Ebrei e Israele

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    Piero Cividalli: La storia dell'ultimo sopravvissuto italiano della Brigata ebraica
    Stefano Scaletta | Shalom - 25/04/2022

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    Piero Cividalli


    La brigata ebraica partecipò alla Resistenza. Stefano Scaletta, per la rivista Shalom ha intervistato l’ultimo sopravvissuto italiano, Piero Cividalli, 95 anni. Oggi vive a Ramat Gan, vicino Tel Aviv, in Israele.

    Piero Cividalli ha abbandonato l’Italia per via delle leggi razziali nel 1939 insieme al padre Gualtiero, ricercato dal regime in quanto antifascista, alla madre e ai fratelli. Appena diciottenne si arruolò volontario nell’esercito inglese nella Palestina mandataria. Ultimo sopravvissuto italiano della Brigata Ebraica. Lo intervistiamo in occasione delle celebrazioni del 25 aprile nella sua casa di Ramat Gan, vicino Tel Aviv, in Israele.

    Quando ha deciso di arruolarsi nella Brigata Ebraica e perché?
    Appena compii 19 anni, nel dicembre del 1944, decisi di arruolarmi nell'esercito britannico che combatteva per la liberazione dell'Italia dal giogo nazi-fascista. Nel 1936 furono assassinati in Francia i due fratelli Carlo e Nello Rosselli, amici dei miei genitori da lunga data. Io stesso conoscevo Nello che viveva a Firenze, giocavo da piccolo con le sue bambine e questo duplice delitto aveva fatto di me un ardente avversario del fascismo. Sapevo che la Brigata Ebraica stava combattendo in Italia e l'idea di aiutare gli italiani e i miei parenti rimasti là mi convinse ad arruolarmi subito. Fui inviato in Egitto per un periodo di allenamento per proseguire poi verso l'Europa. La guerra finì quando ancora mi trovavo in Egitto ma al più presto nel luglio del 1945 fui felice di rimettere piede sul suolo italiano. Trovai un’Italia distrutta e corrotta ma la gioia di aiutare per la ricostruzione del paese nel quale ero nato fu grande lo stesso.

    Il 25 aprile è la festa della Liberazione Nazionale. Sono ancora forti quei valori che hanno contribuito a sconfiggere il nazifascismo o crede siano in pericolo al giorno d'oggi?
    La maggior parte degli italiani non sa nulla dei disastri compiuti dal fascismo e della totale distruzione dell'Italia. I crimini dei fascisti sono ignorati e questo porta a una possibilità di ritorni nostalgici verso un passato dimenticato ma del quale alcuni conservano un'idea errata. Il pericolo che queste forze, per ora più o meno clandestine, possano tornare alla ribalta esiste senz'altro. La Resistenza è nata tardi, quando l'Italia era già in parte sconfitta, e se gli italiani non si svegliano c'è la possibilità che queste forze distruttive abbiano il sopravvento. Allora sarà la solita storia di vane speranze cui susseguono disastri e delusioni.

    Lei che la guerra l’ha vista da vicino, cosa ne pensa della guerra in Ucraina?
    Penso che l'umanità diretta da persone irresponsabili compie crimini inutili verso se stessa. Ma la guerra in Ucraina non è soltanto un crimine, è anche un errore. Il mondo civile non può accettare certi soprusi ma per paura non si ribella abbastanza. Non essendo un politicante mi guardo dal dare consigli ma credo che - come tutte le guerre - nessuno ci guadagnerà.

    Cosa si sente di dire ai giovani che studiano storia a scuola ed in generale a tutti i ragazzi delle scuole italiane che affrontano il tema del fascismo e della Liberazione?
    Ai giovani italiani posso dire una cosa sola: studiate la storia. Il fascismo ha portato alla distruzione e alla miseria. La vana idea di gloria è stata sommersa da disastri su disastri. Bisogna imparare a vivere, non a morire sui campi di battaglia. Il pericolo sta davanti a tutti, il mondo stesso è in pericolo e bisogna cercare di salvarlo. Non lasciatevi ingannare da vane promesse fatte da persone ambiziose che giocano sulla vostra vita. Il mondo sarà bello soltanto se non vi farete allettare da false promesse di benessere a scapito di altri. Ci sarà posto per tutti solo se lo vorrete. Aiutiamoci vicendevolmente nell'amore del mondo, della vita e dell'umanità.
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    Non so se amplierai la lista dei parenti, frattanto questi sono i temini per zio/zia e nonno/nonna:

    ZIO -> דוד (dod)
    ZIA -> דודה (dodà)
    NONNO -> סבא (saba)
    NONNA -> סבתא (savta)
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    Ma la finalità dell'Europa Unita era quella di accrescere il potere politico-economico degli Stati europei, che altrimenti, presi singolarmente, non avrebbero avuto peso specifico nello scenario internazionale?
    Siamo condannati all'irrilevanza e alla sottomissione, ahinoi.
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    Michel Mirowski, il medico che inventò le sentinelle da mettere vicino ai «cuori matti»
    Elena Meli | Corriere della Sera - 20 aprile 2011

    L'idea di miniaturizzare i defibrillatori ha salvato milioni di vite

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    Quando in una sera di maggio del 1966 il cardiologo Harry Heller arrivò al pronto soccorso del Tel Hashomer Hospital di Tel Aviv era già troppo tardi: il suo cuore era fermo. L'allievo prediletto, Michel Mirowski, era di guardia ma non poté far nulla per salvare la vita all'uomo che qualche anno prima lo aveva accolto come un figlio e gli aveva insegnato tutto della professione medica.

