.

    RADIOLOGIA
    I radiologi ebrei statunitensi hanno arricchito ogni ramo della loro specialità. Contributi eccezionali sono stati fatta da Hymer Friedell (1911–) alla radiobiologia, da Harold G. Jacobson (1912–2001) alla neuroradiologia e da Leo Rigler (1896–1979), che fu presidente dell'American Radiologic Society, alla radiologia del torace e addome. Gustav *Bucky ha inventato il diaframma a raggi X che porta il suo nome.

    FARMACI E TERAPEUTICHE
    I progressi nella conoscenza farmacologica e nella progettazione, sperimentazione e produzione dei farmaci hanno trasformato la gestione di praticamente ogni malattia acuta e cronica. Oltre allo sviluppo di agenti antimicrobici, questo è un settore in cui scienziati e medici ebrei hanno dato così tanti contributi che gli esempi selezionati devono essere sufficienti. Isidor Ravdin (1894–1972) fu un pioniere nella chemioterapia antitumorale. Gertrude *Elion ha sviluppato il farmaco immunosoppressore azatioprina, il primo farmaco antivirale, l'aciclovir, e l'allopurinolo usato per trattare la gotta. Ralph Alexander * Le scoperte di Raphael illustrano come una profonda conoscenza della chimica organica possa essere tradotta nella progettazione di farmaci innovativi attivi contro un'ampia gamma di malattie. Josef Fried (1914–2001) sviluppò steroidi antinfiammatori e Gregory Goodwin *Pincus (1903–1967) e Carl *Djerassi svilupparono i primi farmaci contraccettivi orali femminili di successo. La carriera di successo di Max *Tishler (1906–1989) ha inoltre dimostrato la crescente importanza di combinare competenze scientifiche e imprenditoriali nello sviluppo di farmaci. Questo punto è enfatizzato dal crescente predominio delle società di bioingegneria in grado di sfruttare i progressi nella genetica e in altri campi. I risultati innovativi di Robert S. *Langer sono un esempio pertinente. Anche gli scienziati ebrei hanno dato un contributo fondamentale al trattamento anti-HIV. Tra questi figurano Jerome Horwitz, che sintetizzò il primo farmaco che inibisce l'enzima virale trascrittasi inversa, e Irving Sigal (1953-1988), che per primo dimostrò l'efficacia dei farmaci che inibiscono le proteasi virali. Sigal morì nell'attentato terroristico al volo Pan Am 103.

    PATOLOGIA
    I patologi ebrei diedero importanti contributi nella fase in cui la patologia si stava sviluppando da una capacità di osservazione a una che richiedeva intuizioni e conoscenze scientifiche su basi più ampie. Gli sforzi di Hans Popper (1905–1988) e Fenton Schaffner (1920–2000) hanno chiarito la patologia delle malattie epatiche. David Spain (1913–) in patologia cardiaca e Averill Liebow (1911–1978) in patologia polmonare hanno svolto un servizio simile. Benjamin Castleman (1906–1982) descrisse la patologia delle ghiandole paratiroidi e una malattia proliferativa del sistema immunitario che porta il suo nome e che è un paradigma per molte malattie più comuni di natura simile. L'interpretazione fantasiosa di Paul *Klemperer dei danni inflitti dalle "malattie del tessuto connettivo" gettò le basi per quelle che oggi sono conosciute come malattie autoimmuni multisistemiche.

    SALUTE PUBBLICA
    Gli ebrei contribuirono a gettare le basi della sanità e dell’igiene pubblica negli Stati Uniti e altrove. Sigmund Goldwater (1873–1942) fondò la prima clinica per malattie professionali a New York nel 1915. Il suo contemporaneo Milton J. Rosenau (1869–1946) promosse importanti misure per prevenire epidemie di malattie infettive nelle Americhe e altrove. Jeremiah Stamler (1919–) fu uno dei primi ricercatori a condurre studi epidemiologici sui fattori ambientali che influenzano la malattia coronarica.

