Michel Mirowski, il medico che inventò "le sentinelle" da mettere vicino ai «cuori matti»

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    Michel Mirowski, il medico che inventò le sentinelle da mettere vicino ai «cuori matti»
    Elena Meli | Corriere della Sera - 20 aprile 2011

    L'idea di miniaturizzare i defibrillatori ha salvato milioni di vite

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    Quando in una sera di maggio del 1966 il cardiologo Harry Heller arrivò al pronto soccorso del Tel Hashomer Hospital di Tel Aviv era già troppo tardi: il suo cuore era fermo. L'allievo prediletto, Michel Mirowski, era di guardia ma non poté far nulla per salvare la vita all'uomo che qualche anno prima lo aveva accolto come un figlio e gli aveva insegnato tutto della professione medica.

    Due settimane prima ad Heller era stata diagnosticata una grave aritmia; la morte era sopraggiunta per una fibrillazione ventricolare, un'accelerazione del battito cardiaco tanto rapida e tumultuosa da provocare l'arresto cardiaco. E mentre Michel non si dava pace per la morte dell'amico, un pensiero gli attraversò la mente: sarebbe bastato l'intervento immediato di un defibrillatore. Fu quello il primo abbozzo dell'idea che accompagnerà il resto della vita di Mirowski, l'inventore del defibrillatore impiantabile.

    Michel Mirowski si chiamava in realtà Mordechai Frydman ed era un ebreo polacco, nato a Varsavia nel 1924. Suo padre gli cambiò il nome in Mieczyslaw Mirowski nel 1939, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Ma non bastò, e il quindicenne Mieczyslaw lasciò la famiglia per rifugiarsi in Unione Sovietica, dove visse di stenti per tutta la seconda guerra mondiale. Tornato in Polonia alla fine del conflitto, scoprì di essere l'unico della sua famiglia sopravvissuto al genocidio nazista, così decise di abbandonare quella terra per sempre e si iscrisse alla facoltà di medicina di Lione, in Francia, dove conobbe la moglie e cambiò definitivamente il nome in Michel Mirowski. Riuscì a laurearsi e nel 1954 si trasferì a Tel Aviv, iniziando a lavorare come cardiologo nell'ospedale dove esercitava il professor Harry Heller, che lo prese sotto la sua ala.

    Dopo la morte dell'amico-mentore il solo pensiero di Mirowski fu, dunque, quello di trovare il modo per inserire un defibrillatore nel torace e salvare la vita a chi aveva una fibrillazione cardiaca.
    Negli ospedali già si poteva trovare il defibrillatore esterno, con le placche da appoggiare sul petto per dare la scossa al cuore quando si ferma. Lo aveva messo a punto pochi anni prima il cardiologo Bernard Lown: era un apparecchio che pesava svariati chili, per nulla trasportabile, che però in ospedale aveva già salvato la vita a tantissimi pazienti. «Mirowski fu osteggiato da tutti i colleghi: lo stesso Bernard Lown lo giudicò un pazzo, non sembrava possibile rimpicciolire i componenti del defibrillatore per inserirlo in un paziente - racconta Antonio Raviele, direttore del Dipartimento cardiovascolare dell'ospedale di Mestre e presidente del congresso internazionale sulle aritmie che ogni anno si tiene a Venezia -. Mirowski però non si è mai dato per vinto, neppure quando fu accusato di voler piazzare "una bomba nel corpo di un uomo"».

    Il caparbio Michel capì che non avrebbe potuto portare avanti il suo progetto in Israele e nel 1968 emigrò di nuovo, stabilendosi negli Stati Uniti, a Baltimora. Al Sinai Hospital, dove dirigeva l'unità coronarica, c'era un laboratorio per gli esperimenti sugli animali; assieme al collega Morton Mower, Mirowski cominciò a testare la sua ipotesi e già nel 1969 impiantò un prototipo di defibrillatore interno in un cane. «Il primo studio sui defibrillatori impiantabili di Mirowski fu bocciato per la pubblicazione proprio da Lown - ricorda Raviele -. L'editore della rivista decise di pubblicare lo stesso il lavoro scientifico, accompagnato da un commento al vetriolo di Bernard Lown. Gli esperimenti di Mirowski proseguirono fra mille difficoltà: nessuno voleva finanziarlo, i National Institutes of Health misero in chiaro che non avrebbero mai scucito un centesimo per quelle ricerche su cui tutti erano scettici. Per fortuna nel 1972 il cardiologo trovò un'azienda di dispositivi medici disposta a credere nel suo progetto. Grazie a questa collaborazione, nel 1975 Michel creò il primo defibrillatore completamente impiantabile e lo inserì in un cane; il video dell'esperimento di defibrillazione nell'animale stupì tutta la comunità medica e qualcuno iniziò a chiedersi se quell'ostinato ebreo non avesse visto giusto.

    Il 4 febbraio del 1980, al Johns Hopkins Hospital di Baltimora, Mirowski impiantò per la prima volta un defibrillatore in un essere umano. Nel 1985, quando in tutto il mondo già 800 pazienti avevano ricevuto il defibrillatore interno, la Food and Drug Administration lo autorizzò per l'uso medico; da allora, la strada è stata tutta in discesa. «Il primo apparecchio pesava circa 300 grammi, per inserirlo occorreva una toracotomia e poteva dare una scarica solo in caso di fibrillazione ventricolare - dice Raviele -. Dopo pochi anni divenne possibile l'impianto per via transvenosa, senza aprire tutto il torace: il primo caso in Italia lo facemmo a Mestre, nel 1988».
    Lo strumento andò rimpicciolendosi e nei primi anni '90 divenne in grado di intervenire anche in caso di tachicardia ventricolare. Ma Mirowski non c'era più per vedere quanta strada avesse fatto la sua idea: morì nel 1990, ad appena 66 anni. La genialità dell'intuizione avuta in quel pronto soccorso di Tel Aviv era stata finalmente riconosciuta da tutto il mondo e lui, poliglotta che conosceva alla perfezione sei lingue, aveva tenuto conferenze ovunque. L'unica lingua che si era sempre rifiutato di imparare rimase, fino all'ultimo, il tedesco.

    Per chi volesse approfondire l'argomento: The implantable cardioverter-defibrillator: From Mirowski to its current use
     
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