    Due settimane prima ad Heller era stata diagnosticata una grave aritmia; la morte era sopraggiunta per una fibrillazione ventricolare, un'accelerazione del battito cardiaco tanto rapida e tumultuosa da provocare l'arresto cardiaco. E mentre Michel non si dava pace per la morte dell'amico, un pensiero gli attraversò la mente: sarebbe bastato l'intervento immediato di un defibrillatore. Fu quello il primo abbozzo dell'idea che accompagnerà il resto della vita di Mirowski, l'inventore del defibrillatore impiantabile.

    Michel Mirowski si chiamava in realtà Mordechai Frydman ed era un ebreo polacco, nato a Varsavia nel 1924. Suo padre gli cambiò il nome in Mieczyslaw Mirowski nel 1939, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Ma non bastò, e il quindicenne Mieczyslaw lasciò la famiglia per rifugiarsi in Unione Sovietica, dove visse di stenti per tutta la seconda guerra mondiale. Tornato in Polonia alla fine del conflitto, scoprì di essere l'unico della sua famiglia sopravvissuto al genocidio nazista, così decise di abbandonare quella terra per sempre e si iscrisse alla facoltà di medicina di Lione, in Francia, dove conobbe la moglie e cambiò definitivamente il nome in Michel Mirowski. Riuscì a laurearsi e nel 1954 si trasferì a Tel Aviv, iniziando a lavorare come cardiologo nell'ospedale dove esercitava il professor Harry Heller, che lo prese sotto la sua ala.

    Dopo la morte dell'amico-mentore il solo pensiero di Mirowski fu, dunque, quello di trovare il modo per inserire un defibrillatore nel torace e salvare la vita a chi aveva una fibrillazione cardiaca.
    Negli ospedali già si poteva trovare il defibrillatore esterno, con le placche da appoggiare sul petto per dare la scossa al cuore quando si ferma. Lo aveva messo a punto pochi anni prima il cardiologo Bernard Lown: era un apparecchio che pesava svariati chili, per nulla trasportabile, che però in ospedale aveva già salvato la vita a tantissimi pazienti. «Mirowski fu osteggiato da tutti i colleghi: lo stesso Bernard Lown lo giudicò un pazzo, non sembrava possibile rimpicciolire i componenti del defibrillatore per inserirlo in un paziente - racconta Antonio Raviele, direttore del Dipartimento cardiovascolare dell'ospedale di Mestre e presidente del congresso internazionale sulle aritmie che ogni anno si tiene a Venezia -. Mirowski però non si è mai dato per vinto, neppure quando fu accusato di voler piazzare "una bomba nel corpo di un uomo"».

    Il caparbio Michel capì che non avrebbe potuto portare avanti il suo progetto in Israele e nel 1968 emigrò di nuovo, stabilendosi negli Stati Uniti, a Baltimora. Al Sinai Hospital, dove dirigeva l'unità coronarica, c'era un laboratorio per gli esperimenti sugli animali; assieme al collega Morton Mower, Mirowski cominciò a testare la sua ipotesi e già nel 1969 impiantò un prototipo di defibrillatore interno in un cane. «Il primo studio sui defibrillatori impiantabili di Mirowski fu bocciato per la pubblicazione proprio da Lown - ricorda Raviele -. L'editore della rivista decise di pubblicare lo stesso il lavoro scientifico, accompagnato da un commento al vetriolo di Bernard Lown. Gli esperimenti di Mirowski proseguirono fra mille difficoltà: nessuno voleva finanziarlo, i National Institutes of Health misero in chiaro che non avrebbero mai scucito un centesimo per quelle ricerche su cui tutti erano scettici. Per fortuna nel 1972 il cardiologo trovò un'azienda di dispositivi medici disposta a credere nel suo progetto. Grazie a questa collaborazione, nel 1975 Michel creò il primo defibrillatore completamente impiantabile e lo inserì in un cane; il video dell'esperimento di defibrillazione nell'animale stupì tutta la comunità medica e qualcuno iniziò a chiedersi se quell'ostinato ebreo non avesse visto giusto.