    STORIA DELLA MEDICINA
    Mentre molti medici ebrei stavano facendo la storia, alcuni la scrivevano. I primi storici eccezionali furono Max Neuberger (1868–1955) in Austria, Charles *Singer in Inghilterra, Arturo Castiglioni (1874–1953) in Italia e Harry *Friedenwald , Victor Robinson (1886–1947) e Saul Jarcho (1906–2000 ) negli Stati Uniti

    ISTRUZIONE E PUBBLICAZIONE
    Gli ebrei hanno svolto un ruolo di primo piano nei campi interconnessi dell'educazione e della pubblicazione medica. Abraham *Flexner è ancora ricordato per il suo "Rapporto Flexner" (1906), che tracciò il successivo corso dell'educazione medica negli Stati Uniti. Dopo la seconda guerra mondiale un numero sempre crescente di ebrei è entrato a far parte del corpo docente delle scuole di medicina. Molti hanno anche contribuito all'insegnamento come autori di libri di testo e pubblicando riviste mediche. Il noto editore medico Morris *Fishbein , curò il Journal of the American Medical Association (1924-1949) e svolse un ruolo di primo piano nella definizione delle politiche sanitarie americane. Alexander Gutman (1902–1973) curò l' American Journal of Medicine e Alfred Soffer (1922–) fu redattore di Chest . Successivamente si è verificato un aumento almeno proporzionale nel numero di scienziati medici e insegnanti ebrei necessari per soddisfare l’enorme domanda di riviste, libri e istruzione a tutti i livelli.

    I progressi nella ricerca e nell’istruzione hanno anche creato una domanda di scienziati medici con la rara combinazione di competenze di ricerca e capacità amministrative necessarie per gestire vaste istituzioni di complessità senza precedenti. Scienziati ebrei con queste capacità includono Arnold Levine del Rockefeller, Walter *Bodmer , Sir Gustav *Nossal , Harold *Varmus e Philip Fialkow dell'Università di Seattle.

    La medicina ebraica nella diaspora
    STATI UNITI
    I primi anni del 20 ° secolo furono testimoni di una continua immigrazione negli Stati Uniti che cambiò il modello “etnico” e culturale dell'ebraismo americano e la sua rappresentanza medica. I primi medici ebrei negli Stati Uniti erano di origine sefardita. Nella seconda metà del XIX secolo gli ebrei immigrati dalla Germania assunsero ruoli di primo piano negli affari comunali e nella medicina. Gli ebrei russi, che iniziarono ad emigrare dopo i pogrom degli anni Ottanta dell'Ottocento, aggiunsero un terzo elemento, destinato a crescere in numero e influenza. Successivamente, gli Stati Uniti ottennero nuovi immigrati dalla popolazione ebraica che si era trasferita nei paesi dell’Europa orientale quando questi si separarono dagli imperi russo e austro-ungarico dopo la prima guerra mondiale. Questi ebrei furono nuovamente turbati dalle condizioni economiche e politiche sfavorevoli.

