L' Europa sta diventando Islamica

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    אילון

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    La preghiera islamica a Westminster
    Mentre se declami la Bibbia in strada arriva la polizia. Avremmo dovuto capire come sarebbe finita quando la tv pubblica trasmise la chiamata musulmana alla preghiera. Finiremo come la rana bollita
    Giulio Meotti

    meo



    Qualche giorno fa ho scritto: “Gli islamisti vogliono assoggettare l'Occidente, il Cretino Collettivo vuole la resa multiculturale”.

    Quando pensavamo di averle viste tutte arriva la preghiera islamica, il muezzin e l’Allahu Akbar a Westminster. “Londra è più islamica di tanti paesi musulmani messi assieme”, aveva detto l’imam Maulana Syed Raza Rizvi.

    Due settimane fa, gli imam hanno pregato al Parlamento di Bruxelles.

    Vecchia storia, la teoria della rana bollita. Se l’acqua tiepida scottasse all’improvviso la rana salterebbe fuori dalla pentola, ma se la temperatura è alzata poco a poco in modo impercettibile, sarà perfino piacevole e quando la rana si renderà conto che è troppo calda, sarà tardi.

    E per noi è tardi, anzi tardissimo. “Tardi per cosa?”, risponde il Cretino Collettivo. Sembra che per milioni di occidentali il fatto di poter comprare il croissant al bar, abbonarsi a Netflix e prenotare tre vacanze all’anno significhi che vada tutto bene e che le loro libertà siano intatte.

    Mentre i terroristi islamici seminavano il terrore a Parigi uccidendo 129 persone, a Bedford, vicino Londra, durante un dibattito si discuteva apertamente di “costituire lo Stato Islamico in Gran Bretagna” e di assoggettare il paese alla Sharia.

    Pensano in grande e ci stanno arrivando.

    Iniziarono dalle televisioni.

    Era il 2013, sembra un secolo fa. L’emittente Channel 4 - la tv pubblica inglese - annunciò di interrompere le trasmissioni ogni giorno per 30 giorni per trasmettere la chiamata dell’imam alla preghiera. Solo il primo giorno del Ramadan, Channel 4 fermò le trasmissioni quattro volte per ricordare ai telespettatori che era il momento della preghiera.

    Qualche settimana fa hanno pregato davanti a Downing Street, sede del primo ministro. Ora Londra, dice il governo, nei weekend di festa per Hamas è pericolosa per gli ebrei.

    Negli stessi giorni dei cristiani evangelici hanno cercato di leggere la Bibbia per strada. Ecco il risultato.

    Londra è sempre più una città islamica. Nel suo libro Civilization, lo storico di Harvard Niall Ferguson scrive: “Se la popolazione musulmana del Regno Unito dovesse continuare a crescere al ritmo attuale sarebbe il 15 per cento nel 2030, il 28 per cento nel 2040, passando il 50 per cento nel 2050”.

    Englandistan! Circolano petizioni per consentire alle moschee di chiamare con gli altoparlanti i fedeli alla preghiera tre volte al giorno. Ci arriveranno.

    Alcune delle più alte personalità inglesi hanno aperto all'introduzione della sharia. Il presidente della Corte suprema, Lord Phillips, ha affermato che il diritto inglese dovrebbe "inglobare" elementi della legge islamica.

    A un evento islamico alla Queen Mary University di Londra le donne hanno dovuto usare un ingresso separato e sono state costrette a sedersi in uno spazio in fondo alla sala, senza poter porre domande o alzare la mano, come a Riad o Teheran. La London School of Economics ha tenuto una serata di gala, in cui donne e uomini erano separati da un pannello di sette metri.

    L'establishment britannico si sta rapidamente arrendendo ai fondamentalisti islamici, accettando le loro richieste.

    Molte zone di Londra annoverano una percentuale di musulmani che oscilla tra il 20 e il 46 per cento. In altre aree, come Ealing, Haringey, Enfield e Westminster, Barking e Dagenham, i musulmani sono tra il 15 e il 20 per cento della popolazione. Fra le zone con una presenza islamica del 10-15 per cento vi sono Hammersmith e Fulham, Kensington e Chelsea, Harrow, Hounslow, Hillingdon e Barnet. Una presenza inferiore al 10 per cento è riscontrabile infine nella City, a Richmond upon Thames, a Kingston upon Thames, a Merton, Sutton, Croydon, Bromley, Bexley, Greenwich e Havering.