    Il 4 febbraio del 1980, al Johns Hopkins Hospital di Baltimora, Mirowski impiantò per la prima volta un defibrillatore in un essere umano. Nel 1985, quando in tutto il mondo già 800 pazienti avevano ricevuto il defibrillatore interno, la Food and Drug Administration lo autorizzò per l'uso medico; da allora, la strada è stata tutta in discesa. «Il primo apparecchio pesava circa 300 grammi, per inserirlo occorreva una toracotomia e poteva dare una scarica solo in caso di fibrillazione ventricolare - dice Raviele -. Dopo pochi anni divenne possibile l'impianto per via transvenosa, senza aprire tutto il torace: il primo caso in Italia lo facemmo a Mestre, nel 1988».
    Lo strumento andò rimpicciolendosi e nei primi anni '90 divenne in grado di intervenire anche in caso di tachicardia ventricolare. Ma Mirowski non c'era più per vedere quanta strada avesse fatto la sua idea: morì nel 1990, ad appena 66 anni. La genialità dell'intuizione avuta in quel pronto soccorso di Tel Aviv era stata finalmente riconosciuta da tutto il mondo e lui, poliglotta che conosceva alla perfezione sei lingue, aveva tenuto conferenze ovunque. L'unica lingua che si era sempre rifiutato di imparare rimase, fino all'ultimo, il tedesco.

    Per chi volesse approfondire l'argomento: The implantable cardioverter-defibrillator: From Mirowski to its current use
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    Mi date l'occasione per pubblicare le info su un libro di Lawrence Kushner, pubblicato da Giuntina, dal titolo "In questo luogo c’era Dio e io non lo sapevo"

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    "Giacobbe stava fuggendo dalla sua casa. Una notte, coricatosi nel deserto per dormire, fu protagonista di una delle maggiori esperienze mistiche della religione occidentale. Sognò una scala che andava dalla terra al cielo e, su di essa, angeli che salivano e scendevano. Per migliaia di anni gli uomini hanno cercato di cogliere il messaggio che quegli angeli erano venuti a portare a Giacobbe, e a noi. Operando un ardito amalgama di erudizione e inventiva, psicologia e storia, Lawrence Kushner raggruppa una serie di stimolanti interpretazioni di Genesi 28,16 fornite da Maestri del passato: da Shmuel bar Nachmani, vissuto in Palestina nel III secolo, fino a Hannah Rachel Werbermacher di Ludomir che visse in Polonia duecento anni fa. Grazie a un nuovo, affascinante genere letterario e all'originale ricostruzione delle vite e delle epoche di quei dotti abbiamo l'impressione di entrare nelle aule di studio e di sedere ai piedi di quei Maestri dello spirito per apprendere quanto ognuno di loro ha scoperto sul Sé di Dio e su noi stessi mentre saliva e scendeva per la scala di Giacobbe "

    Traduzione: P. Buscaglione C. Candela
    Sottotitolo: Sette commenti a Genesi 28,16
    Pagine: 179
    Legatura: brossura
    Anno di edizione: 1994
    Prezzo: € 15,00

    Edited by ahdut - 2/4/2024, 19:11
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    Per un futuro migliore dopo Hamas, Gaza avrà bisogno di una profonda riforma dell’istruzione
    Israele.net - 31 marzo 2024

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    Educazione all'odio, sin dalla prima infanzia. In questa scuola dell'UNRWA, due bambini palestinesi recitano la parte di terroristi che prendono in ostaggio un israeliano. Succedeva nel 2016, ma un'educazione di questo tipo è continuata fino al 7 ottobre. Per ricostruire Gaza, dopo la fine del dominio di Hamas (e dei suoi complici), bisogna prima di tutto ricostruire da capo il suo sistema educativo

    Una delle domande chiave che preoccupano politici, accademici, personalità dei media e gente comune è cosa accadrà a Gaza il giorno dopo la fine della guerra tra Israele e Hamas e la cacciata dell’organizzazione terroristica dal governo dell’enclave palestinese.

    Oltre alle preoccupazioni su chi amministrerà la striscia di Gaza, su come verranno ricostruite le sue infrastrutture e su come potrà essere restituito un minimo grado di sicurezza alle comunità di confine israeliane, c’è anche la questione di come la società palestinese a Gaza potrà essere de-radicalizzata dopo 18 anni di regime jihadista.

    La chiave della questione sta in una profonda riforma dell’istruzione.

    In premessa, per coloro che sostengono che i danni subiti dai civili palestinesi nella guerra causeranno un generale aumento dell’estremismo e persino della propensione al terrorismo, vale la pena sottolineare alcuni fatti storici.

    Generalmente i regimi autoritari guerrafondai perdono consensi quando escono sconfitti dalle guerre che hanno scatenato, e le cui conseguenze sono riaccadute sulla popolazione. E’ accaduto, ad esempio, al regime fascista in Italia con le disastrose campagne militari in Grecia e in Russia, ai regimi dei colonnelli greci e dei generali argentini con le disfatte rispettivamente a Cipro e nelle Falkland, al regime sovietico in Afghanistan.