    L'emigrazione ebraica dall'Europa verso gli Stati Uniti aumentò nuovamente bruscamente negli anni '30 con l'ascesa del partito nazista . Dopo la seconda guerra mondiale la maggior parte di coloro che scamparono all’Olocausto emigrarono negli Stati Uniti o in Israele. Medici che trovarono rifugio in America arrivarono in un momento propizio. Gli anni ’30 e ’40 segnarono l’inizio dell’attuale età dell’oro della medicina scientifica, inaugurata dalla scoperta degli antibiotici e del cortisone e dai progressi nella biologia molecolare e nella tecnologia medica. Con il declino dei tradizionali centri europei, gli Stati Uniti divennero il nuovo centro mondiale dell'attività scientifica e medica, con immigrati ebrei che si unirono alle università e agli istituti straordinariamente creativi del paese. Liberati dalle vestigia di intolleranza e aperti ai nuovi talenti, l'establishment medico e il pubblico del paese hanno accolto i nuovi arrivati. Gli ospedali ebraici, come il Mount Sinai a New York e il Michael Reese e il Mount Sinai a Chicago, così come gli ospedali, le fondazioni di ricerca e le università non ebraiche ne assorbirono molti nella corrente principale del progresso medico. Negli anni '80 i medici ebrei negli Stati Uniti superavano di gran lunga quelli di altri paesi. Nel solo Stato di New York c’erano 7.500 medici ebrei praticanti rispetto ai 5.500 in Israele e ai 3.000 in Francia. Complessivamente il 9% dei medici statunitensi erano ebrei, rispetto al 3% nella popolazione generale. Più di 17.000 dei circa 27.000 medici ebrei statunitensi che esercitavano privatamente risiedevano negli stati densamente popolati di New York, California, Illinois, Pennsylvania, New Jersey e Massachusetts. Di questi, circa 4.700 erano medici di medicina generale, 6.500 specialisti in medicina generale e sue branche, 3.000 in chirurgia, 2.900 in ostetricia e ginecologia, 1.000 in oftalmologia, 800 in radiologia, 650 in dermatologia e 600 in otorinolaringoiatria. Tuttavia la distribuzione tra le specialità mediche non era uniforme. Mentre solo il 5% dei medici di medicina del lavoro erano ebrei, essi comprendevano il 20% dei medici generali e più del 30% degli psichiatri. È probabile che questa predominanza in termini numerici sia persistita, ma è difficile da quantificare e confrontare con periodi precedenti. C'è stata una crescente specializzazione che segna la virtuale scomparsa dell '"internista generale" e l'attuale popolazione ebraica è meno omogenea rispetto alla popolazione ebraica immigrata iniziale. Tuttavia, il contributo ebraico agli Stati Uniti e quindi alla medicina mondiale non dovrebbe essere valutato semplicemente in termini di numero di medici praticanti, ma dovrebbe anche tenere conto del contributo ebraico alla scienza medica e all’istruzione.

    CANADA
    Anche i medici e gli scienziati medici ebrei in Canada hanno beneficiato delle opportunità disponibili negli Stati Uniti per migliorare la fornitura di servizi medici e di istruzione. Tra loro c'erano il pediatra Alton Goldbloom (1890–1962) e Arthur Vineberg (1903–1988), che svilupparono tecniche per migliorare la circolazione sanguigna nel muscolo cardiaco malato.

    EUROPA OCCIDENTALE
    I paesi dell'Europa occidentale, oltre alla Germania e all'Austria, avevano da tempo comunità ebraiche stanziali, il cui numero fu aumentato dai rifugiati provenienti dalla Russia all'inizio del XX secolo e dalla persecuzione nazista negli anni '30. I medici ebrei sono ben rappresentati nella pratica clinica e nei centri accademici. Il loro contributo alla medicina e alla scienza medica nel Regno Unito si riflette nelle alte onorificenze nazionali accordate a Sir Ludwig *Guttmann per il suo lavoro sulla riabilitazione, e a Lord *Cohen , Lord Rosenheim, Lord Turnberg, Sir Raymond Hoffenberg e Sir George Alberti. per i loro risultati nella medicina clinica, nell’insegnamento e nella ricerca. Gli scienziati francesi hanno dato importanti contributi agli stadi formativi della biologia molecolare e il contributo degli scienziati medici ebrei in Francia è illustrato dai risultati di Jean Hamburger (1909–1992) nel trapianto renale. La comunità ebraica svizzera di scienziati medici indigeni e rifugiati comprende Tadeus *Reichstein , che isolò il cortisone, e Pierre Rentchnick (1923–), la principale autorità in materia di salute pubblica e igiene in un paese che tradizionalmente prende molto sul serio questi argomenti. La Svezia ha ospitato il premio Nobel Robert *Barany ed è oggi la patria dello specialista nella ricerca sul cancro George *Klein e dell'endocrinologo Carl Luft, noto per le sue ricerche sul diabete. Le comunità accademiche mediche ebraiche di Germania e Austria furono estinte dai nazisti e la preminenza di questi paesi nella ricerca e nella pratica passò così ai paesi in cui si stabilirono i profughi ebrei.