    Hanno i numeri e la forza per proiettare gli slogan di Hamas sul Big Ben. E hanno legioni di utili idioti al loro fianco.

    Praticamente ogni giorno a Londra ci sono preghiere nei prati di Westminster. E nessuno dice niente: politica, polizia, media. Come se la più grande e antica democrazia del mondo fosse KO.

    E per chi si scandalizza che facciano pregare un imam a Westminster durante la Quaresima, la Swansea University ha già cancellato la festa cristiana.

    L'ambasciatore inglese in Arabia Saudita, Simon Collis, si è convertito all'Islam e ha compiuto l'haji, il pellegrinaggio alla Mecca.

    Ma non è solo la demografia.
    I mediorientali sono proprietari di alcuni degli edifici più importanti di Londra

    Una classifica delle proprietà di Londra mette il Qatar persino prima della Casa Reale e della City of London. Oggi il Qatar ha più proprietà a Londra di Re Carlo III. Ci sono 13.400 aziende di proprietà musulmana a Londra e il 33 per cento delle piccole e medie imprese a Londra è islamico.

    C’era un Papa (non esattamente l'attuale) che parlava di “radici cristiane di Europa” e sappiamo bene a cosa si riferiva: al monachesimo di Cassino, di Cluny, di Citeaux, della Chartreuse, di Canterbury, degli amanuensi, di San Bernardo, di millenni di arte cristiana, di letteratura (Dante), di filosofia (San Tommaso). Ora sembra che l'Occidente voglia resettare tutto questo. Incomprensibile che siano i cristiani a favorire il piano di islamizzazione.

    Perché se il cardinale iracheno Louis Sako, leader dei Caldei, questa settimana parla di “islamizzazione forzata” di quel che resta dei cristiani iracheni, l’Occidente sembra desiderarlo.

    L’arcivescovo di Canterbury presiede una Chiesa fissata sui “preti non binari”, il “Dio neutrale rispetto al genere” e la schiavitù, per cui ha appena annunciato un miliardo di sterline di “riparazioni”. Il suo predecessore, Rowan Williams, si disse a favore della Sharia. E qualcuno ipotizza che il prossimo arcivescovo potrebbe essere musulmano.

    Vorrei essere ottimista sull'esito di questo esperimento senza precedenti nella storia europea, ma non ci riesco. Vedo una grande marea verde, come l’onda alta dello tsunami, che si prepara a sommergere tutti i paesi europei: prima le grandi città che stanno già cadendo una dopo l’altra, poi quelle di medie dimensioni e poi tutto il resto.

    L’Europa sta finendo in bella vista e non sembra importare a molti.
     
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    אילון

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    Cronache di ordinaria follia dal fronte occidentale
    L'Italia che si sta islamizzando, così finisce un paese dove non nascono più bambini e così finisce il femminismo filo Hamas, i campionati Europei di calcio über progressisti e molto altro
    Giulio Meotti

    Povera Cassandra, condannata a vedere e a non essere creduta. A gennaio ho scritto: “Quando nelle scuole dei loro figli si prostreranno verso la Mecca, i laici di cartapesta stenderanno tappetini di preghiera”. Ora succede in Italia.


    Pioltello, provincia di Milano. L’istituto comprensivo Iqbal Masiq ha appena deciso di chiudere in occasione del Ramadan. “Atto di civiltà”, dicono i simpatici benpensanti. La scuola intitolata a un bambino pakistano – due scuole dell’infanzia, tre primarie, una media – è al 40 per cento islamica.
    La scuola Iqbal Masiq a Pioltello

    L’Italia si avvia allo stesso destino di Svezia, Belgio, Olanda, Francia e Inghilterra: ci vorrà soltanto qualche anno di più. Oggi in Germania ci sono scuole dove, per l’alta presenza di islamici, si invitano gli studenti a non bere in classe durante il Ramadan. Nel 2050, la quota di immigrati di prima e seconda generazione in Italia supererà un terzo della popolazione totale. D’altronde siamo riusciti a trasformare lo slogan di Mazzini “Dio patria famiglia” in un motto fascista.

    Ha ragione Alain Finkielkraut, che al Journal du dimanche di ieri dice: “L’antirazzismo corrotto è il flagello del XXI secolo”.

    In nome dell’antirazzismo abbiamo adottato la oicofobia: la paura della propria identità.