    In particolare, nel mondo dell’estremismo jihadista i gruppi terroristi incrementano sostegno, consensi e adesioni quando mettono a segno sanguinosi e spettacolari attentati nonché spietati ricatti per ottenere la scarcerazione dei loro “prigionieri”. Viceversa, il loro potere d’attrazione tra le popolazioni di riferimento crolla quando vengono sconfitti sul campo, anche a costo di gravi danni ai non combattenti coinvolti. E’ accaduto all’Isis nel decennio scorso, e verosimilmente accadrebbe anche a Hamas e Jihad Islamica Palestinese. In altri termini, non è la guerra contro Hamas, per quanto drammatica, che incrementerà il numero di palestinesi disposti a fare terrorismo, mentre lo incrementerebbe senz’altro qualunque esito della guerra che fosse propagandato e percepito come una “sconfitta di Israele” (ad es. un cessate il fuoco illimitato senza rilascio degli ostaggi o la scarcerazione di uno spropositato numero di terroristi in cambio di pochi ostaggi).

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    Da un testo per la seconda elementare usato nelle scuole dell’Unrwa. A sinistra: “Disegniamo la mappa del nostro paese con i nostri corpi”. A destra: “Coloriamo la mappa della patria con i colori della bandiera palestinese”. Israele è ignorato e cancellato dalla carta geografica


    Solo nel quadro di una chiara sconfitta di Hamas e dei suoi complici sarà possibile avviare la necessaria opera di de-radicalizzazione di una società sottoposta da decenni a un martellante indottrinamento in senso anti-israeliano, anti-ebraico e anti-democratico.

    Esistono precedenti storici nei quali una profonda riforma dell’istruzione ha sostanzialmente contribuito a de-radicalizzare e moderare società che erano state governate da movimenti politici altrettanto fanatici del jihadismo di Hamas.

    Dopo la fine della seconda guerra mondiale, sia la Germania che il Giappone subirono un processo di de-radicalizzazione che mirava a capovolgere la struttura politica e sociale militarista che aveva guidato il loro espansionismo aggressivo, sfociato nella guerra mondiale.

    Sotto l’influenza iniziale delle forze alleate e poi su iniziativa delle autorità locali, sia la Germania che il Giappone riformarono i loro sistemi educativi sottolineando i valori di tolleranza e democrazia, rimuovendo dai programmi scolastici ultra-nazionalismo e militarismo (revanscismo, irredentismo, razzismo), dando maggiore autonomia all’insegnamento rispetto alle rigide direttive statali, aggiornando i sistemi di formazione e accreditamento degli insegnanti.

    Va notato che queste riforme avvennero nel contesto delle vaste distruzioni e dei considerevoli sfollamenti causati dagli Alleati nella loro lotta contro la Germania nazista e il Giappone imperiale. Nonostante il risentimento che i popoli tedesco e giapponese avrebbero potuto provare nei confronti degli Alleati per la loro condotta durante la guerra, ciò non produsse una società più radicale di quella esistente prima della sconfitta delle potenze dell’Asse. Anzi.

    Ovviamente le società tedesca e giapponese non cambiarono da un giorno all’altro, ma le riforme dell’istruzione attuate immediatamente e coerentemente dopo la seconda guerra mondiale contribuirono in modo sostanziale ad aprire la strada affinché ciascuno di quei paesi diventasse la solida democrazia e la robusta economia che sono oggi.

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    Un testo per la quinta elementare usato nelle scuole dell’Unrwa invita a colorare una bandiera palestinese che gronda sangue, accanto a una mappa che cancella lo stato ebraico e reca la scritta “Dio, proteggi la Palestina”


    Anche in anni più recenti si sono visti casi in cui la riforma dell’istruzione ha giocato un ruolo importante nei processi di pacificazione e de-radicalizzazione.

    In seguito alla firma degli Accordi di Abramo con Israele nel 2020, gli Emirati Arabi Uniti hanno intrapreso un processo di moderazione dei loro testi didattici, rimuovendo contenuti bellicosi e violenti sia sugli ebrei che su Israele. Sebbene in alcuni testi si trovino ancora alcune rappresentazioni negative di Israele, il processo di moderazione è stato ritenuto “straordinariamente positivo”.

    Questa moderazione del curriculum scolastico degli Emirati Arabi Uniti ha incluso anche la recente introduzione dello studio della Shoah per gli studenti di vari gradi.

    In Bahrein (un altro paese firmatario degli Accordi di Abramo), sono stati fatti passi avanti verso la moderazione del programma educativo su Israele, ma la presenza di una forte opposizione da parte di figure religiose locali lascia dubbi sulla portata che potranno avere tali riforme.

    Perfino l’Arabia Saudita, una potenza regionale che si è lentamente aperta a Israele sebbene i due paesi non abbiamo rapporti diplomatici ufficiali, ha intrapreso una graduale moderazione dei suoi testi educativi circa Israele e popolo ebraico. Benché in questi testi esistano ancora rappresentazioni molto negative di Israele, il processo di moderazione è avviato e costituisce un primo passo promettente.

    Quando Hamas non avrà più il controllo su Gaza, il sistema educativo locale dovrà essere sottoposto a una riforma globale per porre rimedio ai danni causati da 18 anni di regime jihadista.