    RUSSIA ED EX UNIONE SOVIETICA
    La Prima Guerra Mondiale, la Rivoluzione Russa e la Dichiarazione Balfour ebbero conseguenze demografiche e politiche che influenzarono profondamente la partecipazione ebraica alla medicina. Molti ebrei russi si trasferirono nei grandi centri universitari, dove era stato loro vietato di risiedere. Come risultato di questo movimento e della nuova politica di ammissione universitaria aperta, il numero dei medici ebrei aumentò notevolmente. Le quote di ammissione non ufficiali riapparvero durante gli ultimi anni del governo di Stalin. Tuttavia, né il loro numero né i loro risultati possono essere facilmente determinati a causa dell’isolamento degli ebrei russi dal mondo occidentale.

    POLONIA ED EUROPA DELL'EST
    Nonostante le cattive condizioni economiche, gli ebrei nella Polonia pre-hitleriana mantenevano 40 ospedali dove prestavano servizio molti dei 3.500 medici ebrei del paese. La povertà, la tecnologia arretrata e un ambiente accademico ostile impedirono agli scienziati ebrei di raggiungere i risultati raggiunti dai loro colleghi dell’Europa occidentale. Tuttavia, il loro contributo era tutt’altro che trascurabile. Edward Platau, il decano dei neurologi polacchi, fece ricerche sulla meningite e sui tumori al cervello. Adolf Beck studiò la fisiologia dei nervi e Henry K. Higier esplorò il sistema nervoso autonomo. Samuel Goldflam ha studiato i riflessi e le malattie miastenia grave e paralisi periodica. Zygmunt Bychowski ha studiato l'epilessia traumatica e la sclerosi multipla. Anastaszy Landau era prominente nella ricerca metabolica, Stanislaus Klein in ematologia, Seweryn Sterling nella medicina sociale e Gerszon Lewin nella tubercolosi. Aron Solowiesczyk, ucciso durante la rivolta del ghetto di Varsavia , era un eminente ricercatore chirurgico. Ma il potenziale scientifico dei medici ebrei in Polonia non era destinato a svilupparsi. Durante l'occupazione tedesca i medici ebrei dedicarono le loro energie prendersi cura di persone condannate alla fame, alla tortura e alla morte. Molti si distinsero per atti di dedizione ed eroismo e oltre 2.800 furono uccisi. I tragici eventi in Polonia furono paralleli a sviluppi simili in altri territori occupati dai tedeschi.

    SUDAMERICA E MESSICO
    Nella prima parte del XX secolo , la lontananza geografica fece sì che i contributi ebraici alla medicina in America Latina ricevessero all’estero meno riconoscimento di quanto meritassero. Tuttavia, le grandi comunità del Sud America furono rafforzate dall’immigrazione dall’Europa, assicurando che le borse di studio mediche ebraiche prosperassero, anche se non nella misura di cui godevano i colleghi del Nord America. Dalla seconda guerra mondiale le opportunità di contribuire al progresso della ricerca medica hanno risentito dell’instabilità politica e dei periodi di declino economico. In Argentina, dove l’immigrazione ebraica ebbe inizio nel 1889, la figura del medico pioniere Noah Yarchi è ancora ricordata e venerata. I medici che seguirono le sue orme contribuirono a sostenere la salute e il morale dei coloni e dei primi coloni nelle città. Con la fondazione dell'Ospedale Ezra a Buenos Aires nel 1921, fu dotato di un centro per l'attività medica; crebbe di importanza con l'aumento della popolazione ebraica. Gli ebrei hanno avuto un ruolo di primo piano in ogni fase della vita professionale e accademica del Paese; Il professor Quiroga è stato presidente dell'Accademia di Medicina di Buenos Aires e Ricardo Rodriguez preside della Facoltà di Medicina di La Plata. I medici ebrei pubblicarono il Journal Archives de Medicina Argentina-Israel .

    Per un lungo periodo la popolazione ebraica in Brasile fu di 140.000 unità, molto inferiore in altri paesi dell'America Latina. La partecipazione ebraica alla medicina aumentò in modo significativo dopo l’arrivo, negli anni ’30 e ’40, di medici rifugiati che portarono con sé l’approccio sofisticato della medicina europea. Molti medici ebrei divennero famosi. Victor Soriano di Montevideo, Uruguay, è stato l'editore del World Journal of Neurology . Nel 1970 il Messico contava 120 medici ebrei, molti dei quali ottennero riconoscimenti professionali. Caratteristica del senso di identità ebraica dei pionieri della medicina fu la pubblicazione della rivista medica Ars Medici all'inizio del secolo, quando il loro numero era molto piccolo.

