Kaplan, Levinas, Tonati e Vaida sul Cristianesimo

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    PENSIERO
    La Cristianità nella teologia giudaica
    REDAZIONE 23/05/1973

    Il testo che pubblichiamo scaturisce da una richiesta, fatta nel 1968 dei Vescovi di Francia all’allora Rabbino Capo Jacob Kaplan, al fine di avere opinioni ebraiche sul cristianesimo.

    Un Comitato composto dal celebre filosofo Emmanuel Lévinas, dallo specialista in studi orientali Georges Vaida e da Charles Tonati, presidente della Commissione dottrinale rabbinica di Francia, ha assemblato rilevanti commenti rabbinici scritti nel corso dei secoli. Il comitato aveva ricevuto l’istruzione di realizzare il progetto sotto forma di documento ufficiale che raccogliesse i punti di vista del solo rabbinato francese e di basarsi solo sulle opere di saggi ebraici riconosciuti universalmente come autorità.

    Il Comitato ha in seguito affermato che i testi scelti rappresentavano il migliore spirito dell’ebraismo. I membri del comitato hanno scartato i test polemici, di una ostilità simile a quella presente in alcuni testi della tradizione cristiana nei confronti dell’ebraismo. I testi che giudicavano il cristianesimo idolatra datavano tendenzialmente al periodo precedente all’anno 1000 d.C. In seguito, nel Medio Evo, hanno cominciato ad apparire presso i pensatori ebraici giudizi più positivi nei confronti del cristianesimo. Il Comitato ha realizzato un profilo basato su sei asserzioni supportate dai commenti rabbinici che sono stati raccolti. Le conclusioni che ne sono state tratte sono state applicate sia al cristianesimo che all’islam. Il profilo è interessante poiché riflette il pensiero ebraico francese tre anni dopo la pubblicazione della Nostra Aetate – scaturita dal Concilio Vaticano Secondo – nel 1965; può essere comparato anche al documento degli ebrei americano “Dabru emet” pubblicato nel 2000.

    Questo documento non è mai stato oggetto di dibattito formale da parte dell’Assemblea rabbinica di Francia fino al 1978, cinque anni dopo la pubblicazione della lettera apostolica sulle relazioni cattolico-ebraiche dei vescovi cattolici francesi. Una minoranza significativa di rabbini riuniti avevano delle gravi richieste nei confronti della dichiarazione proposta; motivo per cui il Rabbino Capo Kaplan, vedendo che sarebbe stato impossibile ottenere il consenso, ha ritirato la proposta.

    Tonati, l’unico membro superstite del Comitato di stesura, considerando il valore storico del documento, ne ha suggerito la divulgazione al pubblico. Di conseguenza, esso è stato pubblicato sulla Revue des Études Juives nel 2001. In un articolo apparso su Le Monde il 12 febbraio 2001, il Rabbino Capo di Parigi, David Messas, ha sottolineato il fatto che nel 1968 questo testo non poteva essere considerato l’espressione del punto di vista corrente del rabbinato francese e non escludeva la possibilità che l’Assemblea rabbinica potesse affrontare di nuovo l’argomento. Nello stesso articolo, Samuel Sirat, l’ex Rabbino Capo di Francia, osservava che le altre idee che potevano essere ancora tracciate potrebbero costituire un nuovo argomento da affrontare oggi.

    La Cristianità nella teologia giudaica
    Rapporto della Commissione di esperti nominata dal Rabbino Capo di Francia e comprendente Lévinas, Tonati e Vaida

    1. L’espulsione dei cristiani avrebbe potuto essere evitata

    Nel famoso aneddoto riportato in Talmud Babli Sanhedrin 107b e in Sota 47a (testi censurati dalla censura cristiana, ma che possono essere ritrovati in Hersronot Ha-shas e nell’edizione Adin Stensalz di Sanhedrin), emerge un certo rimorso quando un barayta afferma quanto segue: «Che la mano sinistra scacci e che la mano destra trattenga, contrariamente a ciò che Alisha ha fatto quando ha scacciato Gehasi con entrambe le mani o Joshua ben Perahya quando ha scacciato via Gesù con entrambe le mani».

    2. I cristiani non sono idolatri; essi adorano il Dio che ha creato il mondo e hanno un certo numero di credenze in comune con gli ebrei

    Tra i tanti testi a disposizione, citiamo innanzitutto Tosafot, Bekhorot 2b, shemma : «Tutti i cristiano giurano sul nome dei santi che essi non considerano divinità. Anche se essi menzionano il nome di Dio pensando a Gesù, essi non fanno mai ricorso a degli idoli: inoltre, il loro pensiero è rivolto a Dio, il Creatore del cielo e della terra. Anche se essi associano il Nome di Dio ad altre cose quando devono prestare giuramento, ciò non è una trasgressione della proibizione : lifnei ‘iwwer lo titten mikhshol, dal momento che i Noachidi non proibivano l’associazione” (shittuf)». Cfr anche Tosafot, Sanhedrin 63b, asur e Tosafot Aboda Zara 2a, asur : «siamo sicuri che i non-ebrei che si trovano tra di noi non sono degli idolatri» (anche i testi Tosafot sono stati censurati, ci basiamo qui sui manoscritti e sulle vecchie edizioni; cfr. Urbach, Ba’aley ha-tosafot, pag. 59-60). Nei suoi commenti al Talmud, Rabbenu Menahem ha-Meiri enfatizza ripetutamente il fatto che le leggi talmudiche riguardanti i pagani non si riferiscono mai ai cristiani o ai musulmani, che egli qualifica come ummot ha-gedurot be darkhey ha-dator (nazioni che sono guidate da norme religiose); cfr. tra gli altri il suo commento a ‘Aboda zara, edizioni Schreiben, 1944, pagg. 28,48,53, ecc. e il suo commento a Baqa qamma, edizioni Schesinger, Gerusalemme 1973, pag. 330 : «Chiunque appartiene alle nazioni guidate da norme religiose e serve la divinità in qualunque modo, anche se le sue credenze possono essere lontane dalle nostre, è come un perfetto Israelita (Yisrael gamur) per quel che riguarda queste cose (per esempio per quel che riguarda la restituzione degli oggetti perduti)». Cfr. anche Rosh, Sanhedrin, VII, 3: Shulhan ‘arukh, Orah Hyyim, 156, paragrafo1; Hoshen Mishpaf, 425, paragrafo 5; Moshe Rivkes, Be’er ha-gola su quest’ultimo testo, la lunga nota a piè di pagina shin; Abraham Sebi Eisenstadt, Pithey teshuba, su Yore De’a, 147 e 152, nota a piè di pagina 2, in cui si possono trovare numerosi riferimenti a decisioni moderne. In abedat ‘akum (1) che non deve essere restituito, cfr. Be’er ha-gola su Hoshen Misphaf 266, nota a piè di pagina aleph: questa regola non si applica ai gentili di oggi che riconoscono il Creatore del mondo, ecc. (cfr. Joseph Karo, Beit Yoseph su Fur, lo stesso paragrafo).