    Benvenuti a Napoli in questi giorni.

    Ecco perché dovrebbe interessarci se non si fanno più figli in Occidente. Per tre ragioni, spiega Niall Ferguson su Bloomberg: “Bassa crescita economica, scuole vuote, case di riposo affollate, una generale mancanza di vitalità giovanile. In secondo luogo, poiché il calo della fertilità è avvenuto più tardi in Medio Oriente e Nord Africa ed è appena iniziato nell’Africa sub-sahariana, stiamo assistendo a un drammatico cambiamento nell’equilibrio demografico globale a favore delle persone con una pigmentazione più scura, molti dei quali musulmani. Ciò preoccupa molti popoli, per lo più bianchi e per lo più cristiani. In terzo luogo, le popolazioni con la fertilità più elevata vivono per lo più in luoghi poveri che i cambiamenti climatici e i conflitti armati stanno rendendo ancora meno attraenti. Quindi si spostano se possono – attraverso il Nord Africa o l’Asia occidentale verso l’Europa, o attraverso il Messico verso gli Stati Uniti – e, in misura significativa, vengono coinvolti in attività violente (criminalità o terrorismo)”.
    “The last classrom”

    Da brivido il reportage di Le Figaro dal Giappone, “laboratorio mondiale del declino demografico”. Sembra un racconto di Philip Dick:

    “La proverbiale piramide delle età, con la sua base un tempo stabile, sta girando come una clessidra. Più di 470 scuole pubbliche primarie e superiori e più di 1.000 km di linee di autobus chiudono in media ogni anno. Alla fine del decennio in corso, l’Arcipelago avrà perso 5,5 milioni di anime e altri 7,3 milioni nel prossimo. A Niigata, due artisti hanno creato l'opera di punta di questi nuovi tempi: ‘The Last Classroom’. Una scuola elementare abbandonata popolata di ‘bambini non ancora nati’, dove le lampadine elettriche tremolano come candele. Nel 2023 in Giappone sono nati 758.631 bambini. Quasi tanti quanto in Francia, per una popolazione due volte più numerosa. I lavori fisici, solitamente prerogativa dei giovani, vengono svolti da persone sempre più anziane. Età media degli agricoltori: 67 anni. Dei soldati: 36 anni. Vecchio, il traslocatore; vecchio, il custode del palazzo. Come la mano nodosa della cameriera del ristorante. E questo è solo l’inizio. Questa ondata non ha ancora mostrato tutta la sua forza nelle megalopoli. Come la luce di una stella scomparsa, gli abitanti si svegliano ancora al suono del motorino del fattorino. Molte stazioni di servizio hanno ancora i loro addetti. Ma per quanto tempo? ‘Non possiamo più farlo’, lamenta il direttore di un palazzo nel centro di Tokyo, costretto a chiudere intere sezioni del suo albergo per mantenere un certo livello di servizio. A pochi metri, all'ora di pranzo, alcuni ristoranti di un multisala sono al buio per mancanza di camerieri, di ingredienti consegnati in tempo, di clienti. Già la Posta non consegna più il sabato. Tecnologia? Robot? Il loro contributo risulta essere molto limitato, a causa della mancanza di persone che ne possano beneficiare. Un'eccezione, il Giappone? A parte l’Africa sub-sahariana, il resto del mondo sta scendendo al di sotto della soglia di ricambio generazionale. Prevede lo statistico Stephen Shaw, trasferitosi a Tokyo per assistere da vicino al fenomeno, che ‘con un tasso di fertilità inferiore a 1,4 figli per donna, nazioni come il Giappone, la Germania o l’Italia subiranno un calo del 70 per cento nel tasso di natalità in tre generazioni’. Il corollario del declino demografico è un aumento della solitudine. Quest'ultimo ha l'onore di ministero in quanto è una piaga sociale. Sempre meno giapponesi, ma sempre più soli: è il paesaggio deserto dei villaggi e il paesaggio opaco delle città, dove si stringono attorno a un nucleo sempre più concentrato. I vecchi non si vedono più nelle campagne; gli anziani prediligono i centri urbani, con strutture sanitarie e negozi che sono scomparsi nei villaggi. Diminuisce il numero delle famiglie, ma aumenta quello delle famiglie unifamiliari. Ristoranti, hotel, agenzie di viaggio stanno riorganizzando le loro offerte per clienti unici. I marchi di champagne e vino vendono sempre più mezze bottiglie e sempre meno bottiglie grandi. Il mercato degli animali domestici sta esplodendo: con 8 milioni di cani e 9 milioni di gatti, sono diventati bambini surrogati, con la loro carrozzina, i loro vestiti, la loro anima... Prodotti, attività sociali diventano piaceri solitari. I gestori del karaoke, un'attività basata sulla condivisione di momenti piacevoli cantando, si stanno adeguando: offrono ora stanze dove il cliente può cantare solo per… se stesso. È di fronte alla morte che questa solitudine è più toccante. Un tempo era oggetto di meticolose cure da parte dei genitori. La prospettiva della decomposizione del corpo ha dato vita a un’industria della pulizia post mortem”. In caso non ci sia nessuno a occuparsi di noi.