    SUD AFRICA
    Al culmine dell'attività comunitaria il Sud Africa contava circa 750 medici ebrei che diedero un contributo importante alla ricerca, all'istruzione e alla pratica medica. Tra questi c'erano Philip *Tobias , presidente della Royal Society of South Africa, Maurice Shapiro, l'immunoematologo che divenne capo dei servizi trasfusionali del Paese, il ginecologo S. Joel Cohen, il medico MM Sussman, il cardiologo Valva Shrir, e il chirurgo Jack Wolfowitz. Il chirurgo plastico Jack Penn (1909–1996) eseguì numerosi interventi di ricostruzione facciale sui soldati israeliani feriti nella Guerra d'Indipendenza e successivamente divenne professore onorario in visita di chirurgia plastica presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Durante il periodo di incertezza politica prima che il paese raggiungesse l’indipendenza, molti medici emigrarono nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Israele. Tra coloro che si sono distinti figurano Israel Chanarin, ematologo ed esperto di anemie megaloblastiche, e Anthony Segal, l'autorità sui globuli bianchi chiamati neutrofili.

    Scienza e pratica medica in Israele
    Sussman *Muntner , Joshua O. *Leibowitz (1895–1993), professore di storia della medicina all'Università Ebraica di Gerusalemme, e David Margalit hanno descritto in modo completo la storia della medicina in Palestina sotto il Mandato e nei primi anni del Stato di Israele. All'inizio del XX secolo le malattie infettive dilagavano in Palestina . Le cliniche istituite dalle comunità ebraiche europee fornivano assistenza medica alla popolazione ebraica di Gerusalemme. Queste cliniche divennero ospedali che si espansero per soddisfare le esigenze di una città moderna, in particolare Bikkur Ḥolim, fondato nel 1843, e Sha'arei Ẓedek, fondato nel 1902. Fortunatamente per i bisogni della popolazione ebraica, i medici erano prominenti nel movimento sionista da allora. il suo inizio. Il primo medico ebreo in Palestina, Simon Fraenkel, fu inviato a Gerusalemme nel 1843 da Moses Montefiore. Menahem Stein fu il primo medico ebreo a Giaffa (1882), Hillel *Joffe il primo ad Haifa (1890) e Bathsheba Yunis (1880–1947) il primo a Tel Aviv . Leib Pashkovsky fu il primo chirurgo a stabilirsi in Palestina (1906). Nel 1912, anno in cui fu fondata un'associazione medica a Tel Aviv, c'erano 35 medici ebrei nel paese, la maggior parte appositamente formati in oftalmologia, dermatologia e parassitologia per far fronte alle malattie più diffuse nel paese. Tra i primi specialisti spiccano l'oftalmologo Aryeh *Feigenbaum , il dermatologo Aryeh Dostrovsky (morto nel 1975) e il batteriologo e fondatore dell'Istituto Pasteur di Gerusalemme (1913), Israel J. Kligler. Altri medici degni di nota furono Aryeh Boehm, responsabile di molti miglioramenti nella salute pubblica, e l'otorinolaringoiatra Moshe Sherman, presidente fondatore della prima associazione medica del paese. Sebbene la salute pubblica rimanesse una delle principali preoccupazioni, un maggiore controllo della malaria, della rabbia, del tracoma e di altre malattie infettive ha consentito maggiori possibilità allo sviluppo di altre specialità.