    3. «La Salvezza Eterna per i Cristiani»

    Juda Hallevi, il più esclusivista tra i nostri pensatori, ha scritto: «Non neghiamo per nessuno, non importa a quale comunità di fede egli appartenga, una ricompensa da parte di Dio per le sue buone azioni» (Kusari I, paragrafo 111, testo arabo pag. 62), e più avanti (111, paragrafo 21, testo arabo pag. 174): «Non perderai la ricompensa per aver glorificato Dio». Isaac Arama, che scriveva nel quindicesimo secolo nella Spagna dell’epoca dell’Espulsione, si spinge ancora più avanti ritenendo che il termine “Israele” nella frase «Tutto Israele ha una parte dell’ ‘olam ha-ba‘» indichi i giusti provenienti da qualsiasi nazione, a meno di poter imputare iniquità a Dio (‘Aqedat Yitshaq, Shemini, porta 60).

    4. Israele deve lasciarsi ispirare dai Cristiani, dai Musulmani, ecc.

    Bahya Ibn Paquda ha giustificato ciò che aveva preso dai filosofi non ebrei e dagli asceti lontani dalla tradizione talmudica dicendo «Non ti sei comportato come il più giusto “tra i non-ebrei”, ma ti sei comportato come il più depravato» (Babli Sanhedrin 39b), egli poteva dire ciò tanto più che i rabbini avevano dichiarato: «Chiunque dica una parola saggia, anche se appartiene alle nazioni del mondo, è chiamato Hakham» (Babli, Megilla 16a) (Hobot h-lebabot, Prefazione, testo arabo pag. 26, traduzione ebraica, edizioni Zifrani, pag. 20).

    5. Il Cristianesimo e l’Islam hanno contribuito al progresso dell’umanità

    Cfr. Maimonide, Guida III, capitolo 39, traduzione Munk (in Francese), pag. 221: «Oggi noi vediamo la maggior parte degli abitanti della terra glorificare ‘Dio’ in accordo tra di loro e benedirsi gli uni gli altri in memoria ‘di Abramo’…»; Nahmanide, Torat ha-Shem termina, in kitbey ha-Ramban, edizioni Chavel, vol. I pagg. 142-144: «i popoli attuali hanno una morale e una condotta religiosa migliori»; Commentario al Cantico dei Cantici (attribuito a Ramban), stessa edizione, vol. II, pagg. 502-503 : «tutte le nazioni riconoscono le parole della Torah»; Ralbag, Milhamot, edizione di Leipzig, pag. 356 e Commentario alla Torah, edizione di Venezia, pag. 2: «oggi, la Torah è diffusa in tutte le nazioni del mondo».

    6. Il Cristianesimo e l’Islam spianano la strada al Messia

    Cfr, Juda Hallevi, Kuzari, IV, paragrafo 23, testo arabo pagg. 264-266: «Dio ha anche un piano segreto che ci riguarda, che è come il piano che egli ha per il seme: esso cade sul terreno, si trasforma in terra, acqua, concime; chi osserva crede che non ne rimanga più traccia visibile. Ma in realtà, è il seme che trasforma la terra e l’acqua dando loro la propria natura: gradualmente, esso trasforma gli elementi che rende sottili in qualcosa di simile a sé… La forma del primo seme fa crescere sull’albero dei frutti che sono uguali a quello da cui il seme è stato estratto. La stessa cosa avviene nel caso della religione di Mosè. Anche se da un punto di vista esteriore la respingono, tutte le religione che sono apparse dopo di essa sono in realtà delle trasformazioni di quella stessa religione. esse non fanno altro che spianare la strada e preparare il terreno per il Messia, che è l’oggetto della nostra speranza, che è il frutto». (Traduzione francese di Tonati) Cfr. anche Maimonide, Mishne Torah, Hilkot Melakhim, paragrafo XI (anche questo testo è stato censurato ed è stato ricostruito sulla base dei manoscritti presenti nella Bibliothèque Nationale), che è citato con alcune varianti in Nahmanide, Torat ha-Shem temima, edizioni Chavel, I, pag. 144: Il Cristianesimo e l’Islam «non fanno altro che spianare la strada la Re-Messia e al progresso (taqqen) del mondo intero, in modo che esso possa servire Dio in pieno accordo…».

    Per la Commissione
    Il Rabbino Capo Charles Tonati
    Parigi, 23 maggio 1973

    www.nostreradici.it/cristianita-teol-giud.htm#testo
     
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