    In una generazione, il Giappone perderà un terzo della popolazione. Ogni anno, il Giappone crolla di mezzo milione di persone. Una casa su otto già oggi è vuota e, racconta il Financial Times, il 20 per cento di tutti gli immobili saranno fantasma entro una generazione. Le scuole chiudono a un ritmo vertiginoso. E per il 2050 saranno meno della metà di oggi.

    L’Italia prenda nota. Siamo il Giappone con Lampedusa, uniamo il suicidio demografico giapponese alla scuola milanese a maggioranza islamica.

    Intanto in Europa quest’anno sono nati 4 milioni di bambini. Nel 2017 erano stati 5 milioni. Saremo un continente di vecchi progressivamente rimpiazzati.

    Grandissimo j’accuse del celebre storico inglese Robert Tombs sul Telegraph: “Siamo minacciati da pericoli esterni ed interni. Li vediamo e li sentiamo. Politici, generali e diplomatici lanciano l’allarme. Le nostre difese sono deboli. I nostri nemici sono incoraggiati. Le nostre strade sono disordinate. Cosa segue i severi avvertimenti? Non tanto. Le parole non annunciano l’azione ma coprono l’inazione. Gli anni utopici della globalizzazione hanno visto i politici di tutto il mondo occidentale cedere con entusiasmo il potere a quangos, organismi multilaterali e tribunali nazionali e internazionali. Il potere se n’è andato, e forse non tornerà mai più”.

    L’accademia militare americana di West Point ha deciso di eliminare il motto “Duty Honor Country”. Cosa non si fa per l’“inclusione”.

    Ma possiamo dormire sonni tranquilli: agli Europei di calcio in Germania questa estate ci saranno i “bagni neutri”.

    Ti lamenti con il tuo politico se la tua sinagoga viene vandalizzata? Ti risponderà di “pensare a Gaza”. Succede non in Arabia Saudita, dove di ebrei non ce ne sono, ma in Canada, il paradiso woke.

    Niente kippah invece in Arabia Saudita: i custodi dell’Islam hanno chiesto al rabbino americano Abraham Cooper di togliersi il copricapo ebraico. Lui ha rifiutato e se ne è andato. Bravo!

    Straordinaria lettera del regista Premio Oscar del Figlio di Saul, l’ungherese Laszlo Nemes: “Rimaniamo tutti scioccati dall’Olocausto, al sicuro nel passato, e non vediamo come il mondo potrebbe alla fine, un giorno, finire il lavoro di Hitler in nome del progresso e del bene infinito”.

    Gli ebrei del Belgio preparano le valigie: non sono invitati al banchetto dell’islamizzazione.

    Intanto si accendono le luci del Ramadan anche a Oslo. L’islamizzazione dell’Occidente procede spedita.

    Yasmine Mohammed, autrice di Unveiled: How Western Liberals Empower Radical Islam, parlando con il quotidiano israeliano Israel Hayom dice: “Se l'Occidente si riprendesse dalla sbornia e si rendesse conto contro chi ha a che fare e come le peggiori versioni dell'Islam siano entrate nelle più importanti istituzioni occidentali, e se poi procedesse ad affrontarlo dal profondo, allora potrebbe rimanere una possibilità di correggere la rotta. Ma se i liberal occidentali continuano a svolgere il ruolo di utili idioti per i musulmani che li usano per promuovere la loro ideologia, allora le cose peggioreranno molto. Il massacro avvenuto in Israele potrebbe essere solo un preludio a ciò che attende l'intero mondo”.

    Quando si dice “il dono della chiarezza”…
    8 marzo, Parigi

    Che brutta fine intanto il femminismo.