    Ma è altrettanto importante sapere chi condurrà questa riforma.

    Sia l’Autorità Palestinese con sede a Ramallah che l’Unrwa, il principale organismo delle Nazioni Unite che opera nelle aree palestinesi, sono stati menzionati come attori principali della riabilitazione di Gaza dopo la guerra. Tuttavia, entrambi questi organismi sono in realtà parte del problema: l’Unrwa gestisce diverse scuole a Gaza e Hamas utilizza nelle sue scuole i programmi di base dell’Autorità Palestinese (con sue integrazioni).

    Secondo l’organizzazione di monitoraggio dell’istruzione IMPACT-se, i libri di testo utilizzati nelle scuole dell’Autorità Palestinese e dell’Unrwa esaltano il terrorismo, propugnano la distruzione di Israele e perpetuano stereotipi antisemiti.

    Se la comunità internazionale desidera promuovere un futuro migliore per la Gaza del dopo-Hamas, dovrà insistere affinché vengano introdotti nelle scuole della striscia (ma anche in quelle di Cisgiordania e nei campi palestinesi del resto del mondo arabo) programmi e testi di studio moderati, improntati ai valori di democrazia e rispetto dell’Altro, che respingano violenza e terrorismo e promuovano relazioni pacifiche con il vicino Israele.

    Se continueranno ad essere utilizzati materiali didattici come quelli usati dall’Autorità Palestinese e dall’Unrwa, e insegnanti da loro formati, Gaza non sarà destinata a un futuro migliore bensì a un futuro fatto di altri 7 ottobre, con tutte le sue conseguenze.
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    Grigorij Jakovlevič Perel'man - Matematico
    da Wikipedia.

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    Grigorij Jakovlevič Perel'man (in russo: Григорий Яковлевич Перельман, AFI: [ɡrʲɪˈɡorʲɪj ˈjakəvlʲɪvʲɪtɕ pʲɪrʲɪlʲˈman]; Leningrado, 13 giugno 1966) è un matematico russo. Nel 2002 ha dimostrato la congettura di Poincaré, uno dei più importanti problemi della topologia, che, proposto da Henri Poincaré nel 1904, ha atteso quasi un secolo la scoperta di una soluzione. Nel 2006 ha vinto la prestigiosa Medaglia Fields, ma l'ha rifiutata (vedere articolo e video in basso).

    Perel'man è il maggiore di due figli di una coppia ebrea di Leningrado. Il padre era un ingegnere elettronico e la madre un'insegnante di matematica. Come la sorella Elena (diventata anch'ella una valente matematica), fu iscritto alla Scuola Pubblica nº 239 (istituto per bambini particolarmente dotati, fondato negli anni '50) e successivamente fu ammesso all'Università Statale di Leningrado, dove si specializzò nei programmi di matematica avanzata e di fisica.

    Mentre era ancora studente di scuola superiore, nel 1982, vinse una medaglia d'oro per il punteggio massimo ottenuto alle Olimpiadi internazionali di matematica tenutesi a Budapest. Perel'man si è poi laureato alla facoltà di matematica e meccanica dell'Università Statale di Leningrado e ha iniziato a lavorare nel dipartimento di San Pietroburgo dell'Istituto Steklov di Matematica. I suoi tutor presso l'Istituto Steklov sono stati Aleksandr Danilovič Aleksandrov e Jurij Dmitrievič Burago.

    Alla fine degli anni ottanta e nei primi anni novanta, Perel'man ha lavorato presso varie università degli Stati Uniti. Ritornato in Russia nel 1995 (o nel 1996), ha lavorato senza far parlare di sé all'Istituto Steklov. Fino all'autunno del 2002, Perel'man era noto più che altro per i suoi lavori nella geometria comparativa, ove aveva ottenuto risultati notevoli, tra cui la congettura dell'anima, uno dei teoremi classici della geometria di Riemann.



    Per chi volessi approfondire, nello spoler La congettura di Poincaré
    Nel novembre 2002 pubblicò, sul sito Web arXiv, il primo di una serie di scritti con i quali intendeva dimostrare la congettura di geometrizzazione di Thurston, risultato che comprende, come caso particolare, la congettura di Poincaré. Quest'ultima, proposta dal matematico francese Henri Poincaré nel 1904, era uno dei più famosi problemi irrisolti di topologia. Molti matematici ne avevano tentato la dimostrazione, senza successo, e il Clay Mathematics Institute aveva promesso una ricompensa da un milione di dollari per chi fosse stato in grado di fornirne una dimostrazione. La strategia d'attacco di Perel'man consistette nel modificare il programma di geometrizzazione di Richard Hamilton attraverso il flusso di Ricci. L'approccio di geometrizzazione di Hamilton era particolarmente innovativo rispetto ai precedenti programmi più diretti, che erano di stampo topologico, in particolare gli approcci di W.P. Thurston, J.W. Cannon e D. Gabai.