    Dopo la Dichiarazione Balfour, il numero di medici ebrei in Palestina aumentò notevolmente e il loro ritmo di immigrazione accelerò con ogni ondata di persecuzione in Europa. I servizi sanitari sono migliorati sotto il mandato con una rete ampliata di cliniche e misure di sanità pubblica, compreso un programma di immunizzazione. Pertanto, quando fu istituito lo Stato, esisteva un'infrastruttura medica in grado di far fronte alle ulteriori richieste dell'immigrazione e della Guerra d'Indipendenza. Con la successiva espansione, all'inizio del 21 ° secolo Israele contava circa 27.000 medici, tanto che il rapporto tra medici e popolazione è diventato uno dei più favorevoli al mondo. Il paese contava circa 47.000 infermieri, di cui il 50% registrati. Di conseguenza, Israele aveva un tasso di mortalità infantile molto basso (7,5 per 1.000 nati vivi) e una lunga aspettativa di vita (79,1 anni in media per le donne e 75,3 anni per gli uomini). L'assistenza medica è fornita da una rete di ospedali e cliniche, molti dei quali affiliati ai fondi sanitari, l' Ministero della Salute, o altre organizzazioni come *Hadassah e *Magen David Adom . Gli ospedali e i servizi medici sono attrezzati anche per far fronte alle emergenze derivanti da guerre o attacchi terroristici.

    Anche i servizi di salute mentale, riabilitazione e supporto sociale sono altamente sviluppati.

    Anche metodi avanzati di trattamento sviluppati in altre parti del mondo sono stati prontamente introdotti nella pratica clinica israeliana. L' ospedale Hadassah ha effettuato con successo la sua prima fecondazione in vitro ("bambino in provetta") nel 1982 e il trapianto di cuore nel 1983.

    L'Associazione Medica Israeliana, fondata nel 1929, contribuì ad elevare gli standard della professione e a migliorare il servizio al pubblico durante gli anni difficili delle difficoltà economiche e delle tensioni politiche e militari. L'organo ufficiale dell'Associazione, Harefuah , fondato nel 1913, ha mantenuto un elevato standard scientifico e giornalistico. Il progetto Non-Resident Fellow dell'Associazione ha contribuito a creare stretti legami con i medici ebrei della diaspora. Esiste anche una vasta rete di scambi accademici e collaborazione tra istituti e individui in Israele e in altri paesi.

    La ricerca medica e l’istruzione hanno sempre avuto una priorità elevata, anche prima della fondazione dello Stato. Moshe Prywes (morto nel 1999), direttore dell'Israel Journal of Medical Sciences , fondato nel 1965, ha contribuito alla formazione medica, e Hanoch Midwidsky alla promozione degli studi post-laurea. La maggior parte della ricerca medica viene ora condotta nelle quattro scuole di medicina del paese, vale a dire l' *Università Ebraica di Gerusalemme (fondata nel 1949), l'*Università di Tel Aviv (fondata nel 1965), l '*Università Ben-Gurion (fondata nel 1974), l' * Haifa Technion (fondata nel 1969) e i loro ospedali affiliati. La scienza biomedica viene praticata nelle facoltà pertinenti di queste università, presso l'Università * Bar -Ilan , che non ha una scuola di medicina, e presso l' *Istituto di Scienze Weizmann .

    La prima priorità della ricerca era il controllo delle malattie infettive. Saul *Adler , un'autorità mondiale in parassitologia e medicina tropicale, ha diretto la ricerca sull'amebiasi, la leishmaniosi e la febbre ricorrente. Zvi *Saliternik fu responsabile dell'eliminazione della malaria e della schistosomiasi, una malattia parassitaria. Successivamente l'attenzione potrebbe essere rivolta ai disturbi prevalenti nel mondo sviluppato e ai disturbi genetici prevalenti in varie popolazioni israeliane. La ricerca clinica era collegata al miglioramento dell’insegnamento e della cura dei pazienti in tutti i rami della medicina.