    “Nella primavera del 1975, ero in Iran e in Afghanistan in viaggio con i miei genitori, dando inconsapevolmente un ultimo sguardo prima che entrambe le civiltà fossero condannate per mezzo secolo a un islamismo che avrebbe sommerso donne e ragazze in una soffocante misoginia”. Così Qanta Ahmed sul Telegraph, che racconta come la propaganda antisraeliana ha cancellato la sorte delle donne iraniane. “La situazione di queste donne è stata eclissata dalle proteste filo-palestinesi. La guerra tra Israele e Hamas ha smascherato la straordinaria radicalizzazione di alcuni commentatori da poltrona in occidente. I progressisti moderni sembrano quasi celebrare i gruppi terroristici, esaltare gli islamici palestinesi e trascurare gli iraniani che sfidano l’estremismo, sia a Teheran che a Gaza. Anche agli islamisti iraniani viene riconosciuto lo status di quasi vittime, dipinti come soggetti ai capricci dell’egemonia occidentale. Dov’è l’Occidente woke quando le donne iraniane hanno bisogno del suo sostegno? Perché è così reticente a condannare il trattamento riservato alle donne nei paesi islamici?”.

    Scene vergognose alla manifestazione per l’8 marzo nella Marienplatz di Monaco. Bandiere palestinesi ovunque. Le bandiere israeliane non erano benvenute. Gruppi di sinistra e filo-palestinesi hanno insultato e spintonato diverse donne ebree. Tra i partecipanti c'era anche la presidente della comunità ebraica di Monaco Charlotte Knobloch (sopravvissuta alla Shoah). Stesse scene a Parigi. Insulti, tentativi di aggressione, minacce e lanci di proiettili, i collettivi filo israeliani hanno dovuto essere esfiltrati dalla manifestazione parigina organizzata in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna. "Abbiamo sentito slogan come ‘sporchi ebrei’, ‘nazisti’, ‘assassini israeliani’”, afferma al Point Mélanie Pauli-Geysse, presidente di No Silence. Uova, bottiglie rotte, proiettili di gomma. “È stato allora che la situazione è peggiorata, abbiamo potuto camminare solo pochi minuti prima di essere esfiltrati dalla polizia per la nostra sicurezza. Sull’Express, Sarah Barukh ha raccontato: “C’erano iraniane, afghane, israeliane, pakistane, yazide e altre, denunciamo le devastazioni dell’apartheid sessuale imposte dall’islamismo radicale. Siamo al fianco delle donne vittime di tradizioni barbariche come l’escissione, in Francia e altrove”. Accanto a lei, Mona Jafarian, fuggita dall'Iran, e padre Desbois, sacerdote cattolico che torna dall'Ucraina e racconta la sua vita con le donne yazide, il suo arresto in Iraq e la sua condanna a morte in diversi paesi designati come terre dell'Islam perché "ho espresso parole di simpatia verso gli ebrei”. Intanto lo scrittore algerino Kamel Daoud sul Point scrive che nessun media o organizzazione femminista in Europa si sta filando le testimonianze riportate dai sopravvissuti della famiglia di Abu Bakr al Baghdadi, il califfo di Daesh. Sua figlia, le sue mogli, le sue schiave sessuali sono intervistati sulle tv saudite per raccontare il califfo. “Nessun rilancio su giornali o piattaforme, nessuna analisi, nessuna eco” scrive Daoud. “Il neofemminismo occidentale, sgretolato nei particolarismi, è indifferente di fronte a questa scena ‘musulmana’ dove sfila la condizione di milioni di donne, al di là degli schermi digitali e degli effetti delle bolle ideologiche”.

    “L’Occidente è attanagliato da un vento di nichilismo” scrive il saggista Jean-Loup Bonnamy in L’Occident déboussolé. “Dimentica il suo passato e denigra la sua storia. Mutilando le sue radici si priva delle ali. Una civiltà è come un albero: è attingendo in profondità al suo passato che può costruire un futuro. E la nostra crisi impedisce l’assimilazione degli immigrati: nessuno vuole assimilarsi a una civiltà che non si rispetta più”.

    Come dargli torto? Noi, per dirla con Eric Kaufmann, siamo al “socialismo culturale” e alle università che intimano di non dire più “ladies and gentlemen”. Schiavi neutri in bagni neutri.

    Un mondo che si sta suicidando in bella vista.
     
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