    Nel dicembre 2005 il lavoro di Perel'man fu esaminato dalla comunità matematica, dopo una serie di sue conferenze in importanti atenei, in cui fornì spiegazioni su parti della dimostrazione che erano state pubblicate su arXiv. Nell'agosto del 2006 i numerosi matematici che seguirono e controllarono il suo lavoro completarono una documentazione di oltre mille pagine, in cui si spiegava passo per passo la dimostrazione completa della congettura di Poincaré. Tale lavoro esplicativo è stato assolutamente necessario, dato il sistema abituale di lavoro di Perel'man, in cui il prodotto finale è da lui considerato concluso e presentabile solo se raggiunge un livello di concisione estrema, unita all'adeguata perfezione formale. I lavori di Perel'man sono concettualmente inattaccabili, ma il suo metodo di esposizione li rende estremamente difficili da comprendere per altri matematici senza una sorta di guida esplicativa.




    Riconoscimenti

    Sono state fatte diverse ipotesi sul fatto che possano essere attribuiti allo studioso sia la medaglia Fields sia il premio milionario dell'Istituto Clay qualora la dimostrazione dovesse rimanere incontestata. In passato, nei primi anni novanta, Perel'man aveva rifiutato un premio dalla European Mathematical Society, si dice per il suo profondo spirito anti-materialistico; inoltre, egli si era del tutto disinteressato alla pubblicazione della dimostrazione in una rivista matematica peer-reviewed, come richiesto dalle regole del premio Clay. Lo stesso Clay Mathematics Institute ha esplicitamente affermato che il suo consiglio direttivo potrà cambiare i requisiti, considerando come valida, almeno per il caso di Perel'man, una pubblicazione via web.

    Il 22 agosto 2006 Grigorij Perel'man comunicò che avrebbe rifiutato la medaglia Fields. Nello stesso anno si dimise dal suo posto a San Pietroburgo e, da allora, si è ritirato a vivere con la madre in una casa popolare, lontano da università e interviste, e con la pensione di lei come unica fonte di sostentamento. In un'intervista precedente ha così spiegato la sua decisione: "Non voglio essere uno scienziato da vetrina, e troppi soldi in Russia generano solo violenza".

    Nel giugno del 2007 sarebbe stato visto e fotografato nella metropolitana della città da un blogger russo nelle immagini fotografiche con i capelli arruffati, la barba incolta e vecchie scarpe.

    L'Istituto Clay annunciò l'assegnazione del premio a Perel'man relativo alla congettura di Poincaré. Perel'man però non si presentò a ritirare il premio a Parigi, dove l'Istituto Clay ha tenuto la premiazione, e ha poi annunciato di averlo rifiutato.

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    La Medaglia Fields (esemplare non assegnato per il rifiuto di Perel'man)



    Perché Grigori Perelman rifiutò un milione di dollari e la medaglia Fields?
    di Francesco Suman| Network Università di Padova - 27 SETTEMBRE 2018

    Nel 1904 il matematico francese Henri Poincaré stava studiando le proprietà topologiche della sfera e con i suoi studi pionieristici avrebbe gettato le basi per la topologia algebrica. Questa storia, ricostruita in un documentario della televisione russa, parte da un problema, di topologia appunto, passato alla storia come congettura di Poincaré. Se avvolgiamo un elastico attorno a una palla possiamo stringere l'elastico verso l'alto fino a ridurlo a un punto, senza mai staccarlo dalla superficie. In termini formali, la congettura di Poincaré asserisce che ogni varietà tridimensionale compatta semplicemente connessa è assimilabile a una sfera. Ma in quanto congettura, la verità di questo enunciato va tutta dimostrata.

    Nel 1900, al congresso internazionale della matematica di Parigi, David Hilbert, uno dei più influenti matematici di tutti i tempi, aveva presentato una lista di 23 problemi fondamentali e irrisolti, noti come problemi di Hilbert. Nel 2000, a distanza di un secolo, sempre a Parigi, l'istituto matematico Clay (Cambridge, Massachusets) presentò una lista di 7 problemi, anch'essi senza soluzione, ribattezzati problemi del millennio. 7 problemi da un milione di dollari ciascuno: questa la cifra promessa dall'istituto Clay ai temerari solutori. Temerari perché la matematica può spalancare porte che ti portano ai confini dell'universo, ma può anche farti sprofondare in un abisso da cui è impossibile risalire.

    Nella lista vi era anche la congettura di Poincaré, che nessuno nell'arco di un secolo era riuscito a dimostrare. Nessuno o quasi. Stephen Smale, nel 1966 si era guadagnato la medaglia Fields (il premio Nobel della matematica) per aver dimostrato che l'enunciato era verificato in uno spazio a 5 dimensioni o più. Vent'anni dopo, nel 1986, era la volta di Michael Freedman, che dimostrò la congettura in uno spazio a 4 dimensioni. Rimaneva però aperto il quesito nello spazio tridimensionale, il nostro. La sua dimostrazione avrebbe potuto far comprendere alla comunità dei matematici e dei fisici teorici alcuni aspetti fondamentali della forma del nostro universo.