    Chaim Sheba, chirurgo generale dell’esercito israeliano, ha supervisionato l’aumento degli standard medici. Bernhard e Hermann *Zondek continuarono la loro ricerca endocrinologica, interrotta dallo sconvolgimento europeo, e Moshe *Rachmilewitz , professore di medicina alla Hadassah Hospital Medical School, condusse studi molto citati sulla carenza e sul metabolismo di folato e vitamina B12. Bracha *Ramot ha organizzato un moderno servizio ematologico presso l'ospedale di Tel Hashomer (Sheba) e ha intrapreso un programma sistematico di indagine sulla prevalenza e sulla gestione dei disturbi ereditari della sintesi dell'emoglobina. Andre de Vries (1911–1996) era un illustre medico ed ematologo dell'ospedale Beilinson (Rabin). Karl Braun ha avviato programmi di ricerca in cardiologia e Lipman *Halpern in neurologia. Sotto la guida di Bruno Lunenfeld (1927–), l'ospedale Tel Hashomer (Sheba) divenne un centro mondiale nella ricerca e nel trattamento dell'infertilità femminile. Nello stesso istituto Baruch Padeh aveva gettato le basi della genetica clinica nel Paese. David Erlick ad Haifa ha migliorato le tecniche di trapianto renale. Isaac Michaelson ha sviluppato servizi oftalmologici presso l'ospedale Hadassah e ha utilizzato la sua esperienza per curare pazienti affetti da tracoma e altre malattie potenzialmente letali in Africa. Michaelson è stato quindi tra i primi ad avviare la continua collaborazione medica di Israele con i paesi svantaggiati. Fu anche tra i primi scienziati clinici a comprendere l'importanza dell'angiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni) nelle malattie della retina; Alla sua memoria sono state intitolate una medaglia internazionale e una serie di convegni.

    Ultimamente il ritmo della ricerca si è accelerato e c’è spazio per citare solo alcuni dei contributori più importanti. Rina *Zaizov (1932–2005) ha organizzato un centro nazionale di oncologia pediatrica. Marcel *Eliakim dell'Ospedale Hadassah ha fatto importanti progressi nel campo delle malattie del fegato. Yehezkiel *Stein dello stesso ospedale è un'autorità internazionale sui lipidi e sull'aterosclerosi (degenerazione vascolare). Mordechai Pras del Tel Hashomer Hospital è un esperto internazionale di amiloidosi e anche il lavoro di Rami *Rahamimoff sulla trasmissione nervosa nella salute e nella malattia è universalmente rispettato. I progressi nell’immunologia di base compiuti da Michael *Sela e Ruth *Arnon presso l’Istituto Weizmann sono stati adattati a molte strategie promettenti per il trattamento della sclerosi multipla e delle malattie autoimmuni. La ricerca di Michel *Revel sul sistema antivirale dell'interferone ha anche importanti implicazioni cliniche. Gli studi immunologici di Irun Cohen presso l'Istituto Weizmann sulle malattie autoimmuni sperimentali e cliniche e le nuove idee sul trattamento di queste malattie hanno attirato continua attenzione internazionale. La ricerca sulle cellule staminali è un'area attiva di ricerca portata avanti nell'ambito di un programma pienamente coordinato che coinvolge i principali centri di ricerca accademica e le aziende biotecnologiche del Paese. Anche la sofisticata bioingegneria medica è un'area di intensa attività di ricerca.

    L’attuale organizzazione dei reparti medici negli ospedali per acuti in Israele è cambiata dal modello europeo classico con i suoi reparti medici completamente autonomi a dipartimenti più ampi in cui sono rappresentate tutte le sottospecialità mediche, fornendo assistenza medica completa e multidisciplinare. Parallelamente ai notevoli sviluppi dei nuovi approcci terapeutici si è sviluppata una visione più realistica dei limiti della medicina scientifica e una comprensione dei diritti del paziente. Ciò ha introdotto un nuovo campo nella medicina che include le cure palliative, la salvaguardia della qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie e il loro diritto a essere coinvolti nelle decisioni che riguardano la gestione medica e la fine della vita. Questo approccio progressista viene ora adottato dalla comunità pubblica e medica israeliana con un adeguato sostegno legale. Vi sono stati progressi sorprendenti anche nel fornitura di squadre mediche in grado di partecipare ai soccorsi in caso di calamità in qualsiasi parte del mondo.

    [Samuel Vaisrub, Michael A. Denman, Yaakov Naparstek e Dan Gilon (2a ed .)]

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    Fonte: Enciclopedia Judaica . 2008 Il Gruppo Gale. Tutti i diritti riservati.
     
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