    Grigori Jakovlevic Perelman nasce nel 1966, a Leningrado. È un ragazzo costante e impeccabilmente onesto, tanto che la madre intuisce che la matematica gli potrebbe dare quello di cui aveva bisogno: solitudine, complessità e un insieme di regole cui attenersi.

    Viene accettato nella più prestigiosa università di Leningrado, la stessa che ha formato menti matematiche come Lobachevsky e Kolmogorov. Completa i suoi studi in matematica in quella che ora si chiama San Pietroburgo, ma nei primi anni '90 la Russia sta decadendo. Nel 1992 vola oltreoceano, a New York al Courant Institute, dove conosce Gang Tian, matematico cinese, uno dei pochi con cui sviluppa un'affinità. New York non lo conquista. Visiterà Berkley, ma è a Princeton che farà l'incontro che gli cambierà la vita: qui segue alcuni seminari, tra cui quello di Richard Hamilton, matematico statunitense. È sufficiente una conversazione con lui sul flusso di Ricci per capire che finalmente ha trovato pane per i suoi denti. Hamilton gli confesserà di essere vicino alla soluzione della congettura di Poincaré, ma di non sapere come proseguire. Grigori Perelman, Grisha per amici e colleghi, capisce che forse un modo c'è.

    Dopo tre anni di permanenza negli Stati Uniti molte università gli offrono un posto, ma lui, nel 1995, compra un biglietto per San Pietroburgo, torna all'istituto Steklov dove sa di poter trovare un posto tranquillo per lavorare in pace. Torna a vivere nello stesso quartiere di sua madre, ma in appartamenti diversi. La solitudine è quello di cui ha bisogno per arrivare là dove nessuno è mai arrivato. Lavorerà alla congettura per più di 7 anni.

    L'11 novembre 2002 Grisha carica sul database ad accesso libero arXiv.org un file, “The entropy formula for the Ricci Flow and its geometric applications”: 40 pagine in inglese e la sua firma. A poco a poco inizia a girare la voce che un matematico russo che si occupa di topologia ha scritto un articolo sul flusso di Ricci all'interno del quale pretende di avere dimostrato la congettura di Poincaré. Chiunque fosse stato consapevole di aver risolto uno dei problemi del millennio, avrebbe preparato una pubblicazione sulla più prestigiosa rivista scientifica con annunci in grande stile. Grisha no. Giang Tian, l'amico matematico cinese conosciuto negli States, lo invita a tenere una serie di lezioni sulla sua scoperta. Grisha accetta, ma rimarca di non volere telecamere o giornalisti intorno a lui, nemmeno un registratore sulla cattedra.

    Nel 2003 vola di nuovo oltreoceano per tenere la sua lezione, durante la quale non menziona nemmeno la congettura di Poincaré, perché secondo lui era solo un piccolo passaggio che aveva provato durante l'esposizione di una teoria più ampia. La dimostrazione della congettura era sorprendentemente breve, seguiva un approccio del tutto inusuale, geometrico. Lì per lì nessuno la capisce. Hamilton segue la lezione di Perelman, ma non va a parlargli né si complimenta con lui. Nonostante l'invito a rimanere negli Stati Uniti, Grisha torna a San Pietroburgo.

    Sono pochi i matematici che possedevano una conoscenza sufficientemente vasta per comprendere il lavoro innovativo di Perelman. In molti prima di lui hanno proposto soluzioni alla congettura di Poincaré, ma tutte si erano dimostrate scorrette in qualche passaggio. Trascorrono alcuni anni prima che due gruppi di lavoro si convincano che la dimostrazione è corretta. Non solo, apre prospettive che quasi nessuno prima d'allora si era immaginato.

    L'Unione internazionale dei matematici decide di consegnare nel 2006 la Medaglia Fields a Grigori Perelman. Ma improvvisamente, nel 2005, Perelman rassegna le sue dimissioni dall'istituto Steklov di San Pietroburgo. Da quello che percepiscono i suoi colleghi, Grisha sta lasciando non solo l'istituto, ma anche la matematica.

    La notizia della dimostrazione intanto si è diffusa. La rivista Science descrive la soluzione della congettura di Poincaré come una delle scoperte dell'anno, il Telegraph annovera Grisha tra i 100 geni viventi, al nono posto. La notorietà lo rincorre come un predatore. È il New Yorker però a uscire con una notizia che fa scalpore: il matematico cinese Shing-Tung Yau rivendica parte della soluzione della congettura e contesta la scelta di assegnare il premio a Perelman. Grisha ne è profondamente deluso: tutti possono comprare, vendere e rubare tutto, pensa; la comunità dei matematici gli appare corrotta, come il resto della società, e se la prende anche con i matematici russi, che secondo lui non si sono esposti per difendere la verità.

    Nonostante tutto, la comunità matematica internazionale nell'agosto del 2006 si riunisce a Madrid per consegnare il riconoscimento a Perelman, c'è anche il re spagnolo invitato per mettere al collo del vincitore la Medaglia Fields. Perelman non si presenta. La stampa esplode su questa notizia: giornalisti lo chiamano a casa, lo attendono al supermercato, su di lui vengono scritte canzoni, poesie e false interviste. Lui non si fa trovare. Grisha è molto ostinato, senza questa qualità d'altronde non avrebbe mai dimostrato la congettura. Ma non avendo più la matematica verso cui rivolgere il suo talento, l'ostinazione diventa testardaggine e l'isolamento il suo unico alleato.

    L'istituto Clay attende altri 4 anni prima di annunciare l'assegnazione del premio da un milione di dollari. Questa volta Grisha ci pensa, per quasi 100 giorni. Perelman è consapevole che il contributo di Hamilton è stato fondamentale, la conversazione avuta a Princeton sul flusso di Ricci è stata forse l'inizio di tutto. La regola del premio però dice che è il matematico che per primo taglia il traguardo a prendersi il premio, non si può dividerlo con chi ha fatto parte del tragitto. Questa regola, Grisha non la accetta, non condivide la scelta della comunità dei matematici, la trova ingiusta. Rifiutare il sistema di regole della comunità cui anche lui dovrebbe appartenere significa non riconoscere la comunità stessa. Nel giugno 2010, a Parigi, alla cerimonia di consegna del premio da un milione di dollari, Perelman non si presenta.

    Molti ragazzi indossarono una maglietta con la faccia di Perelman e sotto una scritta che diceva che aver risolto il problema era un premio sufficiente, il suo cervello non era in vendita. Oggi nessuno sa come si guadagni da vivere Grigori Perelman, si dice che viva nella periferia di San Pietroburgo con la madre pensionata, ai limiti della povertà. Se Perelman avesse potuto dare altri contributi alla comunità scientifica o se invece le sue energie fossero esaurite dopo la fatica della congettura, nessuno può dirlo. Diversi suoi colleghi russi ritengono che il suo talento sia sprecato, che non lo sta trasmettendo a nessuno, mentre lui è diventato il genio che è grazie anche agli insegnamenti di alcuni tra i più grandi matematici al mondo. Ha scelto la libertà individuale, a scapito di tutto il resto.

    John Nash, il matematico che vinse il Nobel per l'economia per i suoi studi nel campo della teoria dei giochi, era schizofrenico, ma ciò non gli impedì di diventare una celebrità quando il film ispirato alla sua biografia (scritta da Sylvia Nasar, la stessa giornalista che aveva firmato l'articolo sul New Yorker del 2006) vinse l'oscar. Perelman non aveva imbarazzi a parlare di matematica con i suoi colleghi, anzi tutti lo ricordano come una persona gentile. Rifiutava invece un invito a pranzo se, oltre ai suoi colleghi, a tavola erano seduti anche i loro famigliari. Non per qualche specifica ragione, nessun atteggiamento eccentrico alla Bob Dylan. Molto più semplicemente, non faceva per lui.

    Qualcuno potrebbe tacciare Perelman di ignavia, come se avesse voluto scansare responsabilità molto più grandi di lui, ma accettare quei soldi e quella medaglia per Perelman voleva dire tradire i suoi principi. È singolare riflettere quanto oggi la matematica sia utilizzata per contare soldi o per produrre oggetti tecnologici che costruiscono la ricchezza di pochi. Quando inseriamo una carta di credito in uno sportello automatico sfruttiamo teoremi matematici per rendere l'operazione sicura, per criptarne i codici. La matematica non è nata con questo scopo. Si dice che Euclide abbia risposto così a un discepolo che gli chiedeva cosa ci guadagnasse a imparare la sua geometria: “Date tre oboli a questo signore, visto che vuol guadagnare con la geometria! Poi ditegli che se ne vada!”.

    Perelman ha svelato uno dei segreti più reconditi del nostro universo e questo, tutto sommato, ci deve bastare.

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    Sempre peggio!
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    Vasco Rossi e lo Stato di Israele

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    Il Prof. Morelli sugli stupri del 7 Ottobre 2023

    Morelli

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    Esattamente. La Francia e la Gran Bretagna sono già troppo oltre.
    Ogni giorno ho modo di confrontarmi con Francesi e Inglesi e tutti mi dicono che orami non si sentono più tranquilli.
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    Noi ebrei sionisti, non dobbiamo piacervi
    Video con sottotitoli italiani a cura di Informazione Corretta

    "Noi ebrei sionisti, non dobbiamo piacervi. Mentre rimanevamo vittime dei pogrom, o trattati come dhimmi sotto l'Islam, o portati nelle camere a gas, voi non avete detto niente e fatto niente. Adesso, quando siamo stati attaccati il 7 ottobre, quando andiamo a difenderci, improvvisamente scegliete di parlare! Indovinate un po'? Adesso siamo noi che ignoriamo voi"

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    Continuando così, purtroppo, sarà un'andata senza via di ritorno.
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    Benvenuto! :)
3323 replies since 16/2/